Possiamo ancora risolvere la crisi climatica, ecco come
Le emissioni di gas serra e le temperature continuano ad aumentare nel mondo. Esistono però soluzioni per fermare il riscaldamento globale, affermano i ricercatori e le ricercatrici in Svizzera che hanno partecipato al sondaggio di Swissinfo sullo stato del clima.
Dieci anni dopo aver aderito a un piano ambizioso per ridurre le emissioni e limitare l’aumento delle temperature, i Paesi firmatari dell’Accordo di Parigi sono ancora lontani dai loro obiettivi.
Lo evidenzia l’ultimo rapportoCollegamento esterno del Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (UNEP), pubblicato negli scorsi giorni, che analizza le politiche climatiche attuali. Anche se tutti gli impegni collettivi globali per ridurre le emissioni fossero attuati integralmente, il riscaldamento globale sarebbe comunque compreso tra 2,3°C e 2,5°C rispetto ai livelli preindustriali, secondo il rapporto.
Anche molti degli 80 ricercatori e ricercatrici sul clima in Svizzera che hanno partecipato al sondaggio di Swissinfo in occasione dell’anniversario dello storico accordo prevedono un incremento simile entro il 2100. Tuttavia, sottolineano che esistono già soluzioni e strumenti per affrontare la crisi climatica e accelerare la transizione verso una società a basse o zero emissioni.
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Fiducia nella tecnologia e nei tribunali
Nonostante l’evoluzione allarmante delle emissioni di CO2 e altri gas serra, la maggior parte dei membri della comunità scientifica che hanno preso parte al sondaggio è ottimista riguardo ai progressi tecnologici, agli incentivi economici per la decarbonizzazione e ai movimenti cittadini per il clima.
“Oggi abbiamo pienamente la capacità di rinunciare alle energie fossili, sia per riscaldare gli edifici che per spostarci”, afferma Martine Rebetez, professoressa di climatologia applicata all’Università di Neuchâtel e all’Istituto federale di ricerca per la foresta, la neve e il paesaggio (WSL).
Anche le sentenze di tribunali nazionali e internazionali possono favorire la transizione verso l’abbandono delle energie fossili a livello globale, secondo gli esperti e le esperte di clima. Sempre più persone e associazioni si rivolgono ai tribunali per denunciare l’insufficienza delle politiche climatiche dei Governi o la responsabilità delle aziende di combustibili fossili per le loro emissioni di CO2.
Nel luglio 2025, la Corte internazionale di giustizia – il principale organo giudiziario delle Nazioni Unite – ha dichiarato in un parere consultivo che gli Stati hanno l’obbligo legale di agire contro il cambiamento climatico. Nel 2024, la Corte europea dei diritti umani di Strasburgo ha condannato la Svizzera per non aver attuato politiche climatiche sufficienti.
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L’importanza dei comportamenti individuali e della natura
Alla domanda su cosa abbia il potenziale maggiore per raggiungere gli obiettivi climatici, la maggior parte degli studiosi e delle studiose del clima in Svizzera indica il cambiamento comportamentale su larga scala – pur sottolineando che questo dev’essere accompagnato da trasformazioni sistemiche a livello politico e industriale.
Disporre di politiche, infrastrutture e tecnologie adeguate per favorire uno stile di vita e un comportamento più rispettosi del clima, ad esempio mangiare meno carne o limitare l’uso di mezzi di trasporto alimentati da carburanti fossili, potrebbe ridurre le emissioni del 40%-70%Collegamento esterno entro il 2050, secondo il Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico (IPCC).
Le soluzioni basate sulla natura, come la protezione e il ripristino degli ecosistemi, e in misura minore la cattura e lo stoccaggio del CO2 (CCS), possono anch’esse contribuire ad affrontare la crisi climatica, stando al sondaggio. Ma prima di ricorrere alle tecnologie CCS “dobbiamo abbandonare i combustibili fossili e aumentare massicciamente le energie rinnovabili”, afferma Yann Yasser Haddad, che studia gli impatti climatici sui sistemi energetici al Politecnico federale di Zurigo.
“Costi economici del cambiamento climatico”- un servizio del TG 20.00 della RSI del 6 novembre 2025:
Nel settembre 2025, Swissinfo ha realizzato un sondaggio tra gli scienziati e le scienziate che lavorano sul cambiamento climatico in Svizzera. Le 22 domande riguardavano lo stato della ricerca climatica, delle politiche ambientali e del riscaldamento globale, dieci anni dopo lo storico Accordo di Parigi sul clima.
Il sondaggio è stato inviato a 108 persone che lavorano presso le seguenti istituzioni: Politecnico federale di Losanna (EPFL), Politecnico federale di Zurigo (ETH), Università di Neuchâtel, Università di Zurigo, Università di Berna, Università di Basilea, Università di Ginevra, Università di Friburgo, Università di Losanna, Istituto Paul Scherrer, Istituto federale di ricerca per la foresta, la neve e il paesaggio, Laboratorio federale di prova dei materiali e di ricerca (Empa) e MeteoSvizzera.
Ottanta ricercatori e ricercatrici hanno completato il sondaggio. Qui tutti i risultati.
Accelerare la transizione verso le rinnovabili
Molte persone che hanno risposto al sondaggio sottolineano l’importanza di sviluppare le fonti rinnovabili. “L’energia solare ed eolica sono diventate molto più economiche e accessibili negli ultimi dieci anni. Questo è lo sviluppo più promettente, perché dobbiamo accelerare la transizione verso le rinnovabili”, dice Andrea Farnham, che conduce ricerche sul clima nel Sud globale presso l’Università di Zurigo.
Martine Rebetez sostiene che non sono le questioni tecniche o finanziarie a ostacolare l’espansione delle rinnovabili, “ma la lobby del petrolio”. Un’indagine del quotidiano GuardianCollegamento esterno pubblicata nel 2024 ha evidenziato che l’industria petrolifera in Europa e negli Stati Uniti ha ostacolato i sostegni governativi alle tecnologie pulite per oltre mezzo secolo.
Solo una minoranza degli studiosi e delle studiose del clima vede un’opzione nell’energia nucleare. Sebbene l’energia atomica non produca emissioni di CO2, comporta rischi ambientali e di sicurezza. Ancora meno partecipanti al sondaggio ripongono fiducia nella geoingegneria climatica, una strategia altamente controversa che prevede di modificare intenzionalmente il clima per ridurre la temperatura terrestre.
Le soluzioni per ridurre le emissioni in Svizzera
Jens Terhaar dell’Università di Berna afferma nel sondaggio che l’unica strada per risolvere la crisi climatica è ridurre drasticamente le emissioni.
“Se non riduciamo le emissioni del 90%, nessuna tecnologia potrà aiutarci”, afferma il ricercatore dell’Università di Berna Jens Terhaar, autore di studi sull’assorbimento del CO2 da parte degli oceani.
Secondo la maggior parte delle persone che hanno partecipato al sondaggio, le restrizioni sui combustibili fossili – inclusi divieti totali – e le tasse sul CO2 sono gli strumenti politici più efficaci per ridurre le emissioni in Svizzera.
“Gli impegni globali per ridurre le emissioni non sono abbastanza ambiziosi o non vengono rispettati. Le tasse sul carbonio possono essere implementate con relativa facilità e possono spingere individui e aziende a raggiungere gli obiettivi climatici”, dice Andrea Farnham.
“Oggi abbiamo pienamente la capacità di rinunciare alle energie fossili, sia per riscaldare gli edifici che per spostarci.”
Martine Rebetez, climatoloa
La Svizzera, nel 2008, è stata tra i primi Paesi al mondo a introdurre una tassa sul CO₂. Questa si applica sui combustibili fossili (olio da riscaldamento e gas naturale) e ha contribuito a ridurre sensibilmente le emissioni degli edifici, diminuite del 44% tra il 1990 e il 2022.
Nonostante il calo, il settore degli edifici — insieme all’industria e ai trasporti — rimane una delle principali fonti di emissioni in Svizzera. Chi ha partecipato al sondaggio indica che i sussidi statali per il risanamento energetico delle case sono uno strumento politico importante per ridurre l’impatto climatico del Paese. Seguono gli investimenti nei trasporti pubblici e le regolamentazioni finanziaria per favorire investimenti sostenibili dal punto di vista ambientale.
Martine Rebetez auspica maggiori incentivi e meno freni per la mobilità elettrica. “Il sistema attuale ostacola in modo subdolo il passaggio dai veicoli termici a quelli elettrici”, dice. Dall’inizio del 2024, l’imposta sugli autoveicoli importati in Svizzera è applicata anche ai modelli elettrici.
Secondo alcuni esperti del settore, esistono altri modi per limitare la nostra impronta climatica, senza dover aspettare decisioni politiche o progressi tecnologici.
Philippe Renard, professore d’idrologia all’Università di Neuchâtel, sostiene che il modo più efficace per ridurre le emissioni è vivere con maggiore sobrietà e in generale consumare meno energia. “Dobbiamo imparare a goderci una vita più semplice”, dice.
A cura di Gabe Bullard/Vdv
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