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Camere: oggi si elegge il presidente della Confederazione

Keystone-SDA

Riprendono stamane i lavori alle Camere federali che si interromperanno verso mezzogiorno per l'elezione, a camere riunite, del presidente della Confederazione per il 2026 e del vicepresidente del Consiglio federale.

(Keystone-ATS) Per l’anno prossimo spetterà al consigliere federale Guy Parmelin (UDC) prendere il posto della “ministra” delle finanze Karin Keller-Sutter.

Per il capo del Dipartimento dell’economia, della formazione e della ricerca si tratta del secondo mandato il qualità di presidente della Confederazione dopo quello del 2021. Vista l’età, 66 anni, e gli anni trascorsi in governo (venne eletto nel 2015 al posto di Eveline Widmer-Schlumpf), si tratterà verosimilmente dell’ultima volta. Da alcuni anni si susseguono le voci di una sua partenza dall’esecutivo: ciò potrebbe verificarsi proprio al termine del secondo mandato quale presidente e prima delle elezioni federali del 2027.

Ma prima di assistere alla sua intronizzazione, Consiglio nazionale e degli Stati dovranno trattare tutta una serie di dossier. Alla Camera del popolo, il menù dei dibattiti prevede diversi oggetti di pertinenza del Dipartimento federale della difesa. In agenda anche la Legge federale sulla promozione e sul coordinamento del settore universitario svizzero e la Legge sulla formazione professionale. Chiude il programma l’iniziativa sull’alimentazione.

A proposito di quest’ultimo oggetto, la commissione competente propone di respingere il testo poiché, se adottato, comporterebbe un massiccio intervento statale sulla produzione e sul consumo, limitando drasticamente la scelta di tutti. L’iniziativa “Per un’alimentazione sicura – mediante il rafforzamento di una produzione nazionale sostenibile, più derrate alimentari vegetali e acqua potabile pulita” prevede di aumentare il tasso di autonomia alimentare netto del paese, che dovrebbe passare dall’attuale 46% ad almeno il 70%.

Al Consiglio degli Stati, terrà senz’altro banco la mozione, già accolta dal Nazionale, che chiede al Consiglio federale di rinunciare al divieto di adozioni internazionali. Il 10 settembre scorso, la Camera del popolo aveva approvato la mozione della sua commissione degli affari giuridici per 151 voti a 31 e 15 astensioni.

Ma come spiegare l’atto parlamentare? Il 29 gennaio scorso, l’esecutivo aveva incaricato il Dipartimento federale di giustizia e polizia (DFGP) di elaborare un progetto preliminare di legge volto a sancire il divieto di adozione all’estero. Il responsabile del dossier, Beat Jans, aveva giustificato questo giro di vite col fatto che nessun diritto in materia di adozioni internazionali, neppure il più severo, può escludere il rischio di abusi. In passato, aveva fatto notare, si erano verificate numerose irregolarità, soprattutto nel periodo tra il 1970 e il 1999.

Jans si basava sul parere espresso da un gruppo di esperti. Quest’ultimo aveva sostenuto che una profonda revisione legislativa avrebbe rappresentato un impegno notevole, non proporzionale al numero di richieste di adozioni internazionali, che è nettamente in calo negli ultimi anni (circa 30 l’anno oggi, mentre in passato ammontavano a diverse centinaia). Inoltre, nemmeno una radicale e profonda revisione legislativa sarebbe in grado di garantire una legalità assoluta. Gli esperti erano quindi giunti alla conclusione che la rinuncia definitiva fosse l’alternativa più efficace. Oltre a facilitare il controllo della legalità, essa tutelerebbe nel migliore dei modi i bambini.

L’omologa commissione degli Stati propone ora di modificare la mozione del Nazionale integrandovi gli scenari delineati dal gruppo di esperti, nel quale si prefigura un ventaglio di soluzioni che si estende dal divieto delle adozioni internazionali a una riforma del sistema.

Nella mozione si chiede inoltre di tenere conto delle reazioni – perlopiù negative, specie provenienti dalla società civile – suscitate dalla decisione governativa e della volontà espressa dal Consiglio nazionale.

Il progetto preliminare di legge dovrà, nelle intenzioni della commissione degli Stati, indicare le opzioni di cui si dispone per migliorare l’accesso alle informazioni sulle origini e l’assistenza alle persone impegnate nelle relative ricerche.

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