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“Sull’e-ID molti hanno deciso all’ultimo, seguendo l’istinto”

persone in piedi nell'attesa del risultato delle votazioni
Il fronte contrario all’identità elettronica è stato vicino a una vittoria a sorpresa. Keystone / Peter Schneider

La Svizzera ha approvato l’introduzione dell’identità elettronica (e-ID). Tuttavia, emerge una certa diffidenza verso lo Stato. Lukas Golder dell’istituto gfs.bern ne analizza le ragioni.

Swissinfo: La votazione sull’e-ID è stata sorprendente. Inizialmente il “sì” sembrava scontato, poi è diventato un testa a testa. Cosa è successo?

Lukas Golder: Si osserva un effetto di mobilitazione nelle zone rurali, simile a quello visto con le iniziative sui pesticidi e sull’acqua potabile: il mondo contadino si è fortemente attivato, e con lui l’atteggiamento critico nei confronti delle autorità. È da questa frangia della popolazione che è giunta la quota maggiore di voti contrari.

lukas golder
Lukas Golder è politologo dell’istituto gfs.bern. zvg

Le previsioni non lo avevano ipotizzato, come mai?

La mobilitazione nel mondo contadino è avvenuta in tempi brevissimi. È sorprendente che questa parte dell’elettorato si sia attivata così rapidamente e in modo così ampio. A trainare il tutto è stata una campagna ben finanziata dell’Associazione svizzera dei proprietari fondiari, con il sostegno dell’Unione dei contadini, a favore della soppressione del valore locativo. Questa dinamica ha trascinato con sé anche l’e-ID, incidendo sul risultato.

Cosa ci dice questa domenica di votazioni sul rapporto di fiducia tra la Svizzera e le sue autorità?

Quando c’è una diffidenza di fondo, essa ha un impatto su proposte di compromesso come questa, e in particolare sulle soluzioni statali. Si è manifestata una frattura che esiste fin dai tempi del Covid.

Vediamo anche che lo Stato fatica a proporre soluzioni condivise, e che le divisioni emerse durante la pandemia sono ancora presenti. Chi riesce a raggiungere le persone in tale contesto, le fa andare alle urne, anche se in quella fascia di popolazione la partecipazione tende a calare.

C’è anche una discrepanza tra il Parlamento e il popolo. L’ha sorpresa questa distanza?

Sì. In Parlamento, gli ex oppositori dell’e-ID sono passati al fronte del “sì”, in particolare i Verdi e persino l’Unione democratica di centro (UDC), che poi si è ritirata. Ma fino all’ultimo è rimasta una certa diffidenza in seno agli ambienti critici verso la tecnologia, come tra le donne, che attribuiscono più peso ai rischi tecnologici rispetto agli uomini. Lo stesso vale per le fasce della popolazione meno istruite, che secondo i nostri sondaggi vedono nell’identità elettronica più rischi che opportunità.

I benefici dell’e-ID non sono stati al centro della campagna. È stato un errore?

Non è così chiaro. In generale, le persone sono favorevoli a progressi in materia di modernizzazione. Ma la visione dei benefici è sempre stata accompagnata da avvertimenti sui rischi, ovvero che aziende private possano accedere ai dati. Oppure il fatto che lo Stato ha già commesso errori in altri progetti digitali, mostrando di essere vulnerabile di fronte alla crescente criminalità informatica.

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L’argomento di chi ha sostenuto l’e-ID, secondo cui non si può perdere il treno della digitalizzazione, era troppo astratto?

In linea di principio è un argomento valido. Ma chi va alle urne partendo da un sentimento di scetticismo, difficilmente lo coglie. In questi casi, le persone decidono d’istinto. Forse il fronte del “sì” si è sentito troppo sicuro e non ha saputo rispondere a livello emotivo.

Gli svizzeri e le svizzere all’estero avrebbero dovuto essere mobilitati di più? Questo avrebbe fatto una differenza?

Con un risultato così serrato, sono molti fattori ad aver contribuito all’esito della votazione. Proprio coloro che beneficiano di una Svizzera moderna e globalizzata erano alla fine in leggera maggioranza. Tra questi ci sono anche gli svizzeri e le svizzere all’estero, che spesso sono persone con buoni salari, istruite e professionalmente ambiziose.

Il “sì” risicato è anche un messaggio per le autorità?

Assolutamente. Ora la sicurezza dell’utilizzo dell’e-ID deve essere prioritaria. Anche il ritmo finora è stato molto rapido, e molti non si sono sentiti sufficientemente coinvolti.

I proprietari e le proprietarie immobiliari hanno vinto sul valore locativo. Quanto pesa la sconfitta per chi è in affitto?

In Svizzera si prospetta un nuovo conflitto tra inquilini e proprietari. Mancano alloggi e chi possiede un’abitazione esce dalla votazione economicamente rafforzato. Nella campagna che ha preceduto il voto sul valore locativo, l’Associazione degli inquilini è rimasta in disparte, concentrandosi sulla propria iniziativa per affitti equi. Questo apre una nuova fase. Oggi i proprietari sono i grandi vincitori. Ma gli inquilini torneranno presto a rivendicare i propri diritti.

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Come per la 13ª AVS, ha vinto il gruppo di persone che ne trae più vantaggio: le persone anziane proprietarie della Svizzera tedesca. Sono loro a plasmare la Svizzera in questo momento?

C’è una tendenza: il peso dell’età nelle votazioni aumenta. Ma oggi la situazione era più complessa. Ci sono anche anziani proprietari interessati al valore locativo, ad esempio se vogliono lasciare una vecchia casa in eredità. Oggi è stata abolita una tassa perché tutti gli interessi dei proprietari si sono uniti. L’età non è stata il vero fattore decisivo.

Quanto è profondo il fossato tra la Svizzera tedesca e quella francese?

Molto profondo. È stato determinante per l’e-ID e particolarmente evidente per l’abolizione del valore locativo.  Nella Svizzera francese la mobilitazione è stata più debole, anche perché la soppressione del valore locativo ha avuto meno impatto. Il motivo è semplice: questa imposta è tradizionalmente meno elevata nella Romandia rispetto alla Svizzera tedesca.

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Articolo a cura di Samuel Jaberg

Traduzione con il supporto dell’IA/lj

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