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Liberato lo svizzero del CICR rapito nelle Filippine

Una lunga barba, ma un grande sorriso: Andreas Notter non è più nelle mani dei ribelli filippini Keystone

Il delegato svizzero del Comitato Internazionale della Croce Rossa (CICR) Andreas Notter, rapito nelle Filippine il 15 gennaio, è stato liberato ad inizio maggio. Nelle mani dei ribelli islamici rimane invece l'italiano Eugenio Vagni.

Il rilascio dello svizzero è stato annunciato alla radio dal ministro della difesa filippino Gilbert Teodoro. «Le nostre truppe hanno ritrovato Andreas Notter ed è vivo», ha detto. Il collaboratore del CICR è stato condotto alla residenza del governatore della provincia di Sulu per le prime cure.

«Me la sono cavata e sono felice di essere sano e salvo. È successo molto in fretta e sono ancora un po’ confuso», ha affermato Notter ai giornalisti accorsi nella casa del governatore. «Sono ora preoccupato per il mio compagno Eugenio Vagni, che come sapete è ferito», ha aggiunto.

Secondo il portavoce dell’esercito, Notter, 38 anni, è stato ritrovato nell’entroterra dell’isola di Jolo. Il capo della polizia locale afferma che il delegato è stato rilasciato mentre un gruppo di ribelli stava scappando dagli agenti.

Un portavoce delle autorità filippine, Cerge Remonde, ha precisato che stando a «rapporti verificati» Andreas Notter è stato soccorso sabato mattina dalla polizia e dai civili del villaggio di Indanan, mentre i rapitori tentavano di superare uno sbarramento.

I rapitori non hanno chiesto al CICR alcun riscatto, ha confermato sabato l’organizzazione umanitaria basata a Ginevra.

Appello per Vagni

Il Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE) si è detto «sollevato» dopo la liberazione di Notter. Il suo portavoce, Andreas Stauffer, non ha però voluto fornire dettagli sulle circostanze della liberazione del delegato elvetico.

«Rimaniamo in stretto contatto con le autorità filippine e con il CICR», ha detto. «Il DFAE chiede che anche l’ultimo ostaggio in mano al gruppo, l’italiano Eugenio Vagni, sia liberato in tempi brevi».

Minacce di decapitazione

I tre impiegati del CICR – la filippina Mary Jean Lacaba, Eugenio Vagni e Andreas Notter – sono stati rapiti il 15 gennaio 2009 durante la visita a una prigione.

Gli appelli per la loro liberazione si era moltiplicati soprattutto nel mese di marzo, periodo in cui i ribelli, legati al gruppo islamico di Abu Sayyaf, avevano minacciato di decapitare i prigionieri se le truppe del governo filippino non si fossero ritirate dai 14 villaggi della provincia di Sulu.

La donna è stata liberata a inizio aprile, dopo che il governatore Sakur Kan aveva dichiarato lo stato d’emergenza sull’isola.

Una regione ignorata

Pur non avendo un vero e proprio programma politico, Abu Sayyaf rivendica la creazione di uno Stato islamico e sfrutta la lotta – in corso dagli anni Settanta – tra i separatisti musulmani e le autorità di Manila.

L’area meridionale dell’arcipelago filippino è sempre stata difficilmente controllabile, sia dai coloni spagnoli del XVI secolo, sia dagli americani, sia dalle autorità indipendenti cristiane.

La regione è quindi stata marginalizzata, e a volte completamente ignorata, dal governo di Manila. Mancano le infrastrutture, gli ospedali e le scuole scarseggiano. In assenza di prospettive, la gioventù locale preferisce spesso darsi al banditismo.

Questo contesto ha inoltre costituito un terreno fertile per i principali movimenti separatisti delle Filippine meridionali, come il Fronte di liberazione nazionale Moro e i dissidenti del Fronte islamico di liberazione Moro.

swissinfo e agenzie

Le isole di Jolo, Mindanao e Basilan, situate a circa 1’000 chilometri a sud di Manila, costituiscono una delle roccaforti del gruppo Abu Sayyaf.

Secondo le forze di sicurezza filippine, che hanno dispiegato a Jolo circa 8’000 militari, Abu Sayyaf può contare su circa 400 militanti.

Il gruppo è stato fondato all’inizio degli anni Novanta dal predicatore islamico Abdulrajak Abubakar Janjalani, ucciso nel 1998.

Abu Sayyaf è accusato da Manila e Washington di avere legami con Al Qaida. Dal 2001 si è specializzato nei rapimenti con richiesta di riscatto. È responsabile della morte di oltre 30 stranieri.

È inoltre sospettato di avere relazioni con l’organizzazione islamica regionale Jamaah Islamiyah, accusata di essere all’origine dell’attentato del 2002 a Bali (202 morti).

swissinfo.ch

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