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L’Afghanistan chiede un aiuto durevole

I 1,7 milioni di profughi afghani rientrati nel loro paese mancano di tutto Keystone

Un anno dopo l'inizio dell'offensiva che ha fatto cadere il regime talibano, l'Afghanistan rimane un paese in rovina.

Le organizzazioni di soccorso svizzere chiedono che siano mantenute le promesse internazionali per la ricostruzione del paese.

“Ho già lavorato in numerosi paesi in difficoltà, ma credo di non aver mai visto nulla di simile.”Arrivato a Kabul due mesi fa, Markus Müller, responsabile per l’Afghanistan della Direzione svizzera per lo sviluppo e la cooperazione (DSC) stenta a credere ai suoi occhi.

“Tutto ciò che le organizzazioni internazionali sono riuscite a fare finora è aiutare la gente a sopravvivere. Ma quanto alla ricostruzione, partiamo praticamente da zero.”

Tuttavia, la vita lentamente riprende, in questa terra devastata da 23 anni di guerra. Nelle strade di Kabul rifioriscono le piccole attività commerciali. Markus Müller si dice impressionato dalla volontà, dalla capacità di lavoro e dalla creatività degli afghani.

I grandi cantieri

Superato lo stadio dell’emergenza, le organizzazioni umanitarie presenti in Afghanistan devono ora metter mano ai grandi lavori di ricostruzione. Rete stradale, ospedali, scuole: tutto è da rimettere in sesto.

“Questi programmi prenderanno avvio l’anno prossimo, purché il paese riesca a conservare una certa stabilità politica”, spiega Müller.

Nell’attesa, il responsabile della DSC percepisce un certo malcontento nella popolazione. A Kabul, i soldati e le Toyota bianche che sfrecciano sulle strade sono per ora l’unico segno tangibile del massiccio aiuto promesso dalla comunità internazionale.

Campagne devastate

Ma le città non sono le sole aree sinistrate del paese. Dopo la caduta del regime talibano, 1,7 milioni di profughi sono rientrati in Afghanistan.

“Molte di queste persone trovano i loro villaggi distrutti e i campi devastati da tre o quattro anni di siccità”, constata Markus Müller. Allora, interi gruppi di profughi riprendono la via del Pakistan o tentano la fortuna in città.

Anche qui, l’aiuto umanitario non può rispondere che ai bisogni più urgenti. Si adottano le misure necessarie per permettere ai profughi di passare l’inverno. La ripresa delle attività agricole è rinviata alla primavera prossima.

Questione di priorità

L’Afghanistan non è fra gli obiettivi prioritari dell’aiuto allo sviluppo elvetico. Nella regione, la DSC concentra i suoi sforzi sul Pakistan, l’India, il Nepal, il Bhutan e il Bangladesh.

Per il 2002, Berna ha tuttavia sbloccato quasi 21 milioni di franchi per i suoi programmi in Afghanistan, ma il budget per il 2003 – non ancora definitivamente approvato – non prevede che 18 milioni. E poi? Nessuno alla DSC è per ora in grado di dare una risposta.

“Questo è uno dei paesi al mondo che in questo frangente ha più bisogno di aiuto”, osserva Markus Müller. “Sarebbe necessario fare di più e spero di riuscire a convincere le nostre autorità in tal senso.”

Attualmente, circa l’80% dell’aiuto svizzero all’Afghanistan è destinato ai grandi progetti internazionali del Programma alimentare mondiale, dell’Alto commissariato per i rifugiati e del Comitato internazionale della Croce Rossa.

Un aiuto modesto

Quanto al resto, i destinatari sono essenzialmente le organizzazioni non governative (ONG) svizzere, attive nell’ambito della sanità, dell’educazione o dell’integrazione delle donne nella vita sociale ed economica del paese.

Generalmente riconosciuto come efficace, soprattutto perché avviene in stretta collaborazione con partner locali, il soccorso svizzero rimane tuttavia assai modesto, proporzionalmente alle dimensioni del paesi.

“Con i pochi mezzi che abbiamo, dovremmo forse pensare a concentrarci su certe zone invece di voler essere presenti dappertutto”, suggerisce Markus Müller.

Marc-André Miserez, swissinfo (traduzione di Andrea Tognina, swissinfo)

L’aiuto svizzero all’Afghanistan per il 2001 ammonta a 20,8 milioni di franchi
1,7 milioni di profughi sono rientrati in Afghanistan

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