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Immersione in “La leggerezza sommersa” del regista Fulvio Mariani

Keystone-SDA

Nel documentario "La leggerezza sommersa", il regista ticinese Fulvio Mariani segue Claudio Gazzaroli nelle sue avventure subacquee attorno al mondo. Un viaggio nell'ignoto, alla scoperta della libertà sott'acqua. Keystone-ATS ha intervistato il regista.

(Keystone-ATS) Il documentario si apre a due passi da casa, sulle montagne del Ticino. Claudio Gazzaroli, originario di Golino, si immerge in un laghetto con macchine fotografiche e telecamere per catturare momenti sospesi.

Sott’acqua assieme a lui c’è il regista Fulvio Mariani che lo filma. Con loro scopriamo un mondo nascosto, misterioso, ignoto ai più. Piccoli esserini acquatici, come i tritoni, che grazie ai potenti obiettivi di Gazzaroli ci vengono offerti in grandezze che permettono di vederne dettagli e colori.

“Questo film è nato dal desiderio di seguire la traiettoria del suo sguardo, che non si limita a contemplare ma che cerca, si lascia sorprendere”, spiega Mariani nell’intervista a Keystone-ATS a proposito di Gazzaroli, suo carissimo amico con il quale ha già collaborato più volte. Nel 2022, nel pieno delle riprese, Mariani ha ricominciato ad immergersi per filmare Gazzaroli sott’acqua.

Attraverso le immagini intraprendiamo un viaggio dalle Alpi al mare: lungo il percorso l’appassionato subacqueo “inizia a scontrarsi non più solo con la natura ma anche con gli esseri umani”, indica il regista.

Mondi onirici sott’acqua

A Gazzaroli, che di professione è idraulico, l’essere sott’acqua procura un senso di sicurezza e di libertà, afferma nel documentario. Ama in particolare immergersi nei laghetti ghiacciati e nuotare sotto lo strato di ghiaccio. A questo proposito, Mariani sottolinea che “ci sono voluti due anni per girare le immagini sotto i ghiacci, perché il primo anno non c’era neve”.

“Da sempre volevo fare qualcosa di più profondo, di più intenso sulla sua passione per l’immagine subacquea”, dice. Sott’acqua è anche il luogo nel quale Gazzaroli si trova a tu per tu con chi non c’è più. Guardando il film ciò non pare un caso: le riprese subacquee mostrano mondi isolati, dalla bellezza onirica e suggestiva, luoghi intimi. Una dimensione nella quale tutto è possibile e leggero, da cui il titolo della pellicola “La leggerezza sommersa”.

La leggerezza e anche la parte più mistica di questo percorso sottomarino è dettata dalle danze in apnea della ballerina cilena Rose Molina Barrios che i due registi subacquei hanno filmato nei cenote (grotte di acqua dolce, ndr.) dello Yucatán, in Messico.

Le pescatrici di Jeju

Il capitolo sulle pescatrici di Jeju, isola della Corea del Sud, meriterebbe un documentario a sé stante, talmente la loro pratica è interessante e unica. “È stato un bellissimo lavoro di ricerca comune”, dice Mariani. A differenza di Gazzaroli, che si immerge per piacere, la comunità matriarcale delle Haenyo, composta soprattutto di donne molto anziane, lo fa per sopravvivere: in apnea, senza bombole, né attrezzature tecnologiche. Queste donne “si immergono libere da ogni peso, il che andava a braccetto con l’idea del titolo”, spiega il regista.

Con “una maschera che sembra un acquario”, come viene fatto notare nel film, si tuffano in mare per andare a cercare molluschi che cucinano poi al ristorante che gestiscono a turno.

Gazzaroli le segue sott’acqua, accompagnandole nella loro pesca sui fondali. “Quella delle Haenyo era una storia che stava molto a cuore a Claudio”, precisa il regista. Viene messo in avanti anche il lato umano, nonostante la barriera linguistica. “Riuscire a farci accettare da queste signore e seguirle sott’acqua non è stato proprio evidente”.

Musica maestosa

La colonna sonora della pellicola sublima le immagini, già molto forti: a tratti maestosa, accompagna le immagini dei banchi di pesci marini, passando dai rospi nello stagno e dal reticolato delle uova.

La musica è stata composta dal figlio del regista, Nicolò Mariani, il cui nome d’arte è Nic Gyalson, che è musicista professionista. “Lavoro con Nicolò da molti anni, si trattava di dare un valore a tutte le immagini attraverso la musica. Soprattutto perché sott’acqua di suoni ce ne sono ben pochi e sono sempre gli stessi”, spiega. Alla musica ha collaborato anche Davide Botta.

“Senza questo lavoro musicale il film non avrebbe avuto lo stesso valore”, aggiunge il regista. Anche per la maestosità della musica, il documentario è fatto per essere visto sul grande schermo.

Sfide tecniche

Mariani documenta il mondo naturale ormai da quarant’anni con la sua casa di produzione Iceberg-Film e non è la prima volta che si imbatte in riprese subacquee. Ha realizzato diversi documentari, molti dei quali legati alla montagna e all’alpinismo sull’Himalaya e in Patagonia, come “L’anno nero del serpente” (1990). Da una quindicina d’anni produce la trasmissione della RSI “Sottosopra”, con la quale Gazzaroli ha più volte collaborato. “Oltre a essere una persona sensibile è un grande cameraman, un naturalista”, dice di lui.

Gli chiediamo quali siano le sfide del filmare sott’acqua piuttosto che sulla terraferma. “Bisogna imparare a gestire sia l’aspetto tecnico dell’immersione che quello delle riprese”, spiega Mariani. “Non è così evidente, bisogna essere attrezzati, avere delle luci, essere consapevoli che siamo in un mondo abbastanza buio e quindi per poter fare brillare le immagini c’è un grande lavoro tecnico dietro”, aggiunge.

Gran parte delle riprese sono state girate tra il 2022 e il 2024. “Ci sono voluti circa 5 anni per fare questo documentario, un bell’impegno”, afferma.

Il film, già uscito nelle sale della Svizzera romanda a settembre, è stato presentato in anteprima in Ticino ieri sera al Lux di Massagno e verrà presentato questa sera al Palacinema di Locarno, giorno che coincide con l’uscita nelle sale, in presenza sia di Mariani sia di Gazzaroli.

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