
Uno strumento finanziario complesso per riequilibrare i conti della Confederazione

Quando le casse dello Stato sono piene è difficile resistere alla tentazione di spendere. Negli anni '80, il parlamento ha dunque allentato i cordoni della borsa, facendo esplodere il debito pubblico, che oggi tocca i 108 miliardi. Il governo vuole ora un meccanismo per frenare l'indebitamento. Il principio è acquisito a destra, mentre a sinistra è vivamente criticato.
Il progetto di freno all’indebitamento è stato lanciato in seguito alle difficoltà di bilancio degli ultimi anni. Da un lato, i disavanzi cronici hanno comportato un aumento folgorante del debito pubblico, triplicato in pochi anni. D’altro canto, gli eccedenti registrati durante gli anni di espansione economica non sono in grado di compensare i disavanzi dei periodi di recessione. Il freno all’indebitamento non servirà però a colmare il debito pubblico, ma a prevenire che la situazione peggiori ancora. La sinistra mette però subito in guardia: non si può parlare solo dei debiti della Confederazione e ignorare i beni che lo Stato federale possiede. Per l’ecologista Patrice Mugny, “È come affermare che un proprietario di una villa ha un debito di 700.000 franchi, senza precisare che questa somma è compensata da una casa.”
Composto di un articolo costituzionale e di una modifica della legge sulle finanze, il freno all’indebitamento costituisce il seguito dell’articolo costituzionale transitorio sul bilancio approvato dal popolo nel 1998. Questo freno ha già comodamente superato l’esame alla Camera alta durante la sessione di marzo a Lugano.
Critiche sono state formulate anche dall’Istituto di ricerche congiunturali (KOF) del Politecnico di Zurigo. Secondo il KOF, questo freno avrebbe accentuato la recessione se fosse stato in vigore durante gli anni ’90. Il presidente della commissione del Nazionale, il radicale sciaffusano Gerold Bührer, accetta parzialmente la critica, ma fa osservare che il progetto comporta comunque una flessibilità sufficiente. Secondo Bührer, inoltre, l’utile di 4,5 miliardi per il 2000 non costituisce una ragione sufficiente per respingere il freno, perché si tratta di un utile provocato da un aumento di entrate che non potrà ripetersi.
I ricercatori del KOF ritengono poi che l’obiettivo di controllo delle spese possa essere perturbato da fattori come una cattiva valutazione delle entrate, o una loro troppo forte reazione alle fluttuazione del prodotto interno lordo o al livello dei tassi d’interesse. Inoltre, le eccezioni previste rischiano di trasformare il modello in un “accessorio politico” inutile.
La destra si è schierata a fianco del Consiglio federale. Secondo il democristiano Arthur Loepfe, “Questo freno è lo strumento adatto per condurre una politica finanziaria anticiclica.” Per il radicale Erich Müller, “Il freno garantirà finanze federali sane, senza essere troppo rigido per i periodi congiunturali difficili.” Il freno limita le competenze del parlamento, ma per il liberale Serge Beck, come in medicina, “L’amputazione di un arto è talvolta necessaria per salvare l’organismo.” Hermann Weyeneth, dell’Unione democratica di centro, ha fatto notare come “Ogni anno dobbiamo pagare degli interessi sul debito della Confederazione superiori a quanto mettiamo a disposizione della formazione: ciò è intollerabile.”
D’altro parere la sinistra. Il socialista Urs Hofmann ha ricordato le perplessità degli studiosi del KOF e sottolineato che “L’aritmetica non può sostituire la politica.” Per Pierre-Yves Maillard, “Questo freno limita pericolosamente le competenze del parlamento; il suo vero obiettivo è la riduzione delle spese pubbliche e l’annullamento dei meccanismi di ridistribuzione della ricchezza.” Sulla stessa lunghezza d’onda anche Patrice Mugny, portavoce dei verdi alla tribuna.
Il ministro delle finanze Kaspar Villiger ha ricordato gli scopi del provvedimento, che dovrebbe evitare il comportamento indisciplinato del parlamento negli anni ’80. “Non lasciamoci tentare dalla favorevole situazione attuale, perché allora la spirale dei disavanzi ci porrebbe in gravi difficoltà alla prossima fase di recessione. “
I deputati hanno approvato l’articolo costituzionale con 110 voti contro 59. L’ultima parola spetterà comunque al popolo e ai cantoni. Per le modifiche della Costituzione federale è infatti necessaria la doppia maggioranza.
Mariano Masserini

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