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Passaporto d’oro? Alcuni gruppi faticano a diventare svizzeri 

Immagine passaporto svizzero
Per alcune persone, scalare la montagna per ottenere la cittadinanza svizzera è più difficile che per altri. KEYSTONE/© KEYSTONE / CHRISTIAN BEUTLER

Il difficile percorso verso la cittadinanza svizzera sta diventando più selettivo: secondo un rapporto, le persone immigrate ben istruite e benestanti hanno un vantaggio quando si tratta di ottenere il passaporto. 

A meno che non abbiate sposato una persona svizzera o abbiate un genitore svizzero, diventare cittadini della nazione alpina può essere molto complicato. Per gli adulti, c’è un periodo di residenza minimo di dieci anni. Ci sono i costi, a volte elevati. E poi ci sono le oscure domande del test (qual è più grande: il lago di Neuchâtel, il lago di Lucerna o il lago di Zurigo?) e le imprevedibili ragioni per cui si può ottenere un rifiuto, come tagliare l’erbaCollegamento esterno nei giorni festivi (anche se alcune delle obiezioni più discutibili sono state annullate dai tribunali). 

E dopo la revisione del 2018 delle regole di naturalizzazione, non sta diventando più facile – o almeno non per tutte e tutti, secondo uno studio della Commissione federale della migrazione (CFM), un organo consultivo del Governo. 

Tra il 2018 e il 2020, si legge nel rapporto, la percentuale di persone laureate tra le “naturalizzazioni ordinarie”Collegamento esterno è salita al 57%, rispetto al 33,5% sotto la vecchia legge. D’altra parte, invece, i nuovi cittadini e cittadine con un’istruzione di base sono scesi dal 23,9% all’8,5%. Allo stesso tempo, il numero complessivo di naturalizzazioni nel periodo preso in esame è diminuito, anche se da allora è tornato a crescere (vedere sotto). 

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Secondo lo studio, le osservazioni aneddotiche delle funzionarie e dei funzionari addetti alla cittadinanza confermano la tendenza, tracciando una caricatura del nuovo cittadino “tipico”: ben istruito, di età compresa tra i 20 e i 40 anni, residente in una zona di lusso e consapevole delle regole associate alla richiesta. 

Requisiti linguistici 

Lo studio evidenzia tre ragioni principali per questo cambiamento. In primo luogo, la riforma del 2018 ha ridotto il periodo di residenza richiesto per la cittadinanza da 12 a 10 anni, ma ha anche stabilito che solo le persone residenti permanenti (titolari di permesso C) possono fare domanda. Questo, secondo la nuova legge, esclude circa un quinto dei e delle richiedenti che erano in possesso di permessi di breve durata o provvisori; inoltre, favorisce le persone migranti provenienti da un gruppo selezionato di Stati europei con cui la Svizzera ha firmato accordi per facilitare la residenza. 

Un altro fattore è il “cambiamento di paradigma” che punta a concentrarsi più esplicitamente sul grado di integrazione di chi aspira a prendere la cittadinanza. Oltre alle domande del test su geografia, storia e società, ora è previsto un livello minimo per una delle lingue nazionali svizzere: B1 parlato, A2 scritto. Il raggiungimento di questo standard scritto è particolarmente difficile per molte persone, si legge nel rapporto.

Contemporaneamente, favorisce i candidati e le candidate che parlano già una lingua svizzera, come le persone immigrate provenienti da Germania, Francia o Italia. 

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Infine, anche se le nuove norme hanno dotato la questione della naturalizzazione di un “quadro giuridico più preciso”, i 26 Cantoni svizzeri godono ancora di una notevole libertà nello stabilire le regole, ad esempio per quanto riguarda i requisiti linguistici o l’indipendenza finanziaria. Ci sono grandi differenze: alcuni Cantoni escludono chiunque abbia ricevuto assistenza sociale negli ultimi dieci anni, altri fissano la soglia a tre anni. “Può essere più caotico che federalista”, afferma il presidente della CFM Manuele Bertoli

Discriminazione strutturale? 

Tuttavia, lo studio contiene alcune riserve. Per esempio, il breve periodo di tempo preso in esame implica che “sono necessarie ulteriori ricerche”, si legge nel testo. C’è anche la questione se lo spostamento dei profili di chi chiede la cittadinanza possa essere basato su fattori demografici: dall’introduzione dell’accordo di libera circolazione delle persone con l’Unione Europea nel 2002, l’immigrazione complessiva in Svizzera dai Paesi dell’UE (spesso con alti livelli di istruzione) è cresciuta fortemente. 

Tuttavia, Bertoli afferma che “il picco di candidati e candidate con un alto livello di istruzione, insieme al calo di quelli con qualifiche inferiori, è così grande che è difficile da spiegare solo con i modelli di immigrazione”. Allo stesso modo, il rapporto, redatto da ricercatori e ricercatrici delle università di Neuchâtel, Basilea e Ginevra, suggerisce chiaramente che l’obbligo di possedere un permesso C rende le cose difficili per “gruppi già emarginati” come le persone richiedenti asilo.   

Sebbene alcuni criteri siano inevitabili, “l’alta selettività delle nuove regole va oltre il lecito” e rappresenta un caso di “discriminazione strutturale”, scrivono i ricercatori e le ricercatrici. 

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In una recente intervista a SWI swissinfo.ch, una delle coautrici dello studio, Barbara von Rütte, è stata ancora più chiara. Rendendo più difficile la naturalizzazione per i e le residenti extracomunitari, il sistema rischia di discriminare “le persone non cristiane e non bianche” del Sud globale, ha detto. Le regole sull’assistenza sociale potrebbero anche avere un impatto ingiusto sulle donne sole, che dipendono in modo sproporzionato dagli aiuti sociali, ha aggiunto. 

Bartoli e von Rütte concordano sulla necessità di un dibattito più ampio. “Vogliamo solo cittadine e cittadini altamente qualificati?”, ha detto von Rütte. “Le ripercussioni sociali di un simile scenario devono diventare parte di una discussione politica, che non è ancora stata avviata”. 

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Dibattiti futuri 

I dibattiti sulla cittadinanza e su come ottenerla non sono rari in Svizzera. In Parlamento vengono periodicamente sollevate idee, come quella, fallita nel 2021, di concedere la cittadinanza a tutte le persone nate sul suolo svizzero. L’elettorato ha detto la sua: anche in questo caso, la maggior parte delle proposte per facilitare la naturalizzazione sono fallite, ma nel 2017 il 60% degli svizzeri e delle svizzere ha appoggiato una riforma per facilitare la procedura per i e le nipoti delle persone immigrate. 

Nel frattempo, una campagna della società civile sta facendo pressione per allargare in maniera ambiziosa i diritti. Il movimento “quattro quarti” – che prende il nome dal 25% dei e delle residenti in Svizzera senza cittadinanza elvetica – chiede che si voti pubblicamente per consentire la naturalizzazione dopo cinque anni di permanenza nel Paese, indipendentemente dallo status.   

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Il presidente del movimento Arber Bullakaj ha dichiarato di non essere sorpreso dai risultati dello studio della CFM. Interi gruppi sono “di fatto esclusi” dal processo di naturalizzazione a causa delle norme sulla lingua e sull’integrazione, ha dichiarato Bullakaj a SWI swissinfo.ch. La legge del 2018 è un “colpo per l’intera classe operaia” ed è uno dei motivi per cui il suo gruppo ha lanciato l’iniziativa, ha aggiunto. Il movimento di Bullakaj ha tempo fino a novembre per raccogliere le 100’000 firme necessarie per una votazione popolare. 

Per quanto riguarda lo studio della CFM, questo sarà trasmesso, tra gli altri, al Governo, al Parlamento e alla Segreteria di Stato per la migrazione, afferma Bertoli. Le varie idee presenti nel testo sui modelli inclusivi di cittadinanza serviranno nel frattempo come “base” per la prossima riunione della CFM – che a quel punto potrebbe formulare raccomandazioni formali per le autorità. 

A cura di Marc Leutenegger/ts

Traduzione dall’inglese di Sara Ibrahim. Revisione di Marija Miladinovic. 

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