
“Bisogna rendere visibile il ruolo della Quinta Svizzera”
L’Organizzazione degli Svizzeri all’estero (OSE) inaugura quest’estate una nuova legislatura. Ma il ruolo e la legittimità democratica del suo Consiglio, noto anche come “Parlamento della Quinta Svizzera”, continuano a suscitare dibattiti. Lukas Weber, nuovo direttore dell’OSE, e il politologo Marc Bühlmann condividono le loro riflessioni sulle sfide e le trasformazioni di un’organizzazione in piena evoluzione.
Tra gennaio e giugno 2025 si sono svolte le elezioni per designare i nuovi delegati e le nuove delegate che rappresenteranno la diaspora nel Consiglio degli Svizzeri all’estero (CSE). Soprannominato “Parlamento della Quinta Svizzera”, il CSE riunisce 140 rappresentanti provenienti da tutto il mondo. Il suo obiettivo è far sentire la voce degli svizzeri e delle svizzere all’estero in patria, in particolare a Berna, pur non avendo alcun potere legislativo.
Fino a poco tempo fa, i membri del CSE potevano essere eletti solo dai e dalle presidenti dei club svizzeri locali. Questo sistema era criticato per la scarsa legittimità democratica. Per ovviare a questo limite, nel 2025 è stato sperimentato il voto elettronico, che ha permesso a ogni cittadina e cittadino svizzero registrato presso la rappresentanza diplomatica del proprio Paese di candidarsi e votare.
Rappresentatività, sì, ma quale?
Mentre diversi Paesi hanno adottato subito il nuovo sistema, altri hanno preferito attendere, come la Francia – che ospita la più grande comunità svizzera all’estero, con oltre 210’000 persone. “Non si tratta di un rifiuto del voto elettronico, ma di una maggiore cautela”, spiega Evelyne Thomas, presidente dell’Amicale Helvétique Tourangelle.
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Anche l’Italia ha eletto i suoi rappresentanti nel Parlamento della Quinta Svizzera
Dietro questa prudenza si cela anche il timore, da parte di alcuni dirigenti associativi, di perdere influenza e di vedere eletti candidati e candidate con pochi legami con la comunità che dovrebbero rappresentare.
Con 35 anni di esperienza consolare all’estero, Ernst Steinmann è diventato membro del CSE quattro anni fa, convinto che “la rappresentatività del Consiglio non riflettesse adeguatamente la realtà delle comunità svizzere all’estero”. Per questo ha partecipato al gruppo di lavoro dell’OSE che ha sviluppato il sistema di elezioni dirette.
Secondo Marc Bühlmann, politologo all’Università di Berna e direttore del portale Année politique suisse, è importante distinguere tra rappresentanza descrittiva, che riflette la diversità, e rappresentanza sostanziale, che trasmette le reali preoccupazioni. “Non si tratta solo di democrazia formale, ma della capacità del CSE di dare voce ai bisogni concreti di una diaspora molto eterogenea”, osserva. “Gli svizzeri che hanno dei problemi riescono davvero a trasmetterli al Consiglio?”, si chiede.
“Il futuro ci dirà come tradizione e modernità interagiranno”, aggiunge Lukas Weber, direttore dell’OSE.
Altri sviluppi
Pochi strumenti di pressione
Dalla pandemia in poi, la visibilità degli svizzeri e delle svizzere all’estero nella Confederazione è diminuita, e la loro immagine si è deteriorata: talvolta sono percepiti come costosi e distanti dalla realtà nazionale. L’interesse politico verso la diaspora è in calo.
Eppure, gli oltre 820’000 svizzeri residenti all’estero costituiscono un potenziale elettorato di più di 240’000 persone – l’equivalente di un grande cantone. Tuttavia, a differenza di altri gruppi d’interesse come gli agricoltori, la Quinta Svizzera forma un insieme estremamente eterogeneo, che fa fatica a parlare con una sola voce e a esercitare una pressione diretta sulla politica svizzera, secondo Bühlmann.
Di fronte a questa situazione, Lukas Weber intende concentrare le rivendicazioni su temi concreti: “L’identità elettronica è essenziale per semplificare le procedure per chi vive all’estero”. Oltre all’accesso all’e-ID, l’OSE si batterà nei prossimi mesi per il diritto di voto cantonale per tutte le persone espatriate e per soluzioni assicurative sanitarie più adatte.
Guadagnare visibilità
Secondo Bühlmann, queste richieste sono realistiche, ma è altrettanto importante “mostrare il contributo della Quinta Svizzera in patria, non solo avanzare rivendicazioni”.
Consapevole di questa necessità, l’OSE vuole dare un volto più umano e concreto alla diaspora, per rafforzarne la legittimità e la presenza nel dibattito nazionale. “Uno svizzero su dieci vive all’estero, ricorda Ernst Steinmann. Queste persone allargano i nostri orizzonti e sono parte integrante della nostra democrazia”.
Relu et vérifié par Pauline Turuban
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