Amnistia legittima, toni troppo accesi

Scudo fiscale e doppia imposizione continuano a perturbare i rapporti tra Svizzera e Italia. Giovedì a Roma, nel corso del primo faccia a faccia ufficiale dall'inizio della crisi, c'è stata una timida ricucitura. Nulla di più.
Le questioni fiscali non sono di loro competenza, ma il ministro italiano dello sviluppo economico, Claudio Scajola, e la consigliera federale Doris Leuthard non hanno potuto fare a meno di discuterne il 5 novembre, nel corso del loro incontro.
«È legittimo che l’Italia faccia una simile amnistia, ma non ci piace la maniera», ha detto la ministra svizzera dell’economia presentandosi da sola in conferenza stampa. Doris Leuthard ha fatto esplicito riferimento al recente blitz della Guardia di Finanza in una settantina di filiali di banche elvetiche e di fiduciarie con collegamenti in Svizzera, un’operazione – ha specificato -che ha avuto un carattere «discriminatorio».
E la possibilità di una ripresa della trattativa sulla doppia imposizione (secondo le regole OCSE) bloccata da Berna come reazione? Doris Leuthard ricorda che la Svizzera ha già firmato nuove convenzioni con 17 paesi, ma che l’Italia mantiene la Confederazione sulla lista nera, da cui deve essere invece tolta. «Una condizione», precisa la consigliera federale. Parole che la maggioranza dei giornalisti interpretano come «precondizione» per la ripresa della trattativa. In tarda serata, la precisazione dei collaboratori della ministra: non una condizione per tornare al tavolo delle trattative, ma una condizione per poter firmare l’accordo.
La versione italiana
Da nostre informazioni, negli ambienti del ministro delle finanze Giulio Tremonti, si esclude che un’intesa italo-svizzera sulla doppia imposizione fosse sostanzialmente già pronta, come è stato sostenuto a Berna. Si fa invece capire che il disaccordo sul punto chiave, cioè lo scambio di informazioni per contrastare anche l’evasione fiscale, è ancora profondo: per poter procedere nei confronti di un detentore di capitali occultati nelle banche svizzere, e fornire assistenza, da parte elvetica verrebbero avanzate una serie di richieste che gli italiani giudicano eccessive e sintomo di scarso interesse elvetico per l’accelerazione dei colloqui.
«E anche il fatto che gli unici due incontri tra esperti, prima del congelamento della trattativa da parte elvetica, si siano svolti entrambi a Berna su richiesta svizzera non è stato molto apprezzato al ministero italiano delle Finanze; così come i quattro mesi lasciati trascorrere da parte svizzera prima di rispondere alla lettera con cui l’ufficio di Tremonti lamentava un’applicazione non corretta dell’euro-ritenuta sui risparmi in base agli accordi bilaterali Svizzera-UE», ci assicura Isabella Bufacchi, specialista di scudo fiscale per il giornale Il Sole 24 Ore.
Ritorsioni escluse
Viste queste premesse, di più non poteva dunque produrre l’incontro fra Doris Leuthard e Claudio Scajola. Concordi comunque (in un incontro che viene definito «cordiale» nel comunicato ufficiale italiano) sulla necessità di fermare l’escalation verbale tra i due paesi. Anche, e soprattutto, in considerazione dell’importanza delle loro relazioni economiche.
L’Italia è il terzo partner commerciale della Svizzera; e, per fare un esempio assai significativo, rilevanti sono gli investimenti svizzeri nella Penisola, tanto da dare lavoro a circa 80 mila persone. Non può dunque essere la controversia, anche aspra, sullo scudo fiscale a cancellare, o a compromettere, questa solidissima realtà. E non a caso Doris Leuthard ha ribadito a Roma che Berna esclude ritorsioni.
Critiche italiane ai metodi di Tremonti
È comunque un fatto che anche all’interno dello stesso centro-destra italiano negli ultimi giorni è aumentato il numero delle voci in disaccordo con i metodi del superministro italiano delle finanze. «A questo punto è l’Italia a dover fare il primo passo», ci dice Fabio Rizzi, senatore della Lega Nord. Rizzi riconosce che «c’è stata una sottovalutazione dell’impatto dello scudo e della possibile reazione svizzera». «Vi assicuro che anche Umberto Bossi sta esercitando pressioni su Tremonti affinché si trovi un accordo con la Svizzera, e si risolvano i problemi che lo scudo fiscale crea anche ai nostri frontalieri». Frontalieri (sono 40 mila quelli che ogni giorno entrano in Ticino da Lombardia e Piemonte) che a rigore dovrebbero regolarizzare anche il loro conto salario in Svizzera.
Preoccupato dalla tensione italo-svizzera, anche il suo collega Alessio Butti, eletto a Como per il berlusconiano Popolo della Libertà. Ha presentato un’interrogazione in Senato, e ci ribadisce le sue inquietudini: «È sbagliato portare lo scontro a questi livelli, tutti abbiamo da perderci, italiani e svizzeri, la parola deve tornare al più presto alla diplomazia». Il suo sembra soprattutto un invito a chi da parte italiana ha calcato sulla polemica anche verbale. Del resto, qualche timore produce l’ipotesi di contromisure dal Ticino: in particolare la ventilata minaccia di abbassare notevolmente la quota dei ristorni fiscali ai comuni di provenienza dei pendolari, comuni spesso amministrati dal centro-destra, e che in tal caso si ritroverebbero con minori risorse finanziarie.
Verso uno scudo ter-bis?
È proprio a estremi come questi che Berna non vuole arrivare. Fermezza, ma anche necessità di svelenire lo scontro, sembra essere stata la principale preoccupazione di Doris Leuthard nel suo viaggio lampo a Roma.
Probabilmente a questo punto non rimane che aspettare la scadenza del 15 dicembre. Quando Giulio Tremonti potrà finalmente capire se il suo terzo scudo fiscale sarà stato un successo, e dunque se potrà rispondere concretamente ai tanti suoi colleghi che lo assediano per ottenere risorse ritenute indispensabili (soprattutto il titolare dell’interno, Maroni, alle prese con le proteste degli agenti di polizia, confrontati a una pesante scarsità di mezzi e uomini).
Proprio mentre la consigliera federale incontrava Scajola, Tremonti faceva pubblicamente la prima previsione sul possibile esito dello scudo: «Arriverà un gettito tra i 3 e i 4 miliardi di euro», per un’emersione di capitali fra i 60 e gli 80 miliardi. Non molti, rispetto alle aspettative del Tesoro Italiano. E a maggior ragione si parla di una possibile proroga: cioè di uno «scudo ter-bis» che scatterebbe già a gennaio e avrebbe una durata di tre mesi.
Aldo Sofia, Roma, swissinfo.ch
Il termine per aderire allo scudo è stato fissato al 15 dicembre 2009. Tra le principali novità di questo terzo pacchetto di misure figurano:
– Un’imposta straordinaria del 5% sul capitale detenuto.
– Garanzie estese a una serie di reati tributari e penali, come il falso in bilancio.
– Dallo scudo fiscale è invece escluso chi ha un procedimento in corso.
– Salta l’obbligo per gi intermediari di segnalare le operazioni sospette a fini antiriciclaggio.
– Rimpatrio anche per beni patrimoniali come ad esempio i gioielli o le opere d’arte.
La Svizzera è il sesto paese investitore in Italia.
L’Italia è il terzo partner della Confederazione a livello globale; il secondo in ambito Ue.
Gli investimenti svizzeri in Italia danno lavoro a 80 mila persone.
I frontalieri che ogni giorno lasciano l’Italia per lavorare in Svizzera sono circa 40’000.

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