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Razzismo “sistemico” all’interno della polizia di Losanna: un caso isolato?

tre persone
Il sindaco di Losanna Grégoire Junod (a sinistra), Pierre-Antoine Hildbrand, consigliere comunale di Losanna (al centro) e Olivier Botteron, comandante della polizia municipale (a destra) hanno mostrato la foto del poliziotto con il pollice alzato davanti al graffito in omaggio a Mike Ben Peter, durante una conferenza stampa il 25 agosto. Keystone / Gabriel Monnet

Per la prima volta, l’esistenza di un razzismo strutturale in un corpo di polizia svizzero è documentata pubblicamente. Ma la polizia di Losanna è un’eccezione?

I messaggi scambiati dai membri della polizia di Losanna coprono l’intera gamma dei discorsi d’odio: commenti razzisti, “battute” sessiste, commenti omofobi, apologia del nazismo o del Ku Klux Klan, fino alle prese in giro nei confronti delle persone con disabilità…

Se queste pubblicazioni sono emerse questa settimana, è grazie al lavoro meticoloso del Ministero pubblico.

Tutto è iniziato con una foto, nella quale si vede un agente della polizia municipale posare accanto a un graffito con la scritta “RIP Mike”. Questo tag rende omaggio a Mike Ben Peter, un uomo nero originario della Nigeria, morto nel 2018 durante un intervento violento della polizia. Nell’immagine, il poliziotto mostra il pollice alzato davanti al graffito.

poliziotto con pollice alzato
A far scattare le indagini è stata questa foto. RTS

Dopo la diffusione della foto da parte del programma Mise au PointCollegamento esterno della Radiotelevisione svizzera di lingua francese RTS, la procura ha aperto un’indagine. Ha sequestrato il cellulare del poliziotto e vi ha scoperto conversazioni interne.

Quasi 50 agenti coinvolti

Quarantotto poliziotti e poliziotte, che fanno parte o avevano fatto parte delle forze dell’ordine del capoluogo vodese, erano iscritti ai due gruppi whatsapp incriminati. Ovvero circa il 10% dell’organico totale, costituito da 500 agenti.

Il fatto che all’interno del corpo di polizia di Losanna regnasse una sottocultura problematica era un segreto di Pulcinella.

L’esperto di organizzazioni di polizia Frédéric Maillard ha elaborato per anni concetti di formazione per le forze dell’ordine. Martedì ha dichiarato alla RTSCollegamento esterno: “Dal 2005 denuncio gli abusi e il razzismo all’interno di questa polizia. Ma ci mancavano le prove”.

Frédéric Maillard accompagna ora la polizia di Losanna nel suo processo di trasformazione. L’attuale comandante ha infatti riconosciuto che nella città romanda esisteva una cultura indesiderabile. Ha adottato misure per porvi fine.

L’omertà tra pari

Lo specialista parla di una “minoranza attiva per oltre due decenni”. Tutti lo sapevano o lo sospettavano, racconta.

Eppure, nessun membro dei gruppi di discussione ha preso l’iniziativa di denunciare un collega. Una conseguenza dell’”omertà tra pari”, spiega Frédéric Maillard.

“Questi messaggi sono contrari a tutti i nostri valori; è estremamente scioccante”, ha dichiarato Olivier Botteron, comandante della polizia di Losanna. Queste immagini hanno provocato “orrore e sgomento”, ha riconosciuto da parte sua Pierre-Antoine Hildbrand, membro dell’esecutivo cittadino responsabile delle forze dell’ordine.

Quattro agenti sono già stati sospesi, e altre sospensioni dovrebbero seguire. Ma il Municipio ha fatto sapere di non voler solo punire. Per il sindaco Grégoire Junod, “esiste un problema di discriminazione sistemica da affrontare”. Si tratterà di avviare “una riforma profonda”.

Un razzismo sistemico che si percepisce sul campo?

Ma Losanna è un caso isolato o tutta la polizia svizzera è permeata da un razzismo strutturale? Per Frédéric Maillard, è possibile che anche altri corpi di polizia in Svizzera dovranno fare un esame di coscienza.

Soprattutto, questo razzismo sistemico si riflette nel lavoro degli agenti sul campo? Nei loro contatti con la popolazione?
A questa domanda, lo specialista Frédéric Maillard dà una risposta sfumata. Secondo lui, il nesso causa-effetto non è automatico.
“Alcuni poliziotti devianti all’interno si comportano in modo esemplare all’esterno”, sottolinea.

Tuttavia, dice, il profilaggio razziale sul campo esiste eccome, anche se “non necessariamente legato agli abusi scoperti all’interno”.

Chiamata anche “controllo basato sull’aspetto”, questa pratica delle forze dell’ordine consiste nel controllare persone non in base al loro comportamento individuale, ma a caratteristiche fisiche considerate estranee.

All’inizio del 2024, la Corte europea dei diritti umani ha condannato la Svizzera per un controllo della polizia municipale di Zurigo, giudicato contrario al divieto di discriminazione.

Il caso di Mohamed Wa Baile è eccezionale, perché ha potuto essere portato fino alla più alta istanza grazie al sostegno attivo di un comitato di solidarietà. Molte altre vittime non denunciano mai la loro esperienza, perché il sistema giudiziario appare loro troppo opprimente.

Un altro caso molto mediatico risale al 2009. All’epoca, Wilson A., un uomo dalla pelle scura affetto da una malattia cardiaca, era stato controllato su un tram zurighese e immobilizzato con brutalità.

Il caso ha mobilitato per anni le organizzazioni per la difesa dei diritti umani in Svizzera, oltre ai media. Nel 2024, il Tribunale superiore del Canton Zurigo ha concluso che quel controllo non costituiva un caso di profilaggio razziale.

“Il controllo basato sull’aspetto è razzismo strutturale”

Le associazioni per la difesa dei diritti umani come Amnesty InternationalCollegamento esterno e humanrights.chCollegamento esterno denunciano da anni la pratica del profilaggio razziale da parte della polizia in Svizzera. Anche la Commissione federale contro il razzismoCollegamento esterno (CFR), commissione indipendente composta da esperti ed esperte, ne parla nei suoi rapporti, con esempi concreti.

Critiche contro queste pratiche discriminatorie sono giunte inoltre da organismi internazionali, come la Commissione europea contro il razzismo e l’intolleranzaCollegamento esterno nel 2019 o da parte di esperti indipendenti dell’ONUCollegamento esterno nel 2022.

La Confederazione stessa ha ammesso per la prima volta nel 2023 che il razzismo strutturale è “una realtà” nel Paese. In un rapportoCollegamento esterno dettagliato, il Servizio di lotta contro il razzismo (SLR) indica che la polizia è uno dei settori in cui si manifesta. Sottolinea in particolare il problema dei “controlli di polizia discriminatori (delitti di aspetto o profilaggio razziale)”.

Secondo il rapporto, “il controllo basato sull’aspetto è razzismo strutturale in quanto combina rapporti di potere, stereotipi e pratiche abituali”. E non si tratta di un fenomeno marginale, aggiunge.

Manifestazioni a Losanna.
Manifestazioni a Losanna. Keystone / Valentin Flauraud

Sempre più casi di discriminazione razziale segnalati

La CFR raccoglie nei suoi rapporti gli incidenti segnalati presso una ventina di centri di consulenza per vittime di razzismo in tutta la Svizzera.

I numeri aumentano di anno in anno, il che può indicare che gli episodi vengono denunciati più frequentemente. Ma sono certamente ancora inferiori alla realtà, poiché non tutte le situazioni vengono segnalate.

Permettono comunque di farsi un’idea della natura dei casi di discriminazione razziale. Lo scorso annoCollegamento esterno, la CFR ha registrato oltre 1’200 casi (+40% in un anno), avvenuti per lo più all’interno di organizzazioni private.

Di questi, 116 – quasi uno su dieci – coinvolgevano le forze dell’ordine in senso lato; 76 riguardavano direttamente la polizia. Gli altri casi si riferivano alle dogane, al sistema giudiziario e carcerario.

Una sessantina di incidenti (5% di tutti i casi segnalati) erano legati al profilaggio razziale.

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Secondo altri dati forniti dall’Ufficio federale di statistica (UFS), le interazioni con la polizia sono il contesto citato dal 7% delle vittime che hanno vissuto discriminazioni razziali.

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Alcune comunità particolarmente colpite

Nella sua nota del 2019 sulla Svizzera, la Commissione europea contro il razzismo indicava che le accuse di abusi da parte della polizia riguardavano in particolare le “persone con uno stile di vita itinerante” come gli Jenisch e i Rom, nonché le persone nere.

Queste ultime sarebbero “specificamente prese di mira dai controlli di polizia, che spesso si traducono in arresti e perquisizioni corporee alla ricerca di droghe”.

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Nel 2022, anche gli esperti e le esperte dell’ONU si sono detti particolarmente preoccupati per il “trattamento delle persone afrodiscedenti da parte delle forze dell’ordine e del sistema giudiziario in Svizzera”.

Il Servizio di lotta contro il razzismo della Confederazione precisa che “il colore della pelle è il fattore determinante”: il profilaggio razziale colpirebbe anche “individui percepiti come asiatici o musulmani”.

Quali misure di prevenzione? La polizia non si esprime

Swissinfo ha cercato di sapere quali misure siano in vigore in materia di formazione, reclutamento e organizzazione per prevenire l’emergere di una sottocultura come quella osservata a Losanna.

A tale scopo, sono stati contattati diversi corpi di polizia, due direttori di scuole di polizia e la Conferenza dei comandanti delle polizie cantonali svizzere. All’indomani delle rivelazioni su Losanna, nessuno era però disposto a fornire informazioni in merito.

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Articolo a cura di Marc Leutenegger

Traduzione con il supporto dell’IA/mar

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