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Obbligo vaccino: esperta di etica, “si ha diritto a correre rischi”

Non si deve costringere le persone a vaccinarsi, sostiene la specialista. KEYSTONE/Ti-Press/PABLO GIANINAZZI sda-ats

(Keystone-ATS) Imporre un obbligo del vaccino vorrebbe dire per la Svizzera imboccare una via sbagliata: ne è convinta Nikola Biller-Andorno, professoressa di etica della medicina all’Università di Zurigo.

“La decisione di vaccinarsi è volontaria in Svizzera: non vorrei rinunciare a questo bene prezioso”, afferma la direttrice dell’istituto di etica biomedica e di storia della medicina (IBME) dell’ateneo in un’intervista pubblicata oggi dal portale Watson. “Non credo sia bene costringere la gente a immunizzarsi contro le proprie convinzioni. È importante che tutti possano proteggersi, specialmente coloro che sono particolarmente a rischio. Il resto dipende dalla responsabilità individuale. Tutti hanno il diritto di correre dei rischi per la salute”.

Ma cosa dire se così facendo si mettono in pericolo altri? “Chiunque lo voglia può proteggersi efficacemente con una vaccinazione. Perché dovremmo biasimare le persone che rinunciano a questa protezione? Se scopriremo che si sviluppano mutazioni pericolose anche per i vaccinati, allora dobbiamo riparlarne. Anche su una possibile vaccinazione obbligatoria. Ma al momento ci sono pochi indizi in tal senso”.

E se i posti all’ospedale dovessero tornare ad essere limitati, è giusto che vengano occupati da non vaccinati? “Trovo questa domanda molto immorale”, risponde l’intervistata. “Ci si potrebbe anche chiedere se una persona che pratica il parapendio e si schianta non debba essere semplicemente lasciata dove si trova, perché è stata colpa sua se stava volando. Naturalmente ognuno di noi ha diritto all’assistenza sanitaria”.

Secondo Biller-Andorno dagli studi si sa che la disponibilità del personale sanitario elvetico a farsi vaccinare non è scarsa: la percentuale di coloro che categoricamente si oppongono è limitata. “Inasprire il discorso e imporre qualcosa dall’alto porta a tensioni sociali. Ci guardiamo male a vicenda se qualcuno non indossa la mascherina correttamente. Oppure ci arrabbiamo se qualcuno non è vaccinato. Questo è pericoloso per il clima sociale e la coesione che è necessaria durante una crisi. Dovremmo anche pensare a lungo termine: meno restrittivi e autoritari diventiamo in questa pandemia, più possiamo contare sull’iniziativa individuale e la ragione, puntando sul convincere e sull’educare. A lungo termine, questo rafforza una società”.

“Continuo ad avere la speranza che le persone possano essere raggiunte attraverso un discorso razionale”, prosegue la specialista. “Che diventi chiaro come con la vaccinazione si guadagna più di quanto si rischi. Al più tardi in autunno suppongo che coloro che non si sono ancora immunizzati diranno: dopo tutto non voglio davvero prendere il Covid, forse la vaccinazione non è un’idea così cattiva”.

Stando a Biller-Andorno la percentuale di coloro che non vogliono essere vaccinati per motivi ideologici è relativamente ridotta: così piccola che non gioca un ruolo nel proteggere la popolazione dalla pandemia. “D’altra parte, ci sono ancora molti che non sono sicuri: e qui sono dell’opinione che il lavoro educativo non sia ancora esaurito. Sul sito internet dell’Ufficio federale della sanità pubblica vengono fornite sette ragioni per farsi vaccinare. Queste buone ragioni dovrebbero essere comunicate alla popolazione in modo molto più attivo e mirato”.

“Ciascuno deve soppesare i rischi e i benefici per se stesso, ma molto parla a favore dell’immunizzazione. Il vaccino è molto buono e soddisfa i nostri standard di sicurezza. Protegge dalla malattia e da un possibile decorso grave della malattia”. Certo dopo la puntura per un paio di giorni ci si può sentire non bene, ma questo è nettamente più piacevole e meno pericoloso che contrarre il Covid-19, sostiene l’esperta.

Biller-Andorno è invece contraria agli incentivi. “Se hai un buon prodotto non hai bisogno di forzare la gente a comprarlo: si sparge la voce che è buono e che è sicuro. Preferisco questa strategia all’incentivazione della vaccinazione. Perché tutti si renderebbero conto che è una sorta di pressione indiretta. E poi c’è un grande pericolo di polarizzare le posizioni: ci sono quelli che erano scettici fin dall’inizio e che si sentono confermati nella loro posizione. Questa dinamica è inutile e controproducente”.

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