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Causa milionaria contro la Julius Bär negli Usa

La banca definisce oltraggiose le accuse Keystone Archive

Lo studio legale di New York Leahey and Johnson chiede almeno 40 milioni di dollari (50 milioni di franchi) più danni ed interessi alla banca svizzera per presunte malversazioni.

L’accusa è di frode nei confronti di un ricco antiquario iraniano di Manhattan.

La banca Julius Bär, interpellata da swissinfo, respinge le accuse definendole “ridicole”, prospettando anche una possibile azione legale contro lo studio di avvocati di Wall Street.

Leahey and Johnson si è rivolta al tribunale di New York denunciando gli impiegati, i funzionari e i direttori della banca con sede a Zurigo.

Il presunto capo d’accusa: aver ordito una trama per sottrarre denaro depositato da un antiquario di Manhattan, sfuggito alle persecuzioni antisemite in Iran e diventato cittadino americano.

Si tratta di Bijan Nassi proprietario della compagnia BBCFD. Secondo lo studio legale newyorchese un consulente finanziario di nome Yehuda Shiv, che è nei guai con la giustizia per frode in borsa, e la Banca Julius Bär avrebbero concepito insieme “un piano elaborato” per stornare beni di Nassi a proprio vantaggio.

Un ruolo di semplice amministratore

Anche se la Julius Bär non può prendere posizione su una causa aperta, la banca svizzera, che ha profonde radici ebraiche, ha precisato che in questo caso ha agito da custode, svolgendo solo un ruolo amministrativo.

Nel documento presentato al tribunale, lo studio legale definisce la Julius Bär “famosa per aver trattenuto le richieste di risarcimento degli eredi delle vittime ebraiche dell’olocausto”.

Il portavoce della Julius Bär, Jurg Stähelin, definisce oltraggiosa l’accusa e ricorda che Hans J.Bär è membro della commissione Volcker, che è stata decisiva nel trovare una soluzione nella disputa sugli averi delle vittime dell’olocausto in giacenza nelle banche svizzere.

Accuse pesanti

In base alla denuncia la banca sarebbe stata a conoscenza del trasferimento illegale di milioni di dollari dal conto di Nassi e di altri conti. O altrimenti la Julius Bär sarebbe colpevole di importanti negligenze.

“Shiv aveva il suo ufficio nella banca, faceva parte della sua rete di comunicazione e veniva ricompensato se portava nuovi clienti”, dichiara Peter James Johnson, uno dei legali di Nassi.

Nel documento che accusa la Julius Bär, lungo 115 pagine, vengono tra l’altro menzionate 99 transazioni “non autorizzate” sui fondi di Nassi, per un totale di circa 19 milioni di dollari tra il 1988 e il 2001.

Molti dei trasferimenti avevano come beneficiaria la ditta Sagam Corporation, che avrebbe operato nel campo degli investimenti congiuntamente alla Julius Bär.

Julius Bär collabora con le autorità

Julius Bär conferma a swissinfo che sta collaborando già dal 2002 con le autorità preposte al controllo sul caso Shiv, descritto dalla banca come un manager del settore investimenti che teneva presso la sua sede di Manhattan i conti dei propri clienti.

“Siamo rimasti sconvolti nell’apprendere che il signor Shiv forniva false informazioni ai propri clienti circa l’andamento dei titoli che gestiva”.

“La Julius Bär ha aderito a tutti i sistemi di regolamentazione e di controllo bancario riguardo al caso Shiv, collaborando pienamente con gli investigatori”.

La Julius Bär esprime la propria comprensione per i clienti frodati da Shiv, ma sente di aver la coscienza a posto riguardo al proprio ruolo di controllore: “E se necessario difenderemo il nostro operato con forza”, conclude il portavoce.

swissinfo, Robert Brookes

Uno studio legale newyorchese fa causa alla banca Julius Bär per almeno 40 milioni di dollari (50 milioni di franchi).

La banca svizzera è accusata di frode, e di aver rubato milioni di dollari in titoli depositati da un cliente di Manhattan.

Julius Bär se necessario intende difendersi dalle accuse che respinge vigorosamente.

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