
Trump celebra Charlie Kirk “il martire”. La vedova perdona killer

Donald Trump ha celebrato Charlie Kirk davanti a 200'000 persone accorse da tutta l'America e che si sono messe in fila dalle prime luci dell'alba per onorare la memoria dell'attivista allo State Farm Stadium di Glendale, in quell'Arizona che era la sua casa.
(Keystone-ATS) “Un gigante della sua generazione. Un eroe americano e un martire della libertà. Ha cambiato la storia”. Sono state queste alcune delle parole del presidente degli Stati Uniti, accolto da un’ovazione allo stadio. Trump ha raccontato così il suo Charlie, colui che è riuscito a farlo anche riavvicinare a Elon Musk. L’inquilino della Casa Bianca è stato infatti immortalato sugli spalti mentre chiacchierava amichevolmente con il suo ex first buddy dopo una separazione violenta, fatta di attacchi e critiche.
Trump sul palco ha usato toni da comizio parlando per oltre 40 minuti: ha ricordato il ruolo chiave giocato dall’attivista nella sua vittoria alla Casa Bianca e il coraggio con cui parlava nelle università, poi ha attaccato quella “sinistra radicale” che “Charlie avrebbe chiamato solo sinistra, ma io non ci riesco”.
Il perdono di Erika Kirk
A introdurre il presidente è stata Erika Kirk al termine di un discorso appassionato e fra le lacrime. La vedova Kirk è salita sul palco con le mani al cielo e mentre tutto lo stadio la applaudiva. Erika si è impegnata a portare avanti la missione di suo marito. “Quando ho visto il suo corpo non c’era né paura né sofferenza, ma un sorriso sul suo viso”, ha raccontato e, fra le lacrime, ha poi perdonato il killer. “Mio marito Charlie voleva salvare i giovani, come colui che gli ha tolto la vita. Perdono quel giovane. La risposta all’odio non è altro odio”, ha spiegato.
Amministrazione Trump al completo
Quasi tutta l’amministrazione Trump è salita sul palco per ricordare l’attivista. Il ministro della sanità Robert F. Kennedy Jr. lo ha paragonato a Gesù. Il segretario di stato Marco Rubio ne ha lodato il “grande impatto” prima di parlare di un “assassinio politico”. JD Vance ha descritto “l’amico Charlie” come un “martire della fede” che “hanno cercato di silenziare. Era Atene e Gerusalemme nella stessa persona”, ovvero la capitale della ragione e quella di Dio. “Amava il suo Paese, e lo amava tanto da morire per esso. In Charlie Kirk avevamo trovato un leader”, ha aggiunto.
Il capo del Pentagono Pete Hegseth lo ha descritto come un “eroe che combatteva non con le armi ma con il microfono”, mentre la direttrice della National Intelligence come un “guerriero della verità e della libertà”. “Finiremo il suo lavoro e raggiungeremo la vittoria in suo nome. La luce batterà le tenebre: vinceremo”, ha invece detto in toni combattivi Stephen Miller, il vice capo di gabinetto e consigliere di Trump architetto della stretta sull’immigrazione. Gli stessi toni sono stati usati da Donald Trump Jr.: “Per me era come un fratello. “We are all Charlie”, ha gridato dal palco il figlio del presidente. “Non ci lasceremo intimidire. Il nostro messaggio di fede e famiglia non sarà messo a tacere”, ha aggiunto.
La cerimonia si è chiusa con l’abbraccio di Trump ed Erika Kirk sul palco, dopo che il presidente ha sfoggiato il suo slogan “fight, fight, fight,”, assicurando che la battaglia nel nome di Charlie continuerà.