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La lunga strada verso la ricostruzione

Gli sfollati nello Sri Lanka possono fornirsi dei materassi forniti dalla Confederazione Keystone

I lavori di ricostruzione nelle regioni devastate dallo tsunami che ha colpito le coste dell’Oceano Indiano si protrarranno probabilmente per anni.

Lo afferma il delegato svizzero per il coordinamento degli aiuti d’emergenza Toni Frisch, intervistato da swissinfo.

Un ottantina di esperti svizzeri sono presenti nelle zone colpite dal maremoto provocato dal violento sisma avvenuto il 26 dicembre 2004 al largo dell’isola di Sumatra. La loro missione è di fornire assistenza alle centinaia di migliaia di senzatetto.

Lo tsunami ha spazzato via villaggi e località lungo le coste di numerosi Paesi – tra cui Thailandia, Sri Lanka e Indonesia – provocando la morte di oltre 165’000 persone.

Una buona parte dei 27 milioni di franchi sbloccati dalla Confederazione a sostegno delle popolazioni colpite sono già stati allocati per progetti di aiuto immediato.

Responsabile della pianificazione degli sforzi elvetici nelle regioni sinistrate, Toni Frisch, attualmente in Indonesia, è stato contattato da swissinfo per stilare un primo quadro della situazione.

swissinfo: La Svizzera ha già annunciato di voler ricostruire un villaggio in Thailandia e alcune scuole nello Sri Lanka. Come si spiega che tali propositi siano stati espressi così velocemente?

Toni Frisch: Abbiamo un ufficio di coordinamento in Thailandia e nello Sri Lanka. Dagli anni ’80, siamo particolarmente attivi nello Sri Lanka, dove abbiamo partecipato a programmi di costruzione e ricostruzione di ospedali, dispensari e scuole nel nord del Paese. Non c’è quindi ragione di restare inattivi nelle zone del sud dell’isola, dove molti edifici sono stati danneggiati.

I lavori di ricostruzione sono già iniziati, ciò che spiega il perché della necessità di una decisione rapida.

swissinfo: State pensando a progetti di ricostruzione anche in Indonesia o vi concentrerete maggiormente nell’assistenza umanitaria?

T. F.: È forse un po’ troppo presto per dirlo, ma è chiaro che l’intervento deve includere anche la ricostruzione di ponti, strade e vie di comunicazione. Senza dimenticare che la gente necessita di un riparo.

Innanzitutto dobbiamo però continuare a fornire medicinali, materiale sanitario, tende e, soprattutto, acqua. Questo tipo di operazione si protrarrà anche per le prossime settimane e mesi.

swissinfo: Gli sforzi a sostegno della popolazione rappresentano, dal punto di vista logistico, una sfida enorme. Esiste una collaborazione tra i vari Paesi oppure il coordinamento multilaterale è un’impresa troppo grande?

T. F.: Si tratta di una missione estremamente vasta e nessuno degli Stati colpiti era preparato ad affrontare questa catastrofe.

Devo però dire che sono impressionato dal grado di coordinazione e di collaborazione visto nello Sri Lanka e qui in Indonesia. Le Nazioni Unite, la Croce Rossa e le varie organizzazioni lavorano fianco a fianco.

Non dobbiamo tuttavia scordare che le vaste dimensioni della catastrofe conducono a situazioni di caos. Non sto criticando nessuno, è solo che siamo di fronte ad una sfida gigantesca.

swissinfo: Un aspetto particolarmente difficile da gestire è la grande quantità di denaro che è stata offerta. I soldi, sono forse più facili da raccogliere, che da spendere nel modo più appropriato…

T. F.: È vero. Per questo stiamo lavorando in stretto contatto con le organizzazioni in Svizzera per assicurare che i fondi siano gestiti nel modo migliore.

Ci sono necessità a corto, medio e a lungo termine e questo denaro deve coprire i programmi di ricostruzione, che si protrarranno per parecchi anni.

swissinfo: È soddisfatto del contributo offerto dalla Confederazione, considerato che nazioni come l’Australia, la Germania o il Giappone hanno versato molto di più?

T. F.: Il credito sbloccato dal governo elvetico intende sopperire ai bisogni immediati, e non ai lavori di ricostruzione. Inoltre, alcuni Paesi offrono solamente delle sovvenzioni.

Sono molto soddisfatto della decisione della Confederazione perché ci ha permesso di agire immediatamente ed in modo efficace. Fra un paio di mesi avremo un quadro più preciso dei bisogni e se avremo bisogno di più soldi, possiamo sempre farci avanti.

swissinfo: Il vostro intervento vuole anche essere una misura per prevenire un’eventuale migrazione dallo Sri Lanka e dall’Indonesia verso l’Europa?

T. F.: Bè, è chiaro che per le molte famiglie che hanno perso tutto, il futuro si prospetta difficile e qualcuno guarderà in direzione dell’Europa. Ma non credo che ci sarà un flusso migratorio così importante come quello registrato durante la guerra in Kosovo.

Lo scopo del nostro intervento non è di bloccare l’afflusso di rifugiati in Europa. Questa gente ha sofferto enormemente e meritano quindi il nostro sostegno. Ed è quello che facciamo.

swissinfo: Qual è la sua impressione principale su questo disastro, se paragonato ad altre situazioni di crisi dove siete intervenuti?

T. F.: Non è la prima volta che mobilitiamo i nostri esperti in tempi brevi, ma non è mai successo che dieci Paesi siano stati colpiti allo stesso tempo.

Inviare squadre di soccorso in cinque Stati nello stesso giorno è sicuramente qualcosa di nuovo nella storia dell’aiuto umanitario. Non solo per noi, ma per tutti quanti.

swissinfo: C’è un momento del suo viaggio che le è rimasto particolarmente impresso nella mente?

T. F.: Ricordo che quando ero nello Sri Lanka stavo guardandomi in giro alla ricerca di un sacchetto di plastica. Un uomo si è avvicinato è mi ha porto una borsa che teneva in mano. Mi ha detto di aver perso tutto – entrambi i genitori e una sorella – e di essere completamente solo.

Non ci siamo mai visti prima e non ci rivedremo mai più, ma per una decina di minuti abbiamo camminato assieme come due amici. Momenti come questi sono davvero speciali.

swissinfo, intervista di Ramsey Zarifeh
(traduzione: Luigi Jorio)

Tra i vari progetti di aiuto, la Confederazione ha annunciato di voler partecipare alla ricostruzione di un villaggio in Thailandia.

La Direzione dello sviluppo e della cooperazione interverrà inoltre nello Sri Lanka, dove sosterrà programmi di ricostruzione di scuole e dei sistemi di distribuzione d’acqua potabile.

Varie organizzazioni stanno agendo anche in Indonesia, dove i numerosi senzatetto necessitano disperatamente di assistenza sanitaria e cibo.

Secondo un ultimo bilancio, il terremoto avvenuto il 26 dicembre scorso al largo dell’isola di Sumatra ha provocato più di 156’000 morti.
Il tributo più elevato è pagato dall’Indonesia (oltre 100’000 vittime) e dallo Sri Lanka (oltre 30’000).
I senzatetto si contano a centinaia di migliaia.

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