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Il biologo che fiuta le piante attaccate dai parassiti

un uomo in una serra con delle piantine di mais
Ted Turlings dell'Università di Neuchâtel ha vinto il premio scientifico svizzero Marcel Benoist 2023. Daniel Rihs / 13 Photo

La sua scoperta sul modo in cui le piante di mais si difendono dagli insetti nocivi fu inizialmente accolta con scetticismo. Più di trent'anni dopo, Ted Turlings ha ottenuto un prestigioso premio scientifico svizzero e sta aprendo nuove strade verso un'agricoltura con meno pesticidi. Lo abbiamo incontrato nel suo laboratorio.

Ted Turlings avvicina il naso al beccuccio di una piccola campana di vetro. Dentro ci sono una piantina di mais con le foglie danneggiate e un bruco di colore scuro. “L’odore è tipico”, dice. È quello che si sprigiona quando il mais è attaccato dal parassita, ed è una combinazione tra l’odore dell’erba appena tagliata e quello del fieno.

Il biologo, nel corso degli anni, non solo ha imparato a riconoscere con l’olfatto le sostanze volatili liberate dal mais. È anche diventato uno dei massimi esperti mondiali delle interazioni tra piante e insetti e della lotta biologica agli organismi dannosi. Quando lo incontriamo nel suo laboratorio all’Università di Neuchâtel, nella Svizzera occidentale, Ted Turlings sta verificando le apparecchiature di misura del suo gruppo di ricerca.

Originario dei Paesi Bassi, ha iniziato la sua carriera scientifica negli Stati Uniti, presso l’Università della Florida e il Dipartimento dell’agricoltura degli Stati Uniti d’America. Lavora in Svizzera dal 1993, inizialmente presso il Politecnico di Zurigo e poi, dal 1996, all’Università di Neuchâtel (UniNE). Dal 2014 dirige il Centro di competenza in ecologia chimica dell’UniNE e dal 2023 è presidente della Società internazionale di ecologia chimica.

Sei piantine di mais all’interno di campane di vetro sono collegate tra loro da tubi di teflon bianco. Un dispositivo raccoglie le molecole odorose che rilasciano nell’aria. “Queste sostanze attirano il nemico naturale del bruco. Per la pianta è una forma di difesa”, spiega Kathrin Altermatt, che sta portando avanti le osservazioni in laboratorio insieme ad altre dottorande e studenti di master. A 64 anni, il loro professore si sta avvicinando all’età ufficiale della pensione.

Ted Turlings non intende però fermarsi e si sta preparando a una nuova fase della sua carriera. Vuole finalmente mettere a frutto le sue ricerche sul meccanismo di difesa delle piante di mais e sviluppare soluzioni efficaci e a buon mercato contro gli insetti nocivi, che nel mondo distruggono fino al 40% dei raccolti agricoliCollegamento esterno.

“Già tempo fa sono detto che la ricerca non deve solo portare a pubblicazioni scientifiche, ma deve anche contribuire a trovare soluzioni a problemi importanti”, dice.

campane di vetro con al loro interno delle piantine di mais
Le piantine di mais attaccate dal bruco rilasciano delle sostanze volatili che vengono raccolte e analizzate. swissinfo.ch

L’aiuto del nemico del nemico

Ted Turlings sta lavorando a un sensore di odori che è in grado di rilevare in tempo reale le molecole volatili prodotte dalla pianta di mais infestata dal bruco. Questi composti organici attirano delle vespe parassitoidi che depongono le uova nel corpo del bruco. Quando crescono, le larve delle vespe divorano il bruco dall’interno, uccidendolo. “La pianta si difende chiamando in suo soccorso un nemico del suo nemico”, afferma Turlings.

La sua idea è di installare il sensore sulle macchine agricole o su un robot che si muove nei campi di mais. Il dispositivo potrà così avvertire chi è responsabile di un’azienda agricola su cosa sta succedendo alla sua coltivazione, ancora prima che i danni dei parassiti siano visibili, spiega Turlings.

Il sensore più promettente è per il momento troppo voluminoso e troppo costoso – almeno 300’000 franchi – per un impiego su larga scala nei Paesi in via di sviluppo. Un’azienda di Zugo, nella Svizzera centrale, sta già lavorando a un modello più piccolo e più economico.

Sensore di sostanze volatili in una sala di laboratorio
Sensore di sostanze volatili sviluppato al Laboratorio di ecologia chimica dell’Università di Neuchâtel. Olivier Dessibourg

Il robot dotato del sensore di odori potrebbe individuare il settore della coltivazione che è stato infestato, il che consentirebbe un intervento mirato e un utilizzo ridotto di pesticidi.

I pesticidi sintetici sono dannosi per l’ambiente naturale e per le persone che li utilizzano, ma il loro impiego nel mondo è quasi raddoppiato dagli anni NovantaCollegamento esterno. Per contribuire a ridurne l’uso, Ted Turlings intende scomodare un altro nemico naturale del bruco.

Un gel di vermi contro il bruco

I nematodi sono vermi microscopici che solitamente vivono nel terreno. Possono far parte dell’arsenale di difesa della pianta di mais e sono attirati da sostanze rilasciate dalle radici. Proprio come la vespa, possono però anche attaccare e uccidere il bruco che sta divorando le foglie. Ted Turlings e il suo team hanno sviluppato un gel contenente questi nematodi che può essere applicato direttamente al centro della foglia di mais, da dove il bruco inizia a divorare la pianta.

In Europa, Stati Uniti o Asia, il gel potrebbe teoricamente essere depositato direttamente dal robot che ha “annusato” la presenza di un parassita. In Africa, dove difficilmente le cooperative agricole potranno permettersi questa tecnologia, il gel potrebbe essere applicato a mano tramite delle grosse “siringhe”. Esperimenti in RuandaCollegamento esterno hanno evidenziato che questo metodo di lotta biologica può essere altrettanto efficace dei pesticidi, secondo Turlings.

Il gel di nematodi potrebbe contribuire alla lotta contro la lafigma (Spodoptera frugiperda), un lepidottero originario dell’America meridionale e settentrionale. Da quanto è stato individuato sul continente africano per la prima volta nel 2016, il parassita ha interamente colonizzato la regione subsahariana infestando quasi tutti i campi e causando danni per miliardi di dollariCollegamento esterno.

“Può migrare su lunghissime distanze e, favorita dal riscaldamento climatico, arriverà molto probabilmente anche in Europa”, afferma Turlings. Il parassita, prevede, potrebbe giungere in Svizzera tra due o tre anni.

La scoperta, lo scetticismo e infine il riconoscimento

Ted Turlings è nato nei Paesi Bassi ed è sempre stato appassionato dalla natura. Non immaginava però che avrebbe lavorato con gli insetti. Da bambino era un amante degli uccelli e si alzava presto al mattino per osservare le specie rare sulle dune di sabbia lungo la costa, racconta.

È durante gli studi di biologia che i suoi professori lo hanno indirizzato verso la lotta biologica. Questo approccio sfrutta i rapporti di antagonismo tra gli organismi per contrastare le popolazioni delle specie dannose per le piante e l’essere umano.

All’età di 25 anni Ted Turlings si è trasferito in Florida, al Dipartimento statunitense dell’agricoltura, per il suo lavoro di dottorato. È lì, mentre stava studiando come le vespe parassitoidi riescono a identificare con precisione le piante di mais infestate dal bruco, che ha fatto la scoperta più importante della sua carriera.

Ad attirare la vespa non è l’odore del bruco, né quello delle sue deiezioni, come si pensava, bensì l’odore emesso dalla pianta quando entra in contatto con una sostanza contenuta nella saliva del parassita. È stata una scoperta intrigante, ricorda Turlings, perché ha suggerito che la pianta è in grado di riconoscere l’organismo che la sta divorando e reagisce emettendo particolari sostanze odorifere.

Ted Turlings nel laboratrio in Florida negli anni Novanta.
Ted Turlings nel laboratorio in Florida negli anni Novanta. Ted Turlings

Il giovane ricercatore è stato il primo a determinare l’esatta identità chimica delle molecole volatili emesse dalla pianta di mais e successivamente ha partecipato all’identificazione del composto chiave – poi denominato volicitina – presente nella saliva del bruco.

Una scoperta che suscita scetticismo

Nel 1990 la scoperta è stata pubblicataCollegamento esterno sulla rivista Science, ma inizialmente è stata accolta con scetticismo da alcuni colleghi biologi che stavano studiando le interazioni tra piante e insetti.

Richard Karban, entomologo dell’Università della California, ricorda bene le reazioni degli altri ricercatori che lavoravano in quell’ambito. Non è stato sorpreso dallo scetticismo nei confronti della nuova scoperta di Ted Turlings. “In generale gli scienziati sono conservatori quando si tratta di nuove idee che mettono in discussione le loro convinzioni di lunga data”, scrive in un’e-mail a SWI swissinfo.ch.

Negli anni successivi, altri gruppi di ricercaCollegamento esterno hanno ottenuto risultati simili nei loro esperimenti in laboratorio. Per Ted Turlings la soddisfazione è stata grande. In seguito, è stato scoperto che le sostanze volatili indotte dal bruco vengono recepite anche dalle piante vicine, che si preparano così all’attacco del parassita.

La ricerca di Turlings ha fornito informazioni su come le piante si difendono da insetti nocivi e su come potremmo utilizzare tali meccanismi di difesa per incrementare la produzione agricola, sottolinea Richard Karban.

Una scoperta con un impatto mondiale

Ted Turlings ha dovuto aspettare oltre trent’anni per un pieno riconoscimento, perlomeno in Svizzera, dove lavora dal 1993.

Nell’ottobre 2023, la fondazione Marcel Benoist gli ha attribuito l’omonimo premioCollegamento esterno, conferito ogni anno a ricercatori o ricercatrici residenti nella Confederazione che con il loro lavoro hanno fornito un contributo di grande utilità alla vita umana.

Il cosiddetto “premio Nobel” svizzero per la scienza è stato attribuito a Turlings perché le sue ricerche sulla lotta biologica contro gli organismi infestanti, senza l’impiego di pesticidi, “hanno fatto luce su fenomeni biologici complessi e avuto un impatto mondiale nel campo delle scienze ambientali”, scrive la fondazione.

Questo premio è una motivazione in più ad andare avanti, dice Turlings. “Il mio lavoro non è ancora finito”.

A cura di Sabrina Weiss / vm

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