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Il lato nascosto dell’assicurazione invalidità

Il 90% dei beneficiari di una rendita AI vive in un alloggio privato Keystone

Una persona su cinque che beneficia delle prestazioni dell’assicurazione invalidità (AI) affronta problemi finanziari e soffre d’isolamento sociale.

Uno studio svizzero sulle condizioni di vita degli handicappati, presentato come una prima europea, getta nuova luce sulle polemiche della destra dura sui costi dell’AI.

Focalizzato sui costi, soprattutto dalla destra dura, il dibattito sull’assicurazione invalidità (AI) nasconde la complessità dei bisogni dei beneficiari. Da uno studio della Scuola universitaria professionale di Aarau sulle condizioni di vita dei disabili in Svizzera è emerso un quadro fatto di contrasti e anche di zone d’ombra. La ricerca evidenzia che non esiste un beneficiario tipo delle rendite AI.

Le condizioni di vita dei circa 405mila portatori di handicap che in Svizzera ricevono una rendita AI sono legate alla loro situazione economica, a quella sociale, nonché al tipo di infermità.

Questi fattori determinano il loro grado di mobilità e di autonomia e di conseguenza anche i loro bisogni variano.

È perciò indispensabile che di questa complessità si tenga conto nei progetti di riforma dell’AI, rilevano i ricercatori. A loro avviso, non si deve assolutamente incorrere nell’errore di considerarli come una massa globale.

Situazione con notevoli contrasti

Lei stessa attiva nel campo dell’assistenza ai disabili, la consigliera nazionale socialista Liliane Maury Pasquier, interpellata da swissinfo, sottolinea l’importanza di questo studio.

«In Svizzera il problema è che non esiste un concetto di rendita o salario minimo. È un problema sia per gli handicappati, sia per gli altri cittadini», dice.

«Si parla sempre di cifre, com’è logico, e molto anche di abusi, che sono in realtà minimi. Così facendo abbiamo probabilmente occultato la situazione concreta di chi vive con un handicap».

«In questo senso – continua la consigliera nazionale – le premesse della quinta revisione dell’assicurazione invalidità – laddove si parla di reintegrazione – sono buone. Bisognerà vedere se queste belle parole si trasformeranno in fatti».

Risparmiare nel modo migliore

Anche il vicepresidente dell’associazione di aiuto ai disabili, “Agile” Roger Cosandey, mette in evidenza l’importanza dell’integrazione degli handicappati nel mondo del lavoro.

«Si parla sempre e solo di risparmiare tagliando le rendite. Forse questo non è il miglior mezzo per economizzare. Bisognerebbe invece incitare i datori di lavoro a creare più posti per i portatori di handicap.»

Infatti chi lavora, anche solo a tempo parziale, non ha bisogno dell’AI, o ne fa ricorso solo in parte.

La destra dura non cambia opinione

Secondo Roman Jäggi, portavoce dell’Unione democratica di centro (UDC), «Questo studio non porta nulla. Non sorprende per i contenuti, perché il problema per l’UDC non è definire meglio gli invalidi. Il problema è che ci sono troppi invalidi. La popolazione non è così malata come potrebbero farci credere le cifre.»

In passato, l’UDC si era distinta pera una polemica virulenta lanciata contro i beneficiari delle rendite AI. Di fronte alle cifre sempre più rosse di questa assicurazione sociale, l’UDC aveca coniato il neologismo “finti invalidi”.

Condizioni a volte desolanti

Se parte dei disabili se la cava egregiamente grazie in particolare a una formazione e a un reddito superiore alla media oppure all’aiuto di un congiunto, molti altri si trovano in «condizioni desolanti», secondo l’inchiesta condotta su oltre 2000 interessati.

È il caso di un quinto dei beneficiari di una rendita AI. Si tratta di persone che vivono al di sotto o al limite della soglia di povertà. La metà ha un reddito mensile inferiore ai 2000 franchi.

Oltre che della mancanza di risorse finanziarie, soffrono anche di isolamento sociale. Il 21,5 % di essi afferma di non avere una persona di fiducia. Lo stato di salute impone loro una grande dipendenza da un aiuto esterno o da medicamenti.

A questa categoria appartengono una maggioranza di donne, anziani, persone poco qualificate professionalmente e con gravi handicap.

L’inchiesta mette pure in risalto che parte delle gravi difficoltà vissute dai beneficiari di prestazioni dell’AI sono conseguenti a iniquità presenti in altre assicurazioni sociali. Ad esempio le donne sono penalizzate dal fatto di godere in modo nettamente inferiore delle prestazioni del secondo pilastro.

Individuare i problemi reali



I ricercatori hanno elaborato una suddivisione in nove categorie di disabili, ripartiti in due gruppi – «beneficiari di rendite AI» e «beneficiari di prestazioni individuali» – al fine di agevolare lo svolgimento dei compiti di assistenza di professionisti della socialità e della sanità.

«Sapevamo che l’AI ha dei problemi. Lo studio ci ha dimostrato che anche i suoi beneficiari ne hanno», ha osservato Andreas Dummermuth, presidente della Conferenza degli Uffici dell’AI.

L’ente ha sostenuto la ricerca ed ora assicura che s’impegnerà affinché i risultati siano «utilizzati in modo fruttuoso nel processo decisionale» della revisione della Legge sull’AI.

Dal canto suo Liliane Maury Pasquier pensa che l’inchiesta aiuti ad attualizzare il dibattito sul tema, che certi partiti focalizzano esclusivamente sugli abusi.

swissinfo e agenzie

Nel 2002 465 mila persone residenti in Svizzera hanno beneficiato dell’AI a causa di un handicap
Lo studio ne prende in considerazione 405 mila
Disabili fisici: 55%
Disabili psichici: 39%
Handicappati mentali: 13%

La ricerca ha lo scopo di agevolare lo svolgimento dei compiti di assistenza di professionisti della socialità e della sanità.

È stata condotta su 2000 persone. Il 63% di loro non svolge un’attività remunerativa, contro il 10% che lavora circa 37 ore la settimana.

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