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“La digitalizzazione deve servire gli interessi della cittadinanza”

Avremo presto una carta d’identità sul nostro smartphone anziché nel portafoglio? È stato il tema di cui abbiamo dibattuto nella nostra trasmissione Let’s Talk, incentrata sulla legge sull’identità elettronica, che sarà sottoposta al voto popolare il 28 settembre.

Dopo il fallimento di un primo progetto, l’elettorato svizzero è chiamato a decidere sul destino di una nuova legge sull’identità elettronica (e-ID). Il sistema sarà facoltativo, gratuito e gestito dallo Stato.

Chi si oppone teme però che la tecnologia possa compromettere la privacy dei cittadini e delle cittadine. “Questa legge sull’e-ID pone le basi per un uso commerciale dei dati contenuti nei nostri passaporti”, ha dichiarato Jonas Sulzer, membro del movimento per l’Integrità digitale svizzera e studente in cybersicurezza al Politecnico federale di Losanna (EPFL), durante il nostro dibattito Let’s Talk.

Il deputato ecologista Gerhard Andrey, informatico di professione, ritiene invece che l’e-ID permetterà all’utenza di avere un maggiore controllo sui propri dati rispetto alla carta d’identità fisica. “Oggi, per dimostrare di avere più di 18 anni in una transazione online, bisogna scannerizzare la carta d’identità e rivelare tutte le informazioni in essa contenute. Con l’e-ID, si potrà semplicemente dimostrare di essere maggiorenni”, ha spiegato.

>> Il nostro approfondimento sul voto del 28 settembre:

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Politica svizzera

In Svizzera, il destino dell’e-ID si decide di nuovo alle urne

Questo contenuto è stato pubblicato al L’elettorato svizzero vota sull’identità elettronica: per alcuni è uno strumento indispensabile verso la transizione digitale, per altri rappresenta un rischio per la protezione dei dati.

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Sicurezza ancora oggetto di dibattito

Nel 2021, il popolo aveva respinto una prima versione dell’e-ID, principalmente perché sarebbe stata gestita da aziende private. Ora, il Consiglio federale propone un’identità elettronica interamente sotto controllo statale. Jonas Sulzer riconosce che si tratta di un passo avanti, ma ritiene che la legge presenti ancora delle lacune.

Lo studente cita l’articolo 23Collegamento esterno della legge sull’identità digitale, che prevede che “il verificatore può chiedere che gli siano trasmessi i dati personali” se ciò “è assolutamente necessario ai fini dell’affidabilità della transazione, in particolare per prevenire frodi o un’usurpazione di identità”.

“Questo può accadere in ogni transazione e permette alle aziende di chiedere più dati del necessario”, osserva Sulzer.

Gerhard Andrey non è d’accordo. Secondo lui, la legge protegge la privacy in modo efficace. “Questo testo va oltre la legge sulla protezione dei dati. Abbiamo identificato tutte le falle del primo progetto e migliorato la norma per risolverle”, afferma il consigliere nazionale, che si era opposto alla prima versione dell’e-ID.

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Dibattito
Moderato da: Katy Romy

Il Paese in cui vivete offre una e-ID? Quali sono i vantaggi di questo strumento digitale o quali timori suscita?

Condividete le vostre esperienze: il Paese in cui vivete ha già introdotto un’e-ID? Questo strumento vi rende la vita più facile?

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Tutti i sistemi sono vulnerabili

Anche i sistemi tradizionali non sono infallibili. Lo scandalo delle firme falsificate, che ha fatto notizia lo scorso anno, lo ha dimostrato. Nell’ottobre 2024, i media hanno rivelato che alcune aziende commerciali erano sospettate di aver falsificato migliaia di firme raccolte per iniziative popolari.

“Tutti i sistemi presentano vulnerabilità”, ammette Jonas Sulzer. Tuttavia, sottolinea che nel mondo digitale è più facile sfruttare una falla su larga scala, con conseguenze potenzialmente più gravi.

Per Gerhard Andrey, al contrario, l’e-ID contribuirà a rendere i processi più sicuri, favorendo ad esempio la raccolta online delle firme. Aggiunge che i rischi di attacchi informatici sono limitati: “I dati degli utenti dell’e-ID saranno conservati sul loro smartphone. Non saranno centralizzati in una banca dati. Per rubare dati su larga scala, bisognerebbe accedere a ogni singolo dispositivo”.

La diaspora al centro del dibattito

Pietro Gerosa, cittadino svizzero residente negli Stati Uniti dal 2017 e intervenuto da remoto nel nostro dibattito, ritiene che l’e-ID faciliterebbe i suoi rapporti con l’amministrazione del Paese d’origine. “Oggi, a seconda della richiesta, bisogna inviare una scansione del passaporto. Un sistema unico e sicuro per identificarsi dall’estero sarebbe molto utile”, ha spiegato. Questo permetterebbe anche di accedere ai servizi al di fuori degli orari svizzeri, un vantaggio in caso di fuso orario.

Jonas Sulzer concorda sull’importanza di offrire alla diaspora un accesso migliore ai servizi dell’amministrazione federale. “Ma non serve un’e-ID per farlo. Basta un login”, sottolinea, ricordando che le autorità svizzere mettono già a disposizione una piattaforma di autenticazione chiamata Agov.

“È vero che non abbiamo bisogno dell’e-ID ogni giorno, come del passaporto o della carta d’identità”, ammette Gerhard Andrey. Tuttavia, fa notare che per ottenere un login su Agov è necessario recarsi fisicamente a uno sportello per mostrare la carta d’identità. “Questo è un problema per chi vive all’estero”, osserva.

L’Organizzazione degli svizzeri all’estero (OSE) ritiene che l’e-ID potrebbe facilitare l’esercizio dei diritti politici della “Quinta Svizzera”, aprendo la strada al voto elettronico. Ma i due ospiti del dibattito non condividono questa opinione.

“È vero che c’è un problema con l’invio del materiale di voto a chi vive all’estero, che spesso non lo riceve in tempo”, riconosce Jonas Sulzer. Tuttavia, ritiene che il voto elettronico presenti altri problemi. “Dal punto di vista scientifico, è difficile dimostrare la sicurezza di un sistema di e-voting”, sottolinea. A suo avviso, questo è problematico, perché la cittadinanza deve poter avere fiducia nei processi democratici.

Gerhard Andrey è d’accordo con Sulzer su questo punto. Aggiunge che l’introduzione dell’e-ID non favorirà lo sviluppo del voto elettronico. “I due progetti non sono collegati”, precisa.

Un ritardo digitale da contestualizzare

In termini di digitalizzazione, la Svizzera non brilla. Nell’ultimo ranking della Commissione europea sull’amministrazione digitale, la Confederazione si colloca al 31° posto su 37.

Gerhard Andrey ridimensiona questo risultato negativo: “L’Ufficio federale di topografia (Swisstopo) e quello di meteorologia e climatologia (MeteoSvizzera) sono molto avanzati nella digitalizzazione. In altri ambiti, siamo effettivamente indietro”. Considera l’e-ID come una tappa importante per progredire in questo campo.

“La digitalizzazione deve servire gli interessi della cittadinanza e della nostra democrazia”, afferma Jonas Sulzer. A suo parere, però, la legge sull’e-ID non soddisfa questi criteri, poiché non protegge abbastanza contro l’uso commerciale dei dati privati da parte delle aziende.

Articolo a cura di Samuel Jaberg

Traduzione con il supporto dell’IA/mar

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