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Netanyahu insiste sulle salme, “Rafah resta chiuso”

Keystone-SDA

Hamas restituisce i corpi degli ostaggi uccisi alla spicciolata, ma a Israele non basta per sbloccare lo stallo sull'accordo di cessate il fuoco. Lo Stato ebraico è deciso a non fare ulteriori passi nell'intesa finché non saranno tutti tornati a casa.

(Keystone-ATS) Tanto che il premier Benyamin Netanyahu ha chiarito che l’apertura del valico di Rafah, fondamentale per l’ingresso degli aiuti umanitari nella Striscia, “sarà valutata in base alle modalità con cui Hamas svolgerà il suo ruolo nel ritorno degli ostaggi deceduti e nell’attuazione del quadro concordato”. Nel frattempo, “non verrà riaperto fino a nuovo avviso”.

La precisazione è giunta solo pochi minuti dopo che l’ambasciata di Palestina in Egitto aveva annunciato per lunedì la riapertura del valico ai palestinesi che intendono rientrare nell’enclave. Il ministro degli Esteri israeliano Gideon Sa’ar aveva suggerito nei giorni scorsi una possibile riapertura di Rafah agli aiuti umanitari per domenica: l’accordo tra Hamas e Israele prevede infatti che tutti i valichi di Gaza vengano riaperti per far arrivare cibo, medicine e altre forniture in quantità sufficienti a risollevare la drammatica crisi umanitaria causata da oltre due anni di guerra. Ma lo Stato ebraico non vuole cedere, accusando i miliziani di violare l’intesa per non aver ancora consegnato tutti i corpi degli ostaggi uccisi.

Dopo la restituzione del 75enne Eliyahu “Churchill” Margalit venerdì sera, i miliziani hanno annunciato il rimpatrio di altre due salme. Ma ne mancano ancora 16 all’appello, invocati a gran voce dai manifestanti e dalle famiglie nell’ennesimo sabato di proteste di piazza in Israele. Da parte sua, Hamas ha più volte sottolineato le difficoltà nel recuperare i cadaveri dovute alla distruzione di Gaza, un compito nel quale saranno aiutati da una squadra di esperti turchi. E ha a sua volta accusato Israele di non rispettare l’intesa continuando ad attaccare: la protezione civile della Striscia ha affermato di aver recuperato nove corpi tra gli undici palestinesi uccisi da un attacco dell’IDF a un bus a Zeitoun, a Gaza City: quattro erano bambini, altri due sono dispersi. L’esercito israeliano ha dichiarato che il veicolo stava attraversando la cosiddetta “linea gialla” che delimita le aree ancora sotto il suo controllo.

Il nodo dei corpi degli ostaggi ha di fatto messo in pausa il percorso delineato dal piano di Donald Trump, che non riesce a passare alla fase due auspicata da Washington: oltre a Steve Witkoff, anche il vicepresidente JD Vance è atteso lunedì in Israele, secondo Channel 12, per verificare l’avanzamento del piano. E fa traballare la tenuta della tregua.

Una tregua minacciata anche dalle ultime dichiarazioni dell’ufficio politico di Hamas, che sembrano suggerire un dietrofront su alcuni punti chiave dell’intesa: secondo Mohammed Nazzal, dirigente dell’ufficio politico di stanza a Doha intervistato da Reuters online, i miliziani intendono mantenere il controllo della sicurezza a Gaza per un periodo ad interim, e che per ora non possono quindi impegnarsi a disarmarsi. “Il progetto di disarmo cosa significa? A chi verranno consegnate le armi?”, si è chiesto Nazzal.

Nei giorni scorsi Donald Trump era stato chiaro nel dire che il disarmo resta un elemento chiave dell’accordo con Israele. E dopo le parole del dirigente di Hamas, l’ufficio di Netanyahu ha chiarito che i miliziani devono disarmare “senza se e senza ma”, sottolineando che “il tempo sta per scadere”.

Dopo aver giustificato le esecuzioni documentate nei giorni scorsi compiute da Hamas nella Striscia come “misure eccezionali”, il dirigente ha sottolineato che “questa è una fase di transizione. Dal punto di vista civile, ci sarà un’amministrazione tecnocratica. Sul campo, Hamas sarà presente”, ha chiarito, suggerendo che dopo la fase di transizione, dovrebbero esserci elezioni nell’enclave. Altro tema che Nazzal ha messo in discussione è quello della forza internazionale di stabilizzazione per Gaza. Secondo il dirigente, i mediatori non ne hanno discusso con il gruppo. Ma la proposta è contenuta nel piano di Trump. Secondo il Guardian, che cita fonti diplomatiche, è in fase di preparazione una mozione del Consiglio di sicurezza ONU per dare alla forza di stabilizzazione ampi poteri per controllare la sicurezza della Striscia. E c’è “la forte aspettativa che sia l’Egitto a guidarla”, scrive il quotidiano britannico.

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