Investimenti: svizzeri divisi, gioco d’azzardo per ricchi o chance?
Conoscenza finanziaria, patrimonio e influenze familiari sono i tre pilastri che determinano la propensione degli svizzeri a investire.
(Keystone-ATS) A fotografare un paese diviso tra chi vede negli investimenti un’opportunità e chi li considera un gioco d’azzardo per ricchi è un sondaggio rappresentativo di Raiffeisen, condotto su oltre 1500 persone.
Dall’indagine emerge un divario netto tra investitori e non, alimentato da quelli che l’istituto reputa essere pregiudizi radicati e da una preparazione finanziaria spesso lasciata all’iniziativa personale. Si parte dalla constatazione che circa due terzi degli intervistati dichiara di investire, e proprio questo gruppo si considera “nettamente più preparato” in materia finanziaria.
Uno degli ostacoli principali all’ingresso nel mondo degli investimenti è la percezione che sia un’attività riservata a pochi. Un intervistato su cinque crede che investire sia “una pratica riservata esclusivamente ai ricchi”. Inoltre, circa la metà della popolazione associa la borsa a un “casinò” o teme perdite sicure in periodi di crisi.
Questa diffidenza si riflette anche sulla disponibilità a iniziare con piccole somme: il 79% di chi già investe è convinto che valga la pena farlo anche con importi esigui, una convinzione che crolla al 39% tra chi non investe. Ma persino tra gli investitori, la fiducia nei mercati finanziari non è scontata: solo il 37% afferma di averne.
“Investire non è così complicato come sembra”, commenta Tashi Gumbatshang, responsabile del centro di competenze consulenza patrimoniale e previdenziale di Raiffeisen. “Esistono soluzioni che non richiedono né grandi conoscenze né un capitale iniziale elevato. Chi va oltre i preconcetti e persegue un progetto chiaro può trarne un profitto nel lungo periodo”.
Il sondaggio evidenzia una carenza formativa che inizia tra i banchi scolastici. Solo il 25% degli intervistati ha appreso nozioni finanziarie a scuola e la maggioranza ritiene che l’istituzione scolastica dovrebbe rivolgere maggiore attenzione al tema. Di conseguenza il 77% delle persone ha acquisito le proprie conoscenze in modo autonomo.
Il ruolo di “maestri di finanza” è quindi ricoperto in massima parte dai genitori. Il 70% degli intervistati cita mamma e papà come modelli principali nella gestione del denaro. Lo strumento educativo per eccellenza rimane la paghetta, utilizzata dall’87% dei genitori per insegnare ai figli a gestire il denaro.
Questa trasmissione familiare delle competenze ha un impatto diretto sulle generazioni future. Chi investe tende a sottoscrivere più frequentemente prodotti finanziari anche per i propri figli. Se il conto di risparmio gioventù è diffuso in entrambi i gruppi (63% tra gli investitori, 54% tra i non), il divario è abissale per prodotti di investimento veri e propri: il 12% degli investitori ha un piano di risparmio in fondi per i figli, una scelta che tra i non investitori non compie nessuno.
“I bambini imparano per imitazione”, spiega Gumbatshang. “Chi, tramite i propri genitori, entra presto in contatto con gli investimenti, tende in seguito a investire in autonomia. L’estratto di deposito annuale rappresenta una buona occasione per parlare di investimenti con i propri figli e spiegarne il funzionamento”.
Nonostante le carenze percepite, c’è ottimismo per il futuro: il 76% dei genitori è convinto che i propri figli abbiano oggi maggiori opportunità di acquisire conoscenze finanziarie di quante ne avessero loro.
Il sondaggio è stato condotto da Raiffeisen tramite un approccio online nel mese di luglio su un campione di 1500 persone residenti in Svizzera di età compresa tra i 16 e i 79 anni, rappresentativo per età, genere e regione linguistica. Come in tutti i sondaggi online, è comunque presente una distorsione verso un livello d’istruzione più elevato e un’attività online più intensa, mette in guardia la banca. In particolare, si presume che il livello d’istruzione più elevato risulti in valori più alti alle voci reddito e patrimonio.