No a Svizzera da 10 milioni: imprenditori contrari a iniziativa UDC
L'iniziativa popolare dell'UDC "No a una Svizzera da 10 milioni! (Iniziativa per la sostenibilità)" è in contrasto con la carenza di manodopera e la realtà demografica che colpisce il Paese.
(Keystone-ATS) È l’avvertimento lanciato oggi da Marco Taddei, responsabile per la Romandia dell’Unione svizzera degli imprenditori (USI).
“Continuiamo a dipendere da un’immigrazione mirata proveniente dai Paesi dell’Unione europea (UE)”, ha messo in guardia Taddei nel corso di una conferenza online organizzata da asile.ch, piattaforma di informazione e documentazione sull’asilo, e nccr – on the move, il Polo di ricerca nazionale (PRN) su migrazione e mobilità.
Facendo riferimento a dati statistici, Taddei ha rilevato che dal 2018 il numero di persone che lasciano il mercato del lavoro è sempre superiore a quello di coloro che vi entrano. “Secondo i calcoli dell’USI, tra dieci anni mancheranno quasi 300’000 lavoratori attivi sul mercato del lavoro svizzero. È una cifra considerevole”, ha osservato, sostenendo che il problema ha una dimensione strutturale e non congiunturale.
Di fronte a questa situazione, l’USI intende migliorare l’integrazione dei lavoratori svizzeri, ma secondo Taddei ciò non è sufficiente perché “se anche tutte le donne, gli anziani e i giovani attivi sul mercato lavorassero a tempo pieno, non si riuscirebbe a colmare la carenza di personale”.
Il mercato del lavoro svizzero dipende principalmente dalla Germania, dall’Italia e dalla Francia. “L’immigrazione guidata dal mercato del lavoro deve rimanere possibile”, ha sottolineato Taddei, aggiungendo che la libera circolazione è fondamentale per il buon funzionamento dell’economia, in particolare in settori come la sanità o l’edilizia.
Uno dei timori dell’USI è che se l’iniziativa dovesse essere accettata alle urne, Berna rescinda proprio l’accordo sulla libera circolazione delle persone con l’UE. “Ciò avrebbe conseguenze disastrose, in particolare con il ritorno del detestato sistema dei contingenti e un aggravamento della carenza di manodopera”, ha proseguito. Gli iniziativisti non hanno un piano B, secondo Taddei, che ha ricordato come il pacchetto di accordi con l’UE consenta alla Svizzera di attivare una clausola di salvaguardia per limitare temporaneamente l’immigrazione.
Sul tema è intervenuto anche il demografo dell’Università di Ginevra Philippe Wanner, facendo notare che “dal 2050 la popolazione elvetica diminuirà ed entrerà in una fase di declino. Da quanto abbiamo potuto osservare in alcuni paesi dell’Europa orientale, si tratta di una situazione più difficile da gestire”.
Per quanto riguarda la migrazione, Wanner ha anche sottolineato che due terzi (64%) delle persone che arrivano in Svizzera sono altamente qualificate. Tra il 2020 e il 2024, la metà di loro aveva già un contratto di lavoro. “Si tratta di una popolazione molto ricercata dai datori di lavoro”, ha fatto notare, rilevando che non è certo che in futuro la Svizzera registrerà flussi migratori così importanti come quelli degli ultimi anni.
L’iniziativa dell’UDC chiede che la popolazione residente in modo permanente in Svizzera non superi il limite di dieci milioni entro il 2050. Non appena si superassero i 9,5 milioni di persone, dovrebbero essere adottate una serie di misure.
Il Consiglio federale è contrario al testo e non ha voluto presentare un controprogetto. Ha proposto invece di introdurre misure mirate di accompagnamento in materia di immigrazione nel mercato del lavoro, dell’alloggio e dell’asilo.
Il Consiglio nazionale e la Commissione delle istituzioni politiche del Consiglio degli Stati hanno respinto il testo. La Camera dei Cantoni si pronuncerà in merito durante la sessione invernale.