Marcinelle, la tragedia dell’emigrazione oggi crea polemiche

(Keystone-ATS) Erano le 8.10 dell’8 agosto 1956 quando a Marcinelle, in Belgio, scoppiò l’inferno. A quasi un chilometro sotto terra, dove estraevano carbone a ciclo continuo, in quel momento c’erano 275 minatori.
La miniera del Bois du Cazier, di proprietà statale, prese fuoco e solo 13 si salvarono.
In 262, di dodici diverse nazionalità, morirono. Più della metà erano italiani: 136, emigrati in Belgio da tutta la Penisola in cerca di lavoro, vi trovarono la morte.
Un carrello, di quelli che i minatori usavano per trasportare il carbone, fu la causa della strage. Complice un malinteso tra chi era nel sottosuolo e i manovratori in superficie, uno dei carrelli si bloccò nel montacarichi del pozzo del Bois du Cazier, privo di sistemi di prevenzione, provocando la rottura di un condotto di olio sotto pressione e di alcuni cavi elettrici che fece scattare un’esplosione e l’incendio che si propagò rapidamente a tutta la miniera.
Nessuna possibilità di scampo per gli uomini al lavoro: intrappolati dal fuoco e soffocati dall’ossido di carbonio, morirono tra i 975 ed i 1.035 metri di profondità. La miniera era priva di uscite di sicurezza ed i soccorsi non furono all’altezza. Solo 15 giorni dopo, il 23 agosto, una squadra riuscì ad entrare nel pozzo. Chi ne uscì spezzò le illusioni con due parole: “Tutti cadaveri”.
I minatori in Belgio erano chiamati ‘musi neri’, a causa della polvere di carbone che ricopriva i loro volti. Erano poverissimi e vivevano in baracche che pochi anni prima avevano ospitato i prigionieri sovietici dei lager tedeschi e poi, dopo la sconfitta, gli stessi prigionieri tedeschi.
Dall’Italia ne arrivarono nel dopoguerra 140.000, grazie anche ad un accordo uomo-carbone tra i governi: l’Italia inviava mille minatori a settimana in cambio di 200 chili di carbone al giorno per emigrato.
Attualmente a Marcinelle le vecchie strutture della miniera, fatte di mattoncini rossi, sono state restaurate, a futura memoria. L’ultimo dei 13 superstiti che erano stati riportati fuori vivi dalla miniera è morto nel 2007.
Polemiche
In Italia l’anniversario ha suscitato anche polemiche politiche. L’episodio è stato utilizzato come confronto tra l’emigrazione italiana di ieri e le ondate di migranti che oggi arrivano in Europa.
Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha ricordato la strage del 1956 osservando che “generazioni di italiani hanno vissuto la gravosa esperienza dell’emigrazione, hanno sofferto per la separazione dalle famiglie d’origine e affrontato condizioni di lavoro non facili, alla ricerca di una piena integrazione nella società di accoglienza”. Fatto che, ha aggiunto “è un motivo di riflessione verso coloro che oggi cercano anche in Italia opportunità che noi trovammo in altri Paesi.
Ma contro le parole di Mattarella si è scatenata la Lega Nord. Prima con una dichiarazione di Paolo Grimoldi, deputato e segretario della Lega Lombarda che ha definito “vergognoso” che il presidente Mattarella “paragoni gli italiani che andavano a sgobbare in Belgio o in altri paesi, dove lavoravano a testa bassa, dormendo in baracche e tuguri, senza creare problemi, agli immigrati richiedenti asilo che noi ospitiamo in alberghi, con cellulari e connessione internet per farli bighellonare tutto il giorno”.
Poi con il leader Matteo Salvini, che su Facebook nel pomeriggio ha scritto: “Mattarella paragona gli italiani emigrati (e morti) nel mondo ai clandestini mantenuti in Italia per fare casino? Si vergogni! Mattarella non parla a nome mio. #stopinvasione”.