Il Giappone valuta alternative al gas russo
Di fronte alle crescenti pressioni statunitensi per ridurre la dipendenza energetica dalla Russia, le utility giapponesi valutano con urgenza piani alternativi per sostituire le forniture di gas naturale liquefatto del progetto Sakhalin-2, a nord dell'arcipelago.
(Keystone-ATS) Nonostante l’interesse strategico per nuove fonti – tra cui il controverso piano da 44 miliardi di dollari in Alaska – tuttavia, restano forti dubbi sulla sostenibilità economica di tali accordi, fortemente voluti dal Paese alleato.
Nel fine settimana, JERA e Tohoku Electric Power – che insieme importano circa il 9% del gas naturale liquefatto (GNL) nazionale da Sakhalin-2, hanno confermato la capacità di reperire volumi sostitutivi sul mercato spot o da altri fornitori in caso di interruzione, pur sottolineando l’importanza di preservare i contratti a lungo termine esistenti.
La scorsa settimana, durante il primo faccia a faccia a Tokyo, la premier giapponese Sanae Takaichi ha avvertito il presidente Donald Trump che un divieto totale sul GNL russo rischierebbe di alzare le bollette elettriche, in un momento delicato per la stabilità politica, ordinando le autorità di attivare le scorte di emergenza e rafforzare la sicurezza energetica.
In un articolo il giornale Asahi Shimbun fa notare come da parte loro gli USA puntino su un ruolo sempre più attivo del Giappone nel mercato del gas, promuovendo con forza il progetto Alaska LNG: un impianto da 20 milioni di tonnellate annue, pensato per rifornire l’Asia. Il costo stimato di 44 miliardi di dollari, inclusi 1’300 km di gasdotto, tuttavia, solleva ampio scetticismo.
“Il prezzo finale resta ancora un’incognita”, ha ammesso Takayoshi Enomoto di Tohoku, mentre l’Associazione giapponese del gas nota che progetti comparabili costano meno della metà. Anche Tokyo Gas e Mitsubishi, sebbene siano storici partner dell’Alaska – da cui sono arrivate le prime importazioni giapponesi di GNL nel 1969, procedono con cautela, privilegiando iniziative più mature come LNG Canada.
Nel 2024 il GNL proveniente dalla Russia ha rappresentato circa l’8,6% delle importazioni totali giapponesi del combustibile, utilizzato principalmente per la produzione termoelettrica e la distribuzione di gas nelle aree metropolitane. Una possibile uscita da Sakhalin, secondo gli osservatori, potrebbe favorire l’ingresso di capitali cinesi nei progetti, con forniture considerate più a buon mercato e maggiormente sostenibili a livello ambientale rispetto al più costoso GNL americano. Alla fine, dicono gli analisti, la competitività del GNL dall’Alaska dipenderà dalla sua capacità di offrire prezzi allineati a quelli dei progetti statunitensi del Golfo del Messico. Per Tokyo, dunque, l’equazione è chiara: una diversificazione strategica, ma non a qualsiasi costo.