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2002: L’anno dello sciopero

Per un giorno bandiere, e non pale, tra le mani dei lavoratori Keystone

Il quattro novembre 2002 passerà alla storia come il giorno in cui il settore dell'edilizia si è fermato mettendo fine a più di mezzo secolo di pace del lavoro.

Lo sciopero? “Un successo” per i sindacati, “molto rumore per nulla” secondo altri.

Cos’è la Svizzera? Il patto del Rütli, la mela di Guglielmo Tell, la neutralità e… la pace del lavoro. Sì, tra i miti che costituiscono l’immagine della Confederazione c’è anche la pace del lavoro, il punto centrale dell’accordo firmato nel 1937 dai sindacati e dal padronato dell’industria metallurgica svizzera.

“Per gli svizzeri lo sciopero è una cosa brutta e cattiva che si fa negli altri paesi, che fanno quei disordinati degli italiani”, spiega a swissinfo Guglielmo Grossi, sindacalista del SEI (sindacato per l’edilizia e l’industria).

In effetti, per quasi settant’anni le parti in causa si sono sedute a tavolino, hanno discusso di contratti collettivi di lavoro e hanno cercato il modo di far convergere le loro divergenze d’opinione. Niente scioperi dunque, o perlomeno non di portata nazionale.

In novembre il SEI ha detto basta e ha indotto uno sciopero generale. 15’000 operai hanno incrociato le braccia per protestare contro la SSIC (società svizzera degli impresari costruttori), decisa a non concedere il pensionamento anticipato.

Il pomo della discordia

Chi lavora sui cantieri svolge un’attività logorante e quando arriva all’età della pensione ha molti anni di contributi alle spalle e pochi anni di vita davanti a sé.
Una constatazione questa che ha spinto i sindacati a chiedere un abbassamento dell’età pensionabile da 65 a 60 anni.

“Sono dieci anni che lottiamo per abbassare l’età della pensione”, dice Grossi “e da dieci anni i padroni allontanavano il tema dal tavolo delle trattative. Quando finalmente pensavamo di aver raggiunto un accordo loro si sono ritirati”.

Il padronato, infatti, dopo aver firmato un accordo di massima in primavera, si è rimangiato la parola sostenendo che in un momento di crisi economica come quello attuale, il progetto dei sindacati non era finanziabile.

Alle dichiarazioni della SSIC i lavoratori, mobilitati da SEI e Syna, hanno risposto scendendo in piazza. Molti tra i cantieri più importanti della Svizzera si sono fermati e luoghi ritenuti simbolici, come il ponte del “Mont Blanc” a Ginevra o il tunnel del Baregg in Argovia, si sono riempiti di bandiere e striscioni inneggianti alla causa.

Un successo che viene da lontano

Pochi giorni dopo lo sciopero, il 12 novembre, il padronato ha capitolato e i lavoratori hanno ottenuto il diritto al pensionamento anticipato. Dal primo luglio 2003 i 63enni e i 64enni potranno chiedere la pensione. L’età sarà poi ridotta a tappe e dal primo gennaio 2006 sarà portata a 60 anni. Fino al 2011 il finanziamento sarà assicurato nella misura del 4,66% dai datori di lavoro e per l’1% dai dipendenti.

A chi dice chev vista la tradizione svizzera, un accordo si sarebbe raggiunto comunque, anche senza sciopero, Guglielmo Grossi risponde deciso: “Negli anni della guerra ai lavoratori svizzeri si è detto ‘pensate a produrre, bisogna difendere il paese e non è tempo di avere degli screzi all’interno’. Questo atteggiamento, allora giustificato, è diventato poi un’abitudine sfociata nella demonizzazione dello sciopero.”

“Quando finalmente siamo riusciti a sconfiggere paure e pregiudizi e a convincere i lavoratori a scioperare, abbiamo ottenuto addirittura più di quello che avevamo concordato inizialmente. E questo in barba a tutti quelli che dicevano che lo sciopero non serve.”

Ridare dignità al lavoratore

Lo sciopero non è servito solo ad ottenere il prepensionamento. Marciare uniti nelle strade ha contribuito a cementare i rapporti di solidarietà tra i vari lavoratori. A chi proveniva da una realtà in cui lo sciopero era un fatto acquisito – come spagnoli, francesi e italiani – si è unito anche chi non aveva alle spalle una tradizione sindacale.

Per i sindacati lo sciopero è stato un successo. “Ora che sappiamo che funziona, è un’arma in più a nostra disposizione per aiutare i lavoratori ad alzare la testa”, dice Grossi.

Ai – per la verità pochi – licenziamenti che hanno seguito lo sciopero, il sindacato intende rispondere con un’azione legale. Intanto la speranza è che l’esempio dei lavoratori edili si estenda anche ad altri settori.

Qualcosa si è già mosso. Grazie alla minaccia dello sciopero, i dipendenti della Posta sono riusciti a far tornare sui suoi passi il gigante giallo. Il progetto REMA che prevedeva il taglio di 2500 posti di lavoro è stato cestinato e i sindacati sono chiamati a collaborare alla ricerca di una nuova soluzione.

Un quattro novembre storico? Sì, almeno per la lotta sindacale, almeno per quei lavoratori che Grossi ha visto “molto diversi, più sereni, più sicuri di sé, meno acciaccati e meno depressi di quando stanno sui cantieri”.

Doris Lucini, swissinfo

Il 4 novembre, dopo più di cinquant’anni di pace del lavoro, i sindacati del settore edile hanno indetto uno sciopero nazionale. In ballo c’era il diritto al pensionamento flessibile.

Con questo sciopero, di portata storica per la Svizzera, i sindacati hanno ottenuto dal padronato l’abbassamento dell’età pensionabile a 60 anni. Scendere in piazza insieme ha inoltre contribuito ad aumentare la solidarietà tra i lavoratori e a ridare loro fiducia in sé stessi.

4 novembre 2002: il primo sciopero generale della storia svizzera dopo quello represso dalle forze armate nel 1918
Altri scioperi a carattere locale, soprattutto negli anni del secondo dopoguerra, ma poi la pace del lavoro diventa la regola e scioperare un’eccezione malvista
15’000 i lavoratori mobilitati da SEI e Syna
Più di un centinaio i cantieri totalmente bloccati
12 novembre 2002: il padronato firma l’accordo che sancisce il diritto al pensionamento anticipato a 60 anni per gli operai del settore edile

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