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Hollande si oppone alle neutralità europea proposta da Calmy-Rey

Micheline Calmy-Rey e François Hollande
Il dibattito si è tenuto presso l'ambasciata svizzera a Parigi. Molti membri della diplomazia europea erano tra il pubblico. Mathieu van Berchem

I due ex presidenti hanno discusso davanti a un pubblico riunito all'ambasciata svizzera a Parigi dell'audace progetto dell'elvetica: ridare all'Unione europea (UE) il suo ruolo di potenza sulla scena internazionale optando… per la neutralità.

E se l’Unione europea adottasse una politica di neutralità attiva? Quest’idea un po’ folle è difesa dall’ex consigliera federale Micheline Calmy-Rey in un libro, Pour une neutralité active – de la Suisse à l’Europe (Per una neutralità attiva – dalla Svizzera all’Europa, Editions Savoir suisse). La socialista ginevrina ha tentato di convertire al suo progetto rivoluzionario il suo “collega” François Hollande.

Impossibile, impraticabile, le ha cordialmente risposto per iscritto l’ex presidente francese che ha tuttavia accettato di scrivere la prefazione del testo e discuterne in pubblico. “La provocazione di Micheline ha il merito di farci riflettere”, ha concluso martedì François Hollande al termine di un dibattito animato tenutosi presso l’ambasciata svizzera a Parigi.

I due pensionati della politica hanno ormai il tempo di stilare un bilancio di quanto fatto e anche di formulare audaci proposte. Nel suo bestseller Les leçons du pouvoir (Le lezioni del potere, Editions Stock), Hollande si adopera per ripensare la socialdemocrazia e resuscita vecchi concetti di sinistra, come l’autogestione. Non si scorda neanche di criticare duramente il suo successore Emmanuel Macron, che fu suo ministro.

Non una neutralità di ripiego

Micheline Calmy-Rey insegna al Global Studies Institute dell’Università di Ginevra. “È parlando con i miei studenti che mi sono resa conto che il concetto di neutralità non era ben compreso”, racconta la ginevrina di origini vallesane.

La neutralità che desidera l’ex responsabile della diplomazia elvetica è attiva. “Non si tratta di indifferenza o di chiusura”, precisa Calmy-Rey. Alla neutralità di ripiego, o anche d’interesse economico, che ha portato la Svizzera a respingere le sanzioni internazionali contro il regime razzista sudafricano negli anni ’80, Calmy-Rey oppone una neutralità fondata sul diritto internazionale. Esempio: l’indipendenza del Kosovo, Paese che la Svizzera ha riconosciuto senza inimicarsi Serbia e Russia.

L’UE “porta avanti una politica che assomiglia caoticamente a una neutralità attiva”, constata l’ex ministra degli esteri. Schiacciata da una parte da Stati membri della NATO che si affidano allo “Zio Sam” – gli Stati Uniti – per la loro difesa strategica, dall’altra da Paesi come la Francia che spingono per una vera e propria difesa europea e infine dai membri più vicini a una vera forma di neutralità, l’Unione europea avanza senza bussola.

“La neutralità attiva permetterebbe all’Unione europea di profilarsi sulla scena internazionale come attore non aggressivo”, ritiene Calmy-Rey. Divisa, indecifrabile, l’UE non ha quasi più nessun peso in determinate questioni internazionali, ed esempio in Medio Oriente. Perché non definirsi chiaramente come neutrale, cosa che non impedirebbe di prendere parte a interventi esterni nell’ambito di risoluzioni dell’ONU? La neutralità armata in stile elvetico include d’altronde la difesa del territorio nazionale qualora fosse sotto attacco, ricorda Calmy-Rey.

Potenze sempre più aggressive

Certo, le risponde François Hollande, ma la minaccia si profila spesso lontano dai confini nazionali. A prova di ciò, l’ex presidente francese cita le operazioni da lui lanciate nel Sahel nel 2013 o quelle da lui sostenute, in particolare in Afghanistan e Siria.

La Svizzera ha inviato soldati nel Sahel o nella Repubblica democratica del Congo, nel quadro di altri interventi ONU in Africa? “Qualcuno”, risponde, senza convincerlo, Calmy-Rey. Sulla scena internazionale “non si può più contare sulla ragione e il dialogo. Oggi le potenze si rivelano più aggressive”, aggiunge Hollande che cita la Cina, la Russia, la Turchia e l’Iran. “Quello che mi rammarica è che alcuni nell’UE pensano che gli Stati Uniti saranno sempre qui per difenderci”, dice l’ex presidente che sostiene la creazione di una vera forza di difesa europea.

“Sapete”, confida un François Hollande che sembra sollevato dal non essere più all’Eliseo, “ho passato notti intere a ‘dialogare’ con Vladimir Putin. Non si fa in tempo a iniziare a parlare che lui si lancia in un monologo di un’ora”. La neutralità va bene fino a un certo punto, dopodiché bisogna essere attivi, dice.

Neutrale? Un concetto incompreso in Francia

Denigrata e assimilata alla diplomazia problematica della Svizzera durante la Seconda guerra mondiale, la neutralità non gode di buona pubblicità in Francia. “Ci sono molti candidati alle prossime elezioni presidenziali e non ne conosco nessuno che faccia campagna sull’idea di neutralità”, ironizza l’ex presidente francese. Calmy-Rey riconosce che il termine è mal compreso, quello di autonomia strategica sarebbe più efficace per descrivere la stessa politica. 

Tra il pubblico, ben rifornito di esponenti della diplomazia europea, la folle idea di Calmy-Rey fatica a convincere. “Per la Svizzera, attorniata da montagne, la neutralità è semplice”, dice l’ambasciatore ceco in Francia, Michel Fleischmann, “ma per noi che abbiamo fatto parte del blocco orientale e abbiamo paura?”.

I due pensionati della politica proseguiranno la loro “tournée” il 21 settembre a Losanna, su invito della Fondazione Jean Monnet per l’EuropaCollegamento esterno.

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