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Esperti ed esperte di clima in Svizzera: l’obiettivo di 1,5°C è irraggiungibile

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Kai Reusser / SWI swissinfo.ch

Dieci anni dopo l’Accordo di Parigi, da un sondaggio tra chi studia il cambiamento climatico in Svizzera emerge che non sarà possibile limitare il riscaldamento globale a 1,5°C. L’aumento della temperatura dovrebbe essere in media del 2,5°C entro il 2100. 

Oltre 80 scienziati e scienziate in Svizzera hanno partecipato al sondaggio di Swissinfo sulla ricerca climatica e lo stato del clima (qui tutti i risultati, in inglese). Quasi tutte le persone intervistate – il 95% –ritengono che non sia realistico pensare che si potrà raggiungere l’obiettivo più ambizioso dell’Accordo di Parigi di limitare il riscaldamento globale a 1,5°C.

Nella serie di articoli “10 anni dell’Accordo di Parigi” evidenziamo quanto è stato fatto in materia di emissioni, energie rinnovabili, politica e ricerca climatica in Svizzera e nel mondo dal 2015.

Il 22 ottobre, anche il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, ha detto che la soglia di 1,5°C sarà inevitabilmente superata nei prossimi anni.

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In media, la comunità scientifica in Svizzera prevede un aumento della temperatura terrestre di circa 2,5°C entro la fine del secolo. Per Harald Bugmann, professore di ecologia forestale al Politecnico federale di Zurigo (ETH), si tratta di una stima “realistica”. 

“Abbiamo già superato gli 1,5°C e nella situazione geopolitica attuale c’è poca speranza che gli obiettivi fissati in passato vengano perseguiti”, afferma. “Questo comporta un serio ritardo, sempre ammesso che il percorso di mitigazione climatica globale venga riattivato”.

>> Ecco perché il limite di 1,5°C è importante e quali potrebbero essere le conseguenze di un suo superamento prolungato:

Altri sviluppi

Lo scetticismo del mondo scientifico si manifesta in un periodo in cui le temperature globali continuano a segnare nuovi primati. Secondo l’Organizzazione meteorologica mondiale, il 2024 è stato il primo anno in cui la temperatura media globale ha superato gli 1,5°C rispetto ai livelli preindustriali, raggiungendo +1,55°C. 

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Riscaldamento di 4-4,5°C in Svizzera 

Se le previsioni di un riscaldamento globale di 2,5°C dovessero avverarsi, le conseguenze per la Svizzera potrebbero essere particolarmente gravi. Il Paese si sta riscaldando a una velocità quasi doppia rispetto alla media del pianeta, il che significa che entro la fine del secolo la Svizzera potrebbe registrare un aumento locale di 4-4,5°C. 

Un tale incremento trasformerebbe radicalmente la nazione alpina. Oltre il 90% dei ghiacciai svizzeri dovrebbe scomparire, modificando il flusso dei fiumi e mettendo a rischio le riserve idriche estive per l’agricoltura, l’energia idroelettrica e le abitazioni.  

Gli inverni con nevicate consistenti si limiterebbero alle altitudini più elevate, compromettendo la sostenibilità di molte stazioni sciistiche situate a bassa quota. 

Una chiara maggioranza di scienziati e scienziate ritiene inoltre che la crisi climatica stia avanzando più rapidamente rispetto a quanto previsto dieci anni fa. Due terzi delle persone che hanno partecipato al sondaggio hanno dichiarato che il riscaldamento globale procede in modo “molto più veloce” o “lievemente più veloce” rispetto alle aspettative dell’epoca. Circa il 25% ritiene che il cambiamento climatico si stia sviluppando “più o meno come previsto”. 

>> La Svizzera è tra i Paesi che si stanno riscaldando più rapidamente al mondo. Ecco perché: 

Altri sviluppi

Il caldo intenso colpirà la popolazione svizzera 

Tre persone su quattro prevedono che il cambiamento climatico influenzerà in modo “elevato o molto elevato” le condizioni di vita in Svizzera entro il 2050. Avvertono che ci saranno ondate di caldo più frequenti e intense, particolarmente pericolose nelle città e per i gruppi vulnerabili. 

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“Le canicole saranno più frequenti e intense, con effetti sulla salute umana soprattutto nelle aree urbane”, afferma Edouard Davin, professore all’Università di Berna specializzato nelle interazioni tra suolo e atmosfera, nella modellizzazione climatica e negli impatti dell’uso del suolo sul clima. 

Le giornate torride in città come Zurigo e Ginevra potrebbero raggiungere o superare i 40°C. Le ondate di calore come quella del 2022 potrebbero verificarsi quasi ogni anno. 

Davin sottolinea anche altre preoccupazioni importanti, come i danni alle infrastrutture causati da pericoli naturali quali inondazioni, frane e tempeste. 

“È probabile che si verifichino più instabilità (frane, crolli di ghiacciai, valanghe) nelle Alpi a causa dello scioglimento del permafrost e delle precipitazioni intense, inondazioni e siccità più marcate con conseguenze per le persone e le infrastrutture, maggiori probabilità di collassi degli ecosistemi e riduzione della produzione agricola”, sostiene Davin. 

La politica climatica svizzera è oggi più ambiziosa? 

La comunità scientifica svizzera è oggi più pessimista riguardo al clima rispetto a quando fu adottato l’Accordo di Parigi nel 2015. Sei climatologi e climatologhe su dieci affermano di essere più scettici in merito alla volontà politica di agire.  

Nel settembre 2025, Swissinfo ha realizzato un sondaggio tra gli scienziati e le scienziate che lavorano sul cambiamento climatico in Svizzera. Le 22 domande riguardavano lo stato della ricerca climatica, delle politiche ambientali e del riscaldamento globale, dieci anni dopo lo storico Accordo di Parigi sul clima. 

Il sondaggio è stato inviato a 108 persone che lavorano presso le seguenti istituzioni: Politecnico federale di Losanna (EPFL), Politecnico federale di Zurigo (ETH), Università di Neuchâtel, Università di Zurigo, Università di Berna, Università di Basilea, Università di Ginevra, Università di Friburgo, Università di Losanna, Istituto Paul Scherrer, Istituto federale di ricerca per la foresta, la neve e il paesaggio, Laboratorio federale di prova dei materiali e di ricerca (Empa) e MeteoSvizzera. 

Ottanta ricercatori e ricercatrici hanno completato il sondaggio. Qui tutti i risultati. 

Alla domanda se l’impegno climatico della Svizzera sia oggi più forte rispetto a dieci anni fa, il gruppo più numeroso di persone intervistate – circa quattro su dieci – ha dichiarato di non essere né ottimista né pessimista. Tra coloro che hanno espresso un’opinione, sono leggermente più numerose le persone secondo cui il Paese ha fatto progressi. 

Tuttavia, valutazioni indipendenti giudicano la politica climatica svizzera come “insufficiente” nel suo complesso, evidenziando il divario tra ambizione e azione. Le organizzazioni del Climate Action TrackerCollegamento esterno, un progetto di monitoraggio delle azioni dei Governi in materia di clima, hanno espresso delusione per i nuovi obiettivi svizzeri di riduzione delle emissioni entro il 2035, sostenendo che mancano dell’ambizione necessaria e si basano troppo su compensazioni all’estero piuttosto che su tagli domestici profondi. 

Più “bastoni” e meno “carote” nella politica climatica svizzera 

Uno degli ostacoli principali a un’azione climatica più incisiva in Svizzera, secondo gli scienziati e le scienziate intervistate, è la diminuzione della pressione pubblica e l’attenzione rivolta ad altre crisi. 

“La questione a lungo termine del cambiamento climatico sarà sempre relegata in secondo piano a livello politico  se ci sono crisi [multiple] ritenute urgenti nell’immediato. Senza una nuova pressione sociale [come quella esercitata dal movimento “Fridays for Future”], sono pessimista riguardo alla politica climatica svizzera”, afferma Axel Michaelowa, responsabile del gruppo di ricerca sulla politica climatica internazionale all’Università di Zurigo. 

Michaelowa osserva che la politica climatica oggi tende a concentrarsi su incentivi (“carote”), come sussidi non sostenibili. Sarebbero però necessari strumenti coercitivi (“bastoni”), come le tasse sul CO2, sostiene 

“I mercati internazionali del carbonio devono svolgere un ruolo chiave per garantire che la riduzione dei gas serra sia efficace a livello globale”, afferma Michaelowa. “La leadership svizzera in questo ambito dovrebbe essere ampliata e resa più stabile nel lungo termine”. 

La responsabilità della Svizzera 

La maggior parte dei ricercatori e delle ricercatrici ritiene che la Svizzera abbia una responsabilità particolare nel guidare l’azione climatica a causa della sua ricchezza e del suo contributo alle emissioni. 

Più di 50 persone – circa quattro su cinque – hanno detto di essere “pienamente d’accordo” con tale opinione, mentre altre dieci hanno dichiarato di essere “abbastanza d’accordo”. Solo poche hanno dissentito. 

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Per molte, questa responsabilità deriva dalla prosperità della Svizzera e dalla sua capacità di influenzare i dibattiti globali. Rolf Weingartner, professore emerito di idrologia all’Università di Berna, ritiene però che il Paese “non abbia l’ambizione politica necessaria per affrontare seriamente le questioni climatiche e ambientali e tradurle in misure concrete”. 

“Siamo molto bravi a osservare e comprendere i cambiamenti, ma molto scarsi nel trasformare questa conoscenza in azioni proattive”, dice Weingartner. 

“La Svizzera potrebbe comunque svolgere un ruolo pionieristico”, sostiene.

È il primo accordo internazionale e giuridicamente vincolante sul clima. Impegna tutti i Paesi a ridurre le emissioni di gas serra. È stato adottato il 12 dicembre 2015 a Parigi alla Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (COP21). 

L’Accordo di Parigi ha l’obiettivo di limitare il riscaldamento globale ben al di sotto dei 2 °C rispetto ai livelli preindustriali, puntando a un aumento massimo di 1,5 °C. Per questo si dovrà raggiungere un bilancio netto delle emissioni pari a zero (neutralità climatica) entro il 2050. 

L’accordo è stato firmato da 196 Paesi. La Svizzera lo ha ratificato nel 2017. 

 A cura di Gabe Bullard

Tradotto con il supporto dell’IA/lj

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