

Oggi in Svizzera
Care svizzere e cari svizzeri all’estero,
oggi la nostra rassegna stampa si concentra soprattutto sul tema della sicurezza. Parole chiave: estremismo di sinistra, proteste e difesa aerea.
Prima, però, vorrei presentarvi un’ex svizzera all’estero che, insieme al marito thailandese, è tornata nella Confederazione per il bene dei figli, incontrando però alcune difficoltà.
Vi auguro buona lettura e un buon inizio di settimana!

Dieci anni fa, Nicole, allora trentenne, si trasferisce in Malaysia. Durante una vacanza in Thailandia conosce quello che diventerà suo marito. Per far frequentare la scuola in Svizzera ai due figli, la famiglia ritorna nella Confederazione. Il rientro non è però stato facile.
“Non è stato amore a prima vista, ma la sensazione che lui mi ha fatto provare è stata simile a quella che si ha nel tornare a casa”, racconta Nicole a 20 Minuten. All’inizio era una relazione a distanza con Thanat, allora 38enne, di Bangkok. Nel 2017 si sono sposati e hanno vissuto insieme in Thailandia.
Durante la pandemia di coronavirus si sono resi conto che le opportunità per i figli sarebbero state migliori in Svizzera. Così, a malincuore, nel settembre 2021 si sono trasferiti. “L’inizio è stato brutale: dopo otto anni di estate, sono arrivati il freddo e l’inverno”, dice Nicole.
Un vero shock per la loro relazione, che ha passato un momento difficile. Nicole ha poi cercato e trovato un lavoro più flessibile e Thanat ha potuto occuparsi della casa. La situazione si è così tranquillizzata. Non rimpiangono la scelta di venire in Svizzera, ma, come sottolinea Nicole: “Resistiamo finché i bambini saranno grandi. Poi io e Thanat torneremo in Thailandia. Lo sappiamo già ora”.

L’autorità di vigilanza critica in due rapporti il Servizio delle attività informative della Confederazione (SIC). Nei confronti di chi si opponeva alle misure anti-Covid, il SIC sarebbe stato troppo zelante, mentre contro gli estremisti di sinistra violenti avrebbe agito con troppa cautela.
Ad esempio, il SIC ha archiviato illegalmente dati riguardanti oppositrici e oppositori delle misure anti-Covid, informazioni che avrebbero dovuto essere cancellate al massimo dopo un anno. A posteriori, il SIC ha rimediato, ma il caso mette in luce i problemi nella gestione dei dati.
Allo stesso tempo, ci sono lacune nella lotta contro la violenza di estrema sinistra, si legge nel rapporto. La collaborazione con i Cantoni è peggiorata e, secondo l’Autorità di vigilanza, il SIC rinuncia per motivi di sicurezza a certi strumenti. Questo porta a un’eccessiva prudenza e mette a rischio la capacità di valutare adeguatamente gli ambienti di estrema sinistra, indica l’organo di controllo.
Il SIC riconosce i problemi e ha comunicato di aver intrapreso misure di miglioramento, rafforzando le sue capacità nel settore dell’estremismo di sinistra, scrive SRF News. Tuttavia, secondo l’Autorità di vigilanza il SIC necessita in generale di più personale e risorse per affrontare le sfide future.

Il consigliere federale Ignazio Cassis è rimasto bloccato venerdì sera nel Teatro sociale di Bellinzona a causa di una manifestazione di protesta nei confronti del Governo per l’inazione per quanto sta avvenendo a Gaza. Il ministro degli affari esteri ha dovuto lasciare l’edificio a passo di corsa, un’ora e mezza più tardi del previsto, scortato fino alla macchina dalla polizia.
Cassis era nella capitale cantonale ticinese per partecipare a un evento sugli accordi bilaterali con l’Unione Europea. Le circa 200 persone che partecipavano alla manifestazione indetta dal Comitato di coordinamento a sostegno della Palestina (CUSP) hanno bloccato l’accesso all’evento, scandendo slogan contro la “complicità” della Svizzera e chiedendo “prese di posizione chiare per porre fine al genocidio in corso a Gaza”.
Cassis ha mostrato comprensione per l’indignazione, ma ha anche sottolineato che la Svizzera ha possibilità di influenza limitate e che solo gli Stati Uniti possono porre fine alla guerra.
“Quanto accaduto a Bellinzona è scioccante”, afferma Stefan Kalberer, ricercatore sulla democrazia, alla RSI. “Scuote perché in Svizzera siamo fieri del nostro modello. I politici, generalmente, sono sempre molto vicini al popolo, possono muoversi tra la gente senza essere scortati dalla polizia. Eventi come quello di Bellinzona rappresentano un pericolo per questa nostra cultura”.

La Svizzera ha sospeso i pagamenti per i sistemi di difesa aerea Patriot ordinati agli Stati Uniti. Il motivo sono i ritardi nelle forniture, poiché gli USA danno priorità all’Ucraina e non vogliono indicare una data di consegna precisa.
L’esercito svizzero sta attualmente affrontando grandi problemi con le sue ordinazioni di armamenti. Oltre ai sistemi Patriot statunitensi, vi sono ritardi anche per le consegne dei droni israeliani, senza dimenticare i costi più elevati per i nuovi caccia F-35 Di conseguenza, “il rischio per la sicurezza della Svizzera aumenta”, scrive Watson, sottolineando che in caso di attacco, solo circa l’8% dello spazio aereo svizzero sarebbe effettivamente protetto.
Poiché gli Stati Uniti non hanno ancora fornito una data di consegna vincolante per i sistemi Patriot, il Dipartimento della difesa (DDPS) ha sospeso il pagamento parziale previsto per settembre. Un portavoce di Armasuisse ha confermato la misura e sottolineato che la Svizzera vuole prima ricevere informazioni chiare sulle consegne. I colloqui con gli USA sono previsti per ottobre.
La Confederazione ha già anticipato 700 milioni di franchi per i sistemi, che costano in totale circa 2 miliardi di franchi. Le prime consegne erano previste per il 2026 e l’acquisto avrebbe dovuto essere completato nel 2028. Alla luce della situazione attuale, però, queste scadenze sono incerte.
Tradotto con il supporto dell’IA/Zz

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