
Annata vinicola buona, ma preoccupazione per consumi in calo

L'annata vinicola 2025 promette bene grazie, in particolare, all'assenza di eventi climatici estremi. Tuttavia, questo ottimismo non deve ingannare: nel settore serpeggia preoccupazione a causa dei consumi in calo.
(Keystone-ATS) “La qualità dell’uva quest’anno è ottima”, afferma a Keystone-ATS François Montet, presidente della Federazione dei viticoltori vodesi. “Abbiamo dovuto anticipare l’inizio della vendemmia a causa delle piogge che avrebbero potuto rovinare il raccolto, ma il calo di quantità su alcuni vitigni non è significativo”, aggiunge.
Grazie all’assenza di forti precipitazioni, lunghe ondate di calore o malattie fitosanitarie, l’annata 2025 si preannuncia equilibrata, secondo Rémy Alain Reymond, direttore dell’Ufficio della viticoltura di Neuchâtel. “Il tasso di zucchero dell’uva è soddisfacente, quindi i vini non saranno troppo alcolici”, osserva.
Anche in Vallese la vendemmia è promettente. Per Nadine Bridy, responsabile dell’Ufficio della vite e del vino del cantone, “la Petite Arvine si esprime sempre bene in annate come questa, mentre i Cornalin, molto poco produttivi quest’anno, saranno concentrati ed espressivi”.
Si beve meno
A fronte dell’ottimismo per i risultati della vendemmia di quest’anno, non mancano però le preoccupazioni. “Nonostante la qualità del prodotto, la situazione economica non è affatto rosea”, sottolinea Montet, la cui opinione nel settore conta non poco. In Svizzera sono stato consumati nel 2024 218,4 milioni di litri di vino, a fronte dei 266 milioni del 2014.
Oltre al calo dei consumi, il settore deve anche fare i conti con una concorrenza straniera sempre più agguerrita. L’anno scorso, il 65,5% del vino consumato in Svizzera era di provenienza straniera, osserva Rémy Alain Reymond.
Alcuni viticoltori si ritrovano quindi con gran parte del loro raccolto invenduto e faticano a smaltirlo. Questa situazione economica colpisce l’intero settore, spiega il presidente dell’Unione svizzera degli enologi, Yan Vanvlaenderen. “All’epoca, i grossisti venivano nelle nostre cantine e facevano un grosso ordine per tutto l’anno. Ora invece fanno piccoli ordini durante tutto l’anno”.
Aiuti da Berna? Difficile
Ritenendo di aver fatto tutto ciò che era stato loro chiesto, in particolare in termini di norme ecologiche, i viticoltori si sono rivolti al Consiglio federale per chiedere aiuto. La federazione svizzera dei viticoltori e altri attori hanno incontrato in agosto il “ministro” dell’economia Guy Parmelin, anch’egli tra l’altro agricoltore e produttore di vini prima di essere eletto in governo, per esporgli le preoccupazioni del settore. “Per noi il ministro è un interlocutore privilegiato”, dichiara la direttrice dell’associazione, Hélène Noirjean.
Un gruppo di lavoro, precisa Montet, ha presentato diverse proposte che vanno da un aumento del budget per la promozione dei vini svizzeri a una revisione delle norme di importazione per favorire la produzione locale. “Questa situazione è il risultato di 30 anni di accordi di libero scambio. Penso che la Svizzera abbia fatto bene a perseguire questa politica, ma la viticoltura è sempre stata trattata come l’ultima ruota del carro”.
Sebbene alcuni abbiano chiesto un sostegno a fondo perso per le aziende vinicole, la Confederazione ha subito fatto capire di non volerne sapere. “Senza voler minimizzare la necessità degli aiuti, quest’ultimi sono solo dei palliativi”. Secondo Bridy, invece, abbiamo bisogno di una ristrutturazione e di una visione a più lungo termine per i nostri vigneti, altrimenti tra qualche anno ci ritroveremo nella stessa situazione.
Ridurre la produzione
Per evitare di chiudere i battenti, diversi viticoltori stanno pensando di ridimensionare le superfici coltivate a vite per adeguare la produzione di uva alla domanda. “Non siamo scoraggiati, ma soltanto realisti”, avverte Montet, secondo cui alcuni produttori ci stanno pensando seriamente.
L’idea, tuttavia, è ben lungi dall’entusiasmare Nadine Bridy. “Quando si vede che solo il 35,5% del vino consumato da noi è prodotto in Svizzera, è a questo problema che bisogna lavorare”, spiega. A suo avviso occorre piuttosto agire sulla concorrenza “quasi sleale” dei vini esteri. Un parere condiviso da Hélène Noirjean. “Vogliamo aumentare al 40% la quota di vino svizzero consumato annualmente dalla popolazione”, sottolinea