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Identità digitale, l’approccio unico della Svizzera

una donna con un laptop acceso su un tavolo di un ristorante
Grazie alla loro carta d’identità elettronica munita di chip, le cittadine e i cittadini estoni possono accedere a numerosi servizi, ad esempio alla propria cartella medica. Fabian Weiss / Laif

Molti Paesi puntano sull’identità digitale per modernizzare i propri servizi pubblici. La sua implementazione solleva però interrogativi sulla governance e sulla sicurezza. In Svizzera, l’approccio resta cauto, lontano ad esempio dal modello estone, dove l’e-ID è obbligatoria.

“Ho usato la mia e-ID per registrare il mio matrimonio, la nascita di mio figlio e anche per richiedere un passaporto per lui. Mi permette inoltre di partecipare alle elezioni estoni in cinque minuti”, racconta Marili Milt, cittadina estone che vive in Brasile da dieci anni. 

La donna, responsabile dello sviluppo commerciale per un’azienda americana, apprezza il fatto di poter svolgere la maggior parte delle pratiche amministrative online. “Questo semplifica enormemente i miei rapporti con l’amministrazione estone”, afferma. 

Tuttavia, alcune procedure restano impossibili da effettuare a distanza. “Per ottenere un certificato di capacità matrimoniale ho dovuto fare una procura a mia nonna affinché ritirasse il modulo in Estonia e me lo spedisse”, spiega Marili Milt. 

Marili Milt
Marili Milt è estone e vive in Brasile da dieci anni. ldd

Ogni sei anni, cittadine e cittadini estoni devono anche presentarsi di persona per fornire le proprie impronte digitali al fine di rinnovare i documenti. 
“Poiché non c’è né un’ambasciata né un consolato vicino a casa mia, devo recarmi in Europa per farlo”, precisa Marili Milt. 

Campionessa della digitalizzazione 

L’Estonia è spesso considerata la campionessa europea della digitalizzazione. Occupa il secondo posto nell’ultimo Barometro dell’amministrazione digitaleCollegamento esterno pubblicato dalla Commissione Europea, subito dopo Malta. 

Il Paese non esita a mettere in risalto i propri successi. A Tallinn, il centro informativo e-Estonia funge da vetrina tecnologica. Situato a pochi passi dall’aeroporto della capitale, accoglie regolarmente delegazioni da tutto il mondo venute a ispirarsi al modello estone. 

È da lì che Johanna-Kadri Kuusk, consulente per la trasformazione digitale, ci spiega che la digitalizzazione è al centro del progetto nazionale fin dall’indipendenza dell’Estonia nel 1991, dopo il crollo dell’Unione sovietica. “Era il caos. Bisognava ricostruire tutto, compreso il quadro legislativo. Abbiamo scelto di puntare sul digitale per colmare il nostro ritardo rispetto all’Occidente”, racconta. 

La e-ID, la carta d’identità digitale, è stata introdotta nel 2002 e resa obbligatoria. Per Johanna-Kadri Kuusk, questa decisione è stata determinante: “Ci ha permesso di garantire un alto tasso di adozione ed evitare che i cittadini si rivolgessero a soluzioni private”.

La tempistica non è stata casuale. “Era l’anno in cui scadevano i primi passaporti rilasciati dopo l’indipendenza. Abbiamo approfittato di quel momento, in cui le persone dovevano comunque rinnovare i documenti, per proporre una versione moderna”, spiega. 

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Moderato da: Katy Romy

Il Paese in cui vivete offre una e-ID? Quali sono i vantaggi di questo strumento digitale o quali timori suscita?

Condividete le vostre esperienze: il Paese in cui vivete ha già introdotto un’e-ID? Questo strumento vi rende la vita più facile?

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Raschietto per il ghiaccio o strumento digitale? 

Concretamente, le autorità hanno consegnato alla popolazione una carta d’identità elettronica munita di un chip. Questa consente loro di dimostrare la propria identità online, votare, firmare documenti e consultare le proprie cartelle mediche. 

In aggiunta, due strumenti digitali permettono di identificarsi direttamente tramite smartphone: la Mobile-ID, integrata nella carta SIM, e la Smart-ID, un’applicazione indipendente che non richiede alcun abbonamento mobile. 

La sfida è stata convincere la popolazione dell’utilità dello strumento. “All’inizio, la gente diceva che serviva soprattutto a raschiare il ghiaccio dal parabrezza dell’auto”, ricorda divertita Johanna-Kadri Kuusk. Ci sono voluti cinque o sei anni per persuadere la popolazione. 

“Lo Stato ha collaborato fin dall’inizio con il settore privato, in particolare con le banche, per dimostrare l’utilità della e-ID”, osserva la specialista. Hanno poi fatto seguito i primi servizi più importanti: voto elettronico dal 2005, cartella medica digitale tre anni dopo e poi le prescrizioni elettroniche. Oggi, il 98% dei servizi è fruito in modo digitale, secondo Johanna-Kadri Kuusk. 

La sfida digitale in età anziana 

La digitalizzazione della società estone non è però un’esperienza positiva per tutti. Marili Milt cita il caso di sua nonna, con cui mantiene un contatto stretto nonostante la distanza. “A 79 anni, ha molte difficoltà con la tecnologia. Ha bisogno di aiuto per usare il computer o il telefono”.

“Una democrazia funzionante è quindi una condizione essenziale per un’e-ID sicura.”

Annett Laube, Scuola universitaria professionale bernese 

Per aiutare le persone in difficoltà, il Governo estone propone corsi introduttivi al digitale. Johanna-Kadri Kuusk ricorda che tutte le pratiche amministrative possono essere svolte anche di persona. Sottolinea inoltre il ruolo centrale delle biblioteche pubbliche, che per legge devono offrire accesso all’informazione. “Sono dotate di computer e connessione Internet, e il personale è formato per aiutare gli utenti. Le persone anziane possono recarsi lì per ricevere assistenza”.

Nonostante questi sforzi, alcune persone restano escluse, osserva Marili Milt. “Alcuni anziani avrebbero bisogno di un accompagnamento individuale. Mia nonna ha trovato qualcuno che va a casa sua per aiutarla, ma non tutti hanno questa fortuna”.

La e-ID, un tassello della digitalizzazione 

A differenza dell’Estonia, la Svizzera si trova in fondo alla classifica del Barometro dell’amministrazione digitale: è 31ª su 37 Paesi. 

mappa dell'europa che mostra l'indice di performance digitale delle amministrazioni dei paesi
Swissinfo

Annett Laube, professoressa di informatica presso la Scuola universitaria professionale bernese, ha seguito la nascita del progetto di identità elettronica svizzera con il suo gruppo di ricerca. Relativizza la classifica internazionale. “I Paesi senza e-ID sono automaticamente penalizzati. Le soluzioni cantonali come BE-Login a Berna o Züri-Login a Zurigo non vengono prese in considerazione, il che distorce la percezione”.

L’esperta ritiene che la Svizzera sia sulla buona strada in materia di digitalizzazione. Sostiene una trasformazione digitale centrata sui bisogni umani, piuttosto che sulla tecnologia: “Non basta convertire un modulo cartaceo in un documento PDF. I processi devono essere realmente ripensati”.

Da questo punto di vista, l’e-ID è secondo lei solo un piccolo tassello del puzzle. “Favorisce la digitalizzazione, ma la sua assenza non è un ostacolo”, afferma. 

La particolarità dell’approccio svizzero 

Resta il fatto che più della metà dei paesi dell’OCSECollegamento esterno (18 su 33) offre un accesso generalizzato ai servizi pubblici grazie a un’identità digitale. In altri nove Stati, questo accesso è parziale. 

Annett Laube
Annett Laube è professoressa di informatica alla Scuola universitaria professionale bernese ldd

I sistemi variano notevolmente da un Paese all’altro. “La maggior parte consente di accedere ai servizi amministrativi, firmare documenti online o identificarsi tramite un’applicazione mobile”, spiega Annett Laube. 

La Svizzera ha invece scelto un approccio nuovo, che non esiste in nessun altro luogo, osserva. “L’e-ID non gestirà nessuna di queste funzioni. Sostituirà semplicemente la carta plastificata e servirà a dimostrare la propria identità, ad esempio per iscriversi a servizi digitali”.

Questa identità digitale non sarà riconosciuta immediatamente dall’Unione Europea. “Un trattato dovrà essere concluso con Bruxelles una volta che la legge entrerà in vigore”, precisa la specialista. Se il popolo elvetico accetterà il progetto in votazione federale il prossimo 28 settembre, l’e-ID svizzera dovrebbe essere disponibile a partire dall’estate 2026. 

La sfida sarà poi convincere della sua utilità, secondo Annett Laube. “Pensate a quante volte usate la vostra carta d’identità! Non è così frequente. Probabilmente sarà lo stesso per l’e-ID”, osserva. 

La democrazia come condizione 

Un’e-ID obbligatoria, come quella in vigore in Estonia, permette di raggiungere alti tassi di utilizzo. Ma questo modello non può essere applicato ovunque, ritiene Annett Laube. “Non è applicabile in Svizzera né in molti altri Paesi europei”.

La professoressa di informatica sottolinea che il carattere obbligatorio dell’e-ID può comportare dei rischi. “In una democrazia con un sistema giuridico solido, come la Svizzera, questo di solito non è un problema. Ma i sistemi politici possono evolvere, e un sistema di e-ID potrebbe essere sfruttato per la sorveglianza o la valutazione sociale, come in Cina”.

Per limitare i rischi di tracciamento e profilazione, Annett Laube sostiene che si possono adottare diversi principi tecnici: minimizzazione dei dati, divulgazione selettiva e utilizzo di codici monouso. Tuttavia, ricorda, non esiste alcuna soluzione digitale che non lasci tracce. “Una democrazia funzionante è quindi una condizione essenziale per un’e-ID sicura”, sottolinea. 

>> Il nostro articolo esplicativo sulla votazione del 28 settembre relativo alla legge svizzera sull’e-ID:

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Articolo a cura di Samuel Jaberg 

Traduzione con il supporto dell’IA/lj 

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