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Philippe Currat sulla situazione a Gaza: “Chiaramente un crimine di guerra”

Ragazzini
Palestinesi del nord della Striscia di Gaza si spostano a sud. KEYSTONE

La situazione umanitaria nella Striscia di Gaza è la prova di un crimine di guerra, se non di un crimine contro l'umanità, sostiene Phlippe Currat, esperto svizzero presso la Corte internazionale di giustizia (CIG). Intervista.

In una prima decisione nell’ambito della vertenza che oppone il Sudafrica a Israele per presunto genocidio a Gaza, la Corte internazionale di giustizia dell’Aia ha ordinato a Israele di prendere immediatamente delle misure per garantire che il suo esercito non violi la Convenzione sul genocidio. Nel corso delle udienze, riprese il 26 gennaio, i e le giudici dovranno entrare nel merito della questione.

Avvocato a Ginevra e specialista di diritto internazionale, Philippe Currat spiega perché questo processo è importante per la giustizia internazionale.

SWI swissinfo.ch: Le prime udienze presso la CIG sulle accuse del Sudafrica nei confronti di Israele si sono concluse. Il Tribunale dell’Aia ha ordinato allo Stato ebraico di prendere tutte le misure necessarie per prevenire un genocidio. Israele, secondo lei, sta rispettando questa decisione?

Philippe Currat: È complicato rispondere. Israele dovrà rivolgersi alla Corte entro il termine che gli è stato imposto. Ma queste misure preventive sono essenziali e rientrano perfettamente nel mandato della Corte internazionale di giustizia.

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Philippe Currat è specialista in diritto internazionale. KEYSTONE/© Ti-Press

Cosa succederà se Israele non rispetterà le richieste della CIG?

La Corte non ha i mezzi per far rispettare le sue decisioni con la forza, perché non dispone di una polizia internazionale. Tuttavia, il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite  può adottare delle disposizioni per imporre a uno Stato di rispettare i suoi obblighi nell’applicazione di una decisione della CIG. Il problema è il potenziale veto di alcuni membri del Consiglio di sicurezza. In una situazione come questa, in cui è coinvolto Israele, si tratta in particolare degli Stati Uniti.

Avvocato a Ginevra, è specialista di diritto penale internazionale. La sua tesi di dottorato trattava delle “Infrazioni contro l’umanità nello statuto della Corte penale internazionale”. Nel 2005, il Dipartimento federale degli affari estero svizzero l’ha designato consigliere giuridico principale del procuratore del Tribunale speciale per la Sierra Leone.

Come valuta nel suo insieme l’ordinanza della CIG?

Questa ordinanza è estremamente interessante, in primo luogo perché stabilisce la chiara giurisdizione della CIG nell’ambito del controllo dell’applicazione della Convenzione delle Nazioni Unite per la prevenzione e la repressione del delitto di genocidio.

Israele avrebbe tutto l’interesse a conformarsi seriamente a questa ordinanza e ai suoi obblighi relativi ad essa davanti alla CIG. Osservo comunque che Israele è stato presente, si è difeso e ha presentato i propri argomenti. Questo aspetto permette già di riconoscere la legittimità della procedura giudiziaria internazionale condotta dalla CIG.

Le accuse del Sudafrica potrebbero servire ad aprire un dialogo tra le parti in conflitto?

Israele ha come obiettivo l’eradicazione di Hamas e Hamas la distruzione di Israele, o perlomeno il suo non riconoscimento. Su questa base, l’intervento di uno Stato terzo come il Sudafrica sul piano giudiziario, con argomenti giuridici riguardanti i trattati che legano le parti, è un approccio che potrebbe permettere di uscire dalla crisi e di avere un’analisi più razionale della situazione. Il che è molto positivo, penso.

Ritiene che ci sia la possibilità di giudicare anche i massacri perpetrati da Hamas in Israele davanti alla Corte?

Vanno fatte alcune distinzioni. Evidentemente, l’attacco del 7 ottobre è di natura criminale. Hamas ha preso di mira principalmente la popolazione civile in quanto tale e si tratta dunque di un crimine di guerra. Probabilmente anche di un crimine contro l’umanità a causa della pianificazione, del numero di vittime e del modus operandi. Si tratta di genocidio? Sicuramente no. Non ne ha le dimensioni.

Donna
Una donna regge delle maschere raffiguranti i volti di Shiri Bibas e dei suoi figli Kfir e Ariel, israeliani tenuti in ostaggio da Hamas nella Striscia di Gaza. Foto scattata a Tel Aviv, in Israele, durante una manifestazione per la liberazione degli ostaggi il 21 febbraio 2024. KEYSTONE/Copyright 2024 The Associated Press. All rights reserved.

Hamas non può essere parte della procedura presso la CIG perché Hamas non è uno Stato. Tuttavia, la situazione nella Striscia di Gaza è al centro di un’indagine presso la Corte penale internazionale (CPI) da diversi anni e nuove accuse sono state presentate di recente. Il dossier è quindi affrontato sul piano penale. I mandati d’arresto della CPI potrebbero essere emanati contro tutte le parti coinvolte, quindi le persone responsabili dell’attacco del 7 ottobre, i leader di Hamas, ma anche dei dirigenti israeliani.

Questo a causa della situazione umanitaria nella Striscia di Gaza?

La situazione umanitaria nella Striscia di Gaza costituisce chiaramente un crimine di guerra perché le vittime civili non sono semplicemente delle vittime collaterali. La popolazione civile è bersagliata in modo massiccio; attaccare i civili per dissuadere le azioni di Hezbollah nel nord del Paese e quelle di Hamas nella Striscia di Gaza è un approccio decisamente sproporzionato ed è una dottrina di intervento di lunga data dell’esercito israeliano. Si tratta anche in questo caso di un crimine contro l’umanità? Senza dubbio, secondo me.

La CIG ha la facoltà, come la Corte penale internazionale, di condurre inchieste, interrogare testimoni di tutte le parti coinvolte oppure può solo constatare i fatti?

Le procedure sono molto diverse. La Corte internazionale di giustizia non indaga di per sé. Non dispone né del personale, né delle competenze per farlo.  Ascolta semplicemente gli argomenti delle parti. Il Sudafrica, che ha sottoposto il caso, presenterà alla Corte gli elementi che ha raccolto. Da parte sua, Israele esibirà i propri elementi di risposta. Altri Stati possono a loro volta fornire elementi per aiutare la Corte a prendere una decisione.

Per la Corte penale internazionale il discorso è diverso. È un sistema che si avvicina al sistema penale anglosassone, con l’ufficio del procuratore, la posizione della difesa e quella delle vittime.

Tende
Persone palestinesi sfollate in seguito all’offensiva israeliana nella Striscia di Gaza. Foto scattata nella regione di Muwasi il 7 dicembre 2023. KEYSTONE/Copyright 2023 The Associated Press. All rights reserved.

Il Sudafrica afferma che Israele limita le nascite a Gaza e fa patire deliberatamente la fame alla popolazione. Dal canto suo, Israele sostiene che il Sudafrica sta tentando di ingannare la Corte e – su richiesta di Hamas – cerca di scagionare l’organizzazione islamista dalle accuse di omicidio e di negare il diritto di Israele all’autodifesa. Qual è la sua opinione?

Sulla questione della fecondità, il crimine di genocidio è commesso quando c’è l’intenzione di distruggere la totalità o una parte di un gruppo etnico, razziale o religioso in quanto tale. Questa intenzione si ritrova in un certo numero di crimini elencati nell’articolo 6 dello Statuto di Roma o nella Convenzione sul genocidio che toccano il controllo delle nascite o le misure che hanno come scopo la prevenzione delle nascite in seno a un gruppo.

Uno degli altri possibili atti di genocidio è sottoporre le popolazioni a condizioni di esistenza volte a condurre alla distruzione totale o parziale del gruppo. Questo è ciò che alcuni ritengono stia vivendo la Striscia di Gaza attualmente.

In altre parole, una popolazione palestinese rinchiusa dietro barriere invalicabili, che non può fuggire da nessuna parte, né verso Israele, che controlla la quasi totalità della recinzione, né verso l’Egitto, che ha chiuso le frontiere.

Se la popolazione civile non ha accesso all’acqua, all’elettricità, al carburante, alle medicine e all’aiuto umanitario – ed è uno dei punti su cui insiste il CIG – allora si stanno creando delle condizioni di vita insostenibili per la popolazione civile a Gaza. Il che potrebbe costituire potenzialmente un caso di genocidio se questi atti si rivelassero intenzionali e concepiti per distruggere i palestinesi in quanto gruppo nazionale, razziale, etnico o religioso.

Per ciò che riguarda la legittima difesa, di consuetudine quest’ultima è ammessa dal diritto internazionale. È anche riconosciuta dalla Carta delle Nazioni Unite come l’esercizio di un diritto perfettamente legittimo. Cosa significa? Vuol dire respingere, in modo proporzionato alle circostanze, un attacco, in corso o imminente. È assolutamente legittimo per Israele respingere l’attacco del 7 ottobre, ovvero fare in modo che gli assalitori siano arrestati, eventualmente anche eliminati.

Ciò che non è legittimo, e non può essere considerato una forma di legittima difesa, è la dimensione totalmente sproporzionata della risposta, che prende di mira essenzialmente la popolazione civile.

Ogni volta che il termine “proporzionale” è menzionato, Israele risponde che la logica di proporzionalità avrebbe imposto di uccidere 1’200 civili a casa loro, di sventrare delle donne incinte, insomma di ripetere ciò che Hamas ha commesso il 7 ottobre.

Cosa significa proporzionalità? La proporzionalità si stabilisce alla luce dell’insieme delle circostanze. Non è perché un aggressore ha sventrato una donna incinta da una parte che ho il diritto di sventrare una donna incinta dall’altra. È proporzionato intervenire in una casa in cui sono detenuti degli ostaggi per liberarli? Sì. Si può distruggere un’intera città e la sua popolazione per farlo? No.

A cura di Virginie Mangin/sj

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