
Un’altra strage delle armi in Serbia, almeno otto morti

(Keystone-ATS) La Serbia è sconvolta e sotto shock per la seconda strage immotivata di persone innocenti avvenuta nel Paese nel giro di due giorni.
E il presidente Aleksandar Vucic ha annunciato un pacchetto di misure draconiane dirette a ridurre sensibilmente l’alto numero di armi in circolazione, con controlli drastici sul possesso e l’uso di pistole e armi da fuoco, e un forte inasprimento delle pene previste per i casi di violazione della legge.
Nel primo dei tre giorni di lutto nazionale proclamato per il massacro del 3 maggio in una scuola primaria di Belgrado ad opera di un allievo 13enne dello stesso istituto – con un bilancio di nove morti, otto dei quali alunni, e sette feriti – l’intero Paese si è svegliato stamane incredulo e scioccato alla notizia di una nuova terribile strage avvenuta nella tarda serata di ieri in tre villaggi intorno a Mladenovac, cittadina a una sessantina di km a sud della capitale. Autore della mattanza un giovane di 21 anni che, sparando indiscriminatamente con un’arma automatica a bordo di un’auto guidata da un complice, ha ucciso sul colpo otto persone, ferendone altre 14. Teatro del terrore notturno le piccole località di campagna di Dubona, Malo Orasje e Sepsin, dove si sono riversate prontamente ingenti forze di polizia.
Si calcola che non meno di 600 agenti pesantemente armati, compresi uomini dell’antiterrorismo, appoggiati da un elicottero, siano intervenuti a difesa degli abitanti locali e nelle ricerche del pluriomicida. L’intera zona è stata isolata e le strade di accesso bloccate. Uros B., questo il nome del giovane killer diffuso dai media, è stato in breve tempo rintracciato e arrestato a casa del nonno a Vinjista, località presso Kragujevac, città industriale a 150 km a sud di Belgrado.
Sotto la minaccia di una pistola l’assassino aveva preso in ostaggio un tassista a Mladenovac intimandogli di condurlo a Vinjista. La polizia ha successivamente arrestato anche il nonno e lo zio del giovane, nella cui abitazione sono state rinvenute alcune bombe, un fucile automatico e munizioni.
E sono proprio le armi che circolano in grande quantità in Serbia e negli altri Paesi della regione – eredità dei conflitti armati degli anni Novanta nella ex Jugoslavia – il tema principale sul quale si concentra il dibattito nel Paese balcanico. Non è facile acquistare armi in Serbia, ma il problema è che in circolazione ve ne sono già troppe. Il presidente Vucic, presentatosi stamane ai giornalisti unitamente alla premier Ana Brnabic e al governo al completo, ha annunciato misure drastiche e un vasto programma che ha definito di “disarmo della Serbia”. Le due stragi efferate, con un bilancio complessivo di 17 morti e 21 feriti in due giorni, hanno indotto la dirigenza di Belgrado a rompere gli indugi e a operare in tempi brevi per porre un argine alla diffusione e all’uso indiscriminato di armi da fuoco.
Secondo il presidente sarebbero oltre 760 mila le armi da fuoco registrate in Serbia, su una popolazione di poco meno di 7 milioni di abitanti. Il suo obiettivo, ha detto, è ridurle a 30-40 mila attraverso misure urgenti che il governo ha già approvato oggi: moratoria sul rilascio dei permessi, controlli rafforzati e verifiche periodiche sui possessori di armi, compresi i cacciatori, revisione delle licenze ai poligoni di tiro, forte inasprimento delle pene per i trasgressori. Vucic ha detto di aver proposto l’imposizione della pena di morte, ma che il governo di è detto contrario.
Secondo una recente ricerca dell’agenzia internazionale ‘Small Arms Survey’, con sede a Ginevra, Montenegro e Serbia figurano appaiati alle sole spalle degli Stati Uniti fra i Paesi del mondo con la maggiore incidenza di armi ogni cento abitanti. Il coefficiente è per entrambi i Paesi di 39,1 armi da fuoco ogni cento abitanti. La Bosnia-Erzegovina è all’11esimo posto, la Macedonia del Nord al 13esimo, il Kosovo al 17esimo posto.