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CN: Berna deve poter adottare sanzioni in modo autonomo

La presidente del Consiglio nazionale Irène Kaelin (Verdi/AG) KEYSTONE/ALESSANDRO DELLA VALLE sda-ats

(Keystone-ATS) Il Consiglio federale deve poter introdurre o estendere autonomamente sanzioni internazionali. È quanto prevede una revisione delle legge sugli embarghi approvata oggi dal Consiglio nazionale con 136 voti a 53.

Le misure adottate, o non adottate, dal Governo dall’inizio della guerra in Ucraina hanno fatto molto discutere. Molti hanno criticato Berna per aver aver seguito, troppo lentamente a loro avviso, quanto deciso dall’Unione europea. Altri hanno storto il naso per l’eccessiva esposizione della Confederazione sul tema e hanno tirato in ballo la neutralità.

Oggi la Svizzera può adottare solo sanzioni decretate dalle Nazioni Unite (ONU), dall’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE) o dai suoi principali partner economici.

Se vuole spingersi oltre, il Consiglio federale deve far leva sulla Costituzione. Lo ha fatto dopo l’annessione della Crimea da parte di Mosca. Nel 2015 ha vietato l’importazione di armi da fuoco, loro componenti, munizioni e materiali esplosivi dalla Russia e dall’Ucraina. Le misure sono state prorogate nel 2019.

Queste ordinanze, limitate a quattro anni, possono però essere prorogate una sola volta. Decadono se non viene presentato un progetto di base giuridica sei mesi dopo l’entrata in vigore della proroga.

Il Consiglio federale ha quindi proposto una revisione generale della legge sugli embarghi che preveda la possibilità per l’Esecutivo di adottare autonomamente sanzioni, se necessario, per salvaguardare gli interessi del Paese. Seguendo la Camera dei cantoni, il Nazionale ha deciso di concedere la facoltà di decretare misure anche contro individui e aziende, a condizione che le società svizzere non siano svantaggiate.

Una puntualizzazione inutile secondo sinistra e Verdi Liberali. “Il chiarimento è superfluo, perché gli interessi del Paese devono già essere garantiti”, ha dichiarato Claudia Friedl (PS/SG). “La formulazione potrebbe anche rafforzare il pregiudizio che la Svizzera stia cercando di trarre profitto dalla mancata o meno rigorosa applicazione delle sanzioni. Ciò danneggerebbe l’immagine della Svizzera”, ha da parte sua affermato, invano, il ministro dell’Economia Guy Parmelin.

Ma il Consiglio nazionale si è spinto oltre i “senatori”. Potranno essere sanzionate anche persone o entità coinvolte in violazioni del diritto internazionale umanitario o dei diritti umani o in qualsiasi altra forma di atrocità. La decisione è stata presa con 107 voti a 82, con disappunto dell’UDC e del PLR.

“Una misura del genere costituirebbe un cambiamento radicale nella politica sanzionatoria svizzera”, ha sottolineato Parmelin, aggiungendo che “le sanzioni unilaterali hanno una portata limitata e sono più efficaci se sono ampiamente condivise”.

Temendo per la neutralità elvetica, l’UDC ha tentato in tutti i modi di bocciare la revisione o di renderla quantomeno “indolore”. “Le sanzioni sono armi da guerra”, ha per esempio criticato Yves Nidegger (UDC/GE). Secondo Roger Köppel (UDC/ZH) trascinano addirittura la Confederazione in guerra.

“Neutralità significa che tutte le parti in conflitto, non solo l’Ucraina, considerano la Svizzera neutrale. Eppure la Russia ha inserito la Svizzera nella lista dei Paesi ostili”, ha proseguito lo zurighese, temendo che dopo le sanzioni si possa finire per consegnare munizioni e armi.

Un punto di vista non condiviso da nessun altro partito. “La revisione proposta rispetta la neutralità della Svizzera e rafforza la coerenza della sua politica in materia di sanzioni”, ha dichiarato Laurent Wehrli (PLR/VD) a nome della commissione preparatoria.

Più in generale, diversi oratori di destra e di sinistra hanno affermato che Berna dovrebbe essere in grado di adottare sanzioni in modo rapido e indipendente. Ciò rafforzerebbe la sua sovranità, ha per esempio dichiarato Tiana Angelina Moser (PVL/ZH). La Svizzera deve uscire dalla sua posizione di spettatrice, ha da parte sua rilevato Elisabeth Schneider-Schneiter (Centro/BL), facendo notare che il mondo è cambiato, così come il concetto di neutralità.

Il dossier torna agli Stati.

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