Una borsa per resistere agli affronti della metropoli
Si chiamano Venerdì, sono svizzere e in dieci anni hanno conquistato i mercati di mezzo pianeta.
Le borse Freitag sono un’idea dei fratelli Markus e Daniel Freitag.
Si vendono a Parigi e New York, in sedici negozi in Giappone e altrettanti in Spagna, e ancora: Tel Aviv, Milano, Oslo, Stoccolma, in Australia.
I TIR
Sono borse realizzate con materiali di riciclo: la tela é quella dei TIR, le guarnizioni sono fatte con le camere d’aria delle biciclette, la tracolla é una cintura di sicurezza da automobile.
Si chiamano “Individual-Recycled-Freewaysbags”, borse riciclate da autostrada e sono quasi un pezzo unico, poichè ritagliate da teloni usati e dunque sempre diversi.
Al Museum Bellerive le Freitag occupano un’intera parete della mostra sul design rIciclato: borse tecniche con stile, fatte per resistere agli affronti della metropoli, che devono il loro successo al fatto che si declinano in molti modelli, spesso intelligenti.
Cattiva, pericolosa e potente
Per fare la spesa c’è Miami Vice, sottotitolo: “cattiva, pericolosa e potente”: una sporta come quelle dei supermercati svizzeri, ma a prova di TIR.
C’è il modello estensibile in quattro mosse, la sacca da attaccare alla bici e quella per portare la tavola da snowboard.
L’unico punto debole, il prezzo: per essere tutte riciclate, costano un po’ care. Sul sito una Freitag modello classico costa 119 franchi più spese di spedizione; nei negozi, può arrivare anche a 170.
Tanto che nella Confederazione ci sono piccoli stilisti, che ne confezionano di molto simili ma senza “griffe” e con una conseguente riduzione sul prezzo: sono in vendita a 80/100 franchi. Le produzioni e la filosofia dei fratelli Freitag sono tutte da scoprire sul loro sito, che contiene il negozio on-line per scegliere la vostra borsa e videoanimazioni per curiosare nel procedimento di fabbricazione.
Potete anche comprare il libro, con tante immagini e gli aneddoti sulla storia di un label ormai leggendario: la copertina è fatta con la plastica dei TIR.
swissinfo, Serena Tinari
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