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Uniti contro il razzismo

Anche in Svizzera, paese multiculturale per eccellenza, si fatica ad accettare la diversità swissinfo.ch

Anche in Svizzera, come in tutta l'Europa, negli ultimi anni si registra una recrudescenza degli atti di razzismo. I neri ne sanno qualcosa.

La Conferenza europea contro il razzismo, tenutasi per la prima volta in Svizzera, è stata l’occasione per numerose ONG attive nel settore di mettere in comune le proprie esperienze.

I successi elettorali di partiti di estrema destra nei cui programmi spiccano idee discriminatorie, le misure di ritorsione adottate contro i georgiani in Russia o il dibattito sul ridimensionamento della norma contro il razzismo, lanciato dal ministro di giustizia elvetico Christoph Blocher, sono solo alcune delle recenti manifestazioni d’intolleranza verso l’altro in Europa. Un fenomeno tristemente attuale che a seconda del paese o della realtà sociale può assumere svariate forme.

Louise Lätt, della sezione elvetica dell’organizzazione pacifista SCI (Società civile internazionale) considera «fondamentale» che le persone e le istituzioni attive nella lotta contro le discriminazioni mettano in comune le loro esperienze e ne traggano in tal modo utili consigli per combatterle efficacemente.

Proprio a questo scopo, dal 15 al 18 novembre si è svolta per la prima volta in Svizzera la Conferenza europea contro il razzismo. All’incontro, organizzato nell’ambito della campagna del Consiglio d’Europa «tutti uguali – tutti diversi», hanno partecipato una novantina di rappresentanti di organizzazioni dei diritti umani e di gruppi d’azione anti-razzismo di tutto il Vecchio continente.

Razzismo in salsa svizzera

Fra i temi affrontati dai conferenzieri riuniti a Vaumarcus, sulle rive del lago di Neuchâtel, oltre alla problematica della xenofobia e alle misure di lotta per combatterla, si annoverano anche alcune specifiche espressioni del razzismo nella Confederazione.

Una particolare attenzione è stata dedicata agli Jenish, la principale comunità nomade elvetica, vittima dal 1926 al 1973 di numerose vessazioni e misure antidemocratiche. Come quella che prevedeva di sottrarre con la forza e in modo arbitrario molti bimbi di zingari alle loro famiglie per poi rinchiuderli in istituti, dove ricevevano nomi diversi e veniva loro impedito ogni contatto con i genitori.

Gérôme Topka, membro della Commissione federale contro il razzismo, ha dal canto suo illustrato le difficoltà incontrate dai neri a farsi accettare non solo in Svizzera, ma in tutta l’Europa. «Da alcuni anni, soprattutto nei paesi dove i partiti della destra nazionalista – come i democentristi del ministro Blocher – sono arrivati al potere, assistiamo a una recrudescenza degli atti d’intolleranza nei confronti della comunità nera», dice a swissinfo.

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Neri discriminati

In una società che Topka non esita a definire in fase di chiusura identitaria, il colore della pelle, proprio perché più visibile come elemento anodino, diventa uno dei fattori di discriminazione per eccellenza.

«In taluni casi notiamo che basta essere nero per non vedersi attribuito un appartamento o un posto di lavoro per cui si avrebbero tutti i requisiti, oppure per venire tacciato di criminale», afferma il segretario generale della piattaforma di riflessione e d’azione contro il razzismo anti-nero CRAN, facendo allusione al sistematico riflesso delle polizie di alcuni cantoni di amalgamare gli africani con i trafficanti di droga.

Anche i media hanno le loro colpe: se come spesso accade all’arresto di un gruppo di spacciatori si scrive ad esempio che sono stati fermati due italiani, uno svizzero e sette neri, senza specificare la nazionalità di questi ultimi, non si fa che rinforzare i pregiudizi nei loro confronti.

«Cosa c’entra il colore della pelle con un problema come la droga che tocca l’intera società?» si chiede Gérôme Topka, «i neri possono essere svizzeri, italiani, togolesi, kenioti…perché non definirli come tali?».

Maggiore chiarezza e visibilità

Pur riconoscendo in generale alle istituzioni pubbliche notevoli passi avanti negli sforzi di integrazione della gente di colore, il segretario generale del CRAN sottolinea che sussistono numerose lacune, in particolare per quanto riguarda le prese di posizione contro gli atti razzisti, a suo dire troppo poco incisive.

Emblematiche in questo senso le reazioni alquanto mitigate delle autorità alle recenti affermazioni di Christoph Blocher sugli africani, da lui definiti dei «lazzaroni (…) responsabili della loro situazione».

La scarsa partecipazione dei neri alle attività dello Stato è un altro ostacolo alla loro piena accettazione nella comunità elvetica. Persino nelle istituzioni che si occupano specificatamente dell’integrazione degli stranieri è raro incontrare una persona dalla pelle scura. «A volte abbiamo la triste impressione che questi uffici siano creati unicamente per dare lavoro agli svizzeri», si lamenta Topka.

«Con la nostra esperienza, le nostre conoscenze e la volontà di fare parte della comunità locale abbiamo molto da offrire alla Svizzera. Dateci la possibilità di dimostrarvelo!»

swissinfo, Anna Passera, Vaumarcus

Svoltasi quest’anno per la prima volta in Svizzera, è stata organizzata da UNITED e SCI Svizzera.

Vi hanno partecipato una novantina di rappresentanti di ONG attive nella lotta contro il razzismo provenienti da 39 Stati europei.

È sostenuta finanziariamente dalla fondazione per la gioventù del Consiglio d’Europa, dal Servizio gioventù dell’Ufficio federale delle assicurazioni sociali, dal Servizio di lotta contro il razzismo del Dipartimento federale dell’interno, dall’Ufficio svizzero di coordinazione “Gioventù per l’Europa” e dalla cooperativa Migros.

La sezione elvetica di Società civile internazionale è un’associazione attiva nella promozione della pace, lo svilppo sostenibile, i diritti delle minoranze e lo scambio culturale.

SCI sostiene progetti ecologici, sociali, culturali e di promozione della pace nel mondo anche attraverso l’invio di volontari.

UNITED for intercultural Action è una rete paneruropea con sede ad Amsterdam che lotta contro il razzismo e il fascismo.

Riunisce oltre 550 organizzazioni di 46 diversi Stati.

Dal 1992 organizza due volte l’anno la conferenza europea contro il razzismo, nonché numerose campagne di sensibilizzazione sul tema.

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