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«Lo Zimbabwe, paese arcobaleno dai colori distinti»

Ragazzi M-13 dell'accademia AYSA in allenamento. proxifoot.ch

Ad Harare ha fondato l’AYSA, un'accademia di calcio per bambini bisognosi e orfani di genitori morti di Aids. Oggi, a quasi 63 anni, questo ex calciatore ed allenatore del Lugano e del Losanna vuole tornare in patria con la famiglia. Dello Zimbabwe, dove è approdato 20 anni orsono, traccia un ritratto contrastato, tra economia allo sfacelo e progressi sociali in cammino. 

Incontriamo Marc Duvillard a Lugano al termine dell’assemblea annua dell’associazione Amici dell’AysaCollegamento esterno (Aces Youth Soccer Academy). In Ticino Marc è di casa, ci ha vissuto quando allenava l’FC Lugano. Sua moglie, Gaby, ex giornalista della Radiotelevisione svizzera (RSI), è ticinese. Con lei, nel 1995 si è istallato ad Harare.

«Quando ho pianificato il mio ritorno in Svizzera», ci racconta, «pensavo di potermi stabilire a Lugano, dove sembrava esserci una possibilità in seno al club di calcio, nel settore tecnico, ma come accade spesso in questo ambito, l’opportunità è scemata all’ultimo momento. Sto quindi cercando un nuovo lavoro in Svizzera, possibilmente nella formazione dei giovani calciatori, ed è a questa condizione che potrò rientrare definitivamente in patria», precisa.

AYSA

L’Aces Youth Soccer Academy (AYSACollegamento esterno) è stata fondata nel 2001 ad Harare da Marc et Gaby Duvillard con il sostegno del mecenate ed avvocato svizzero Guido Renggli. Accoglie e forma ragazzi e ragazze dagli 11 ai 18 anni, di cui parecchi hanno perso uno o tutti e due i genitori, spesso vittime dell’aids.

Oltre alla formazione e all’educazione, l’AYSA sensibilizza gli allievi alla lotta contro l’aids. I più talentuosi tra loro sono quindi diretti verso squadre professioniste, in Sudafrica e in Europa. 

L’AYSA è sovvenzionata, tra altro, dalla fondazione Little Dreams, basata a Nyon (canton Vaud) e costituita nel 2001 dal cantante e batterista Phil Collins e dall’ex moglie Oriana, come pure dall’associazione ticinese Amici dell’Aysa, presieduta da Maurizio Canetta, direttore della RSI. 

Per tornare ad allenare anche soltanto nel settore giovanile, Marc Duvillard dovrà riqualificarsi: «un nuovo diploma è richiesto e lo si ottiene al termine di 18 mesi di corsi che si tengono a Berna. Ne approfitterò per cercare nuovi sostenitori per l’Aysa».

Anche dopo il previsto ritorno della famiglia Duvillard in Svizzera – Marc e Gaby hanno adottato due bambini dello Zimbabwe, Jeremiah e sua sorella Zendelé che oggi hanno 18 e 15 anni – l’Aysa continuerà a garantire un’educazione scolastica a giovani bisognosi, ragazzi e ragazze senza distinzione, tra cui molti orfani, e a formare i più talentuosi come calciatori. Nel corso degli anni, l’accademia ha già piazzato alcuni suoi pupilli in club professionisti, principalmente in Sudafrica.

 «Né programma, né prospettive»

Come mai Marc Duvillard sta ora pianificando un ritorno in Svizzera, a cui ancora non pensava quando l’abbiamo intervistato nel 2006 durante un suo soggiorno in Ticino? «L’avventura africana è stata meravigliosa, ho ricevuto molto, ma ho anche dato molto», racconta il ginevrino. «Lo Zimbabwe rimane il paese dei nostri figli e terremo la nostra casa di Harare, ma per il futuro della nostra famiglia puntiamo sulla stabilità». 

«Robert Mugabe, al potere dal 1980, festeggerà i suoi 92 anni in febbraio e ogni mossa diventa lecita nella ricerca del suo successore. Anche se l’inflazione è scesa parecchio dopo la grande crisi finanziaria del 2009, la situazione economica continua a peggiorare. E neppure il calcio si porta meglio, anzi. La federazione nazionale, la ZIFA, è oberata di debiti, non ha né programma né prospettive, i suoi dirigenti sono incapaci», aggiunge Duvillard. 

Nel 2014, sono state almeno 4600 le ditte che hanno chiuso i battenti in tutto il paese dove la disoccupazione tocca circa 80% della popolazione. L’aiuto sociale non esiste: «la diaspora, che conta su tre milioni di persone emigrate perlopiù in Sudafrica e in Inghilterra, aiuta le famiglie rimaste in patria. Il turismo arranca, forse anche per il fatto che i mass media contribuiscono a dare un’immagine poco lusinghiera del paese e questo può spaventare la gente», sottolinea Duvillard.

Marc Duvillard. ti-press

«Il regime è dittatoriale non lo si può negare, ma esiste comunque una stampa d’opposizione. Le sanzioni economiche ordinate da Stati Uniti e UE contro lo Zimbabwe sono state un pretesto per il governo che le ha sbandierate per giustificare il peggioramento della situazione economica. Robert Mugabe, che è anche presidente dell’Unione africana, è un uomo intelligente e colto, capace di fare leva sulla sua veneranda età per assicurarsi il rispetto della sua gente». 

Un paese arcobaleno

Dal suo arrivo ad Harare nel 1995, Marc Duvillard ha comunque notato importanti progressi sociali e sanitari: «Vi è stato, per esempio, una certa qual presa di coscienza in merito all’aids, una malattia che ha sterminato molte famiglie. Alcuni anni orsono, questo flagello aveva reso circa il 50% dei bambini orfani, mentre oggi questa quota è scesa a 20%. L’Aysa ha aiutato molto questi malati e la situazione sta ormai migliorando anche perché l’uso del preservativo è diventato più frequente».

Chiediamo a Marc se le reazioni di ostilità dei neri verso i ricchi proprietari terrieri bianchi, gli ex coloni dell’allora Rodesia espropriati a partire dal 2000, sono ancora diffuse nel paese? «Bisogna capire che i coloni di un tempo sono sempre stati molto conservatori e razzisti verso gli indigeni e hanno sempre rifiutato di condividere le loro terre. Dopo le espropriazioni, alcuni di loro si sono rifugiati in Sudafrica, mentre altri lavorano ormai per i padroni neri nelle fattorie che in passato erano state loro».

Marc Duvillard tiene a sottolineare che «lo Zimbabwe è un paese arcobaleno dai colori chiaramente distinti: neri, bianchi, asiatici, le razze non si mescolano mai veramente. Non che ogni etnia abbia il proprio quartiere, i rioni sono piuttosto distribuiti a seconda del ceto sociale ossia i ricchi con i ricchi e i poveri con i poveri, ma esistono ancora troppe township».

E la vita futura in Svizzera come la vede la famiglia Duvillard? «Dovremo sapere costruire la transizione e prepararci bene psicologicamente, ma i nostri figli sono bilingue e non dovrebbero fare fatica ad adattarsi alla loro nuova vita. Da canto mio continuerò a supervisionare l’attività dell’Aysa ed a aiutare la mia squadra sul posto ad Harare», conclude il ginevrino.

Repubblica dello Zimbabwe

Colonia inglese fino al 1965 quando si chiamava ancora Rodesia, lo Zimbabwe è un paese d’Africa australe.

Sprovvisto di diretto accesso al mare è circondato da Sudafrica, Bostwana, Mozambico e Zambia.

La sua capitale, Harare, conta 1,6 milioni di abitanti ed è situata nel nord ovest del paese. Le lingue ufficiali sono l’inglese, lo shona e il sindebele.

L’uomo forte del paese, Robert Mugabe è in carica dal 1980, dapprima come primo ministro e quindi in veste di presidente.

Malgrado le sue ricchezze naturali, lo Zimbabwe si piazza soltanto al 132esimo rango della lista dei paesi per quanto riguarda il prodotto interno lordo (PIL) e deve essere aiutato dal Programma alimentare mondiale.

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