
Come la società civile digitale ha contribuito alla definizione dell’e-ID svizzera

Dopo il rifiuto di un'identità elettronica nel 2021, la politica e le autorità hanno coinvolto chi la criticava nella revisione della legge. Erik Schönenberger dell’associazione “Società digitale” definisce il processo “esemplare”, a differenza di altri campi della politica digitale.
Domenica una stretta maggioranza dell’elettorato elvetico ha votato a favore dell’introduzione di una carta d’identità elettronica (e-ID).
Quattro anni fa, il 7 marzo 2021, quasi due terzi degli svizzeri e delle svizzere avevano votato contro. Già il 10 marzo, i membri di tutti gli schieramenti politici in Parlamento avevano presentato mozioni a favore dell’e-ID.
La politica voleva ignorare una decisione della democrazia diretta?
No. Le mozioni hanno infatti ripreso la critica principale mossa al progetto di legge respinto: hanno chiesto una carta d’identità elettronica gestita dallo Stato che ponesse al centro la minimizzazione dei dati e l’archiviazione decentralizzata. La legge presentata nel 2021 avrebbe previsto il rilascio dell’e-ID da parte di aziende private. Le mozioni hanno reagito in modo esplicito al risultato della votazione e hanno ripreso le controargomentazioni.
I referendum vanno oltre il semplice “sì” o “no”
Ciò dimostra che gli strumenti di democrazia diretta nel tempo ottengono risultati che vanno oltre un semplice “sì” o “no”. Il politologo Marc Bühlmann è co-direttore di Année Politique Suisse e professore all’Università di Berna. Alla nostra richiesta di chiarimenti, Bühlmann spiega che “la maggior parte dei referendum respinti porta a un nuovo inizio, in cui si cerca di tenere conto del risultato della votazione popolare”.
Tuttavia, il modo in cui viene interpretato il “no” dell’elettorato a un progetto politico è di per sé “una decisione politica”. Come esempio, Bühlmann cita la legge sul CO2: nell’estate del 2021 una stretta maggioranza aveva respinto il progetto di legge allora in discussione. “Dal punto di vista dei Verdi, la nuova legge sul CO2, sulla quale non si è votato, non è davvero “migliore” della prima”, afferma Bühlmann.

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Nel caso del referendum sull’e-ID del 2021, la situazione sembra leggermente diversa: una legge è stata respinta con argomentazioni che hanno portato a un nuovo testo sostenuto dalla maggioranza. L’esempio dell’e-ID mostra anche come le autorità, sotto la pressione di dover convincere la maggioranza della cittadinanza, tengano conto delle critiche e delle opinioni della società civile e le coinvolgano nel processo decisionale.
“Domenica in lotta, lunedì seduti attorno a un tavolo”

Nel 2021 Erik Schönenberger era contrario all’e-ID rilasciata da privati. Nel referendum del 2025, il co-direttore della “Società digitale” era invece tra i sostenitori. “Rispetto all’attuale campagna referendaria, l’atmosfera era diversa”, ricorda Schönenberger, intervistato da Swissinfo. Già prima del giorno del voto si era riflettuto su come procedere dopo il previsto rifiuto.
“Per la Società Digitale era chiaro che non eravamo contrari di per sé all’e-ID”, afferma. Di conseguenza, c’era la volontà di avvicinarsi all’altra parte. “Domenica ci siamo ancora scontrati, ma da lunedì ci siamo seduti attorno a un tavolo”.
Le mozioni hanno convinto la maggioranza del Parlamento. “Fino alla definizione della legge, queste hanno poi costituito le linee guida per la sua elaborazione”, afferma Schönenberger, che ha partecipato in qualità di rappresentante della società civile.
Nell’autunno del 2021, il Governo svizzero ha invitato parti critiche e gruppi di interesse a una consultazione. “Le autorità volevano capire quale fosse l’opinione pubblica riguardo all’identità elettronica in Svizzera: si trattava di identificarsi presso le autorità o di creare un’infrastruttura affidabile che potesse anche fungere da base per le tessere delle biblioteche digitali?”.
Le consultazioni sull’e-ID
La prima consultazione ha raccolto decine di pareri. Alcuni gruppi che hanno partecipato, come ad esempio il Partito PirataCollegamento esterno, hanno continuato a opporsi alla e-ID anche nel 2025. Una conferenza e ulteriori consultazioni hanno permesso un confronto. “L’Ufficio federale di giustizia ha raccolto il punto di vista della società civile e dei rappresentanti del mondo scientifico”, afferma Schönenberger.
Infine, nel giugno 2022 il progetto di legge è stato sottoposto a consultazione. Come di consueto per le leggi svizzere, il Governo ha pubblicato una versione della legge e ha invitato il pubblico a esprimere la propria opinione. Lo ha fatto anche la “Società digitale”. “Abbiamo espresso un parere critico, perché l’orientamento era corretto, ma la questione dell’identificazione eccessiva rimaneva aperta”.
Nella sua forma attuale, l’e-ID svizzera dovrebbe rivelare solo le informazioni necessarie. Chi la utilizza, ad esempio per acquistare alcolici online, rivela solo la maggiore età, non l’età esatta e nessun’altra informazione che costituirebbe un’identificazione non necessaria.
Processo di partecipazione più che marketing politico?
La legge è passata al Parlamento ed è stata ulteriormente adattata e concretizzata. Schönenberger ricorda come anche la classe politica e le autorità li avessero consultati, in parte anche per via della concreta fattibilità tecnica. Una domanda, per esempio, è stata come si poteva assicurare che l’e-ID fosse collegata a uno specifico telefono cellulare. Questo, dice Schönenberger, per dare un’idea della fase di “audizioni, consultazioni e cicli finali”.
I Governi possono ovviamente sfruttare le consultazioni pubbliche e i processi di partecipazione come strumento di marketing. Le autorità svizzere hanno utilizzato le consultazioni anche per farsi pubblicità dopo la sconfitta. Ad esempio, con il cartone animato Helvetia,Collegamento esterno che spiega alla cittadinanza critica come “prima che il Parlamento discuta il nuovo disegno di legge, tutti, compreso lei, possono dire la loro”.
Ma per Schönenberger, il processo che porta alla nuova legge è molto più di una semplice operazione di marketing. Schönenberger lo definisce un processo “esemplare” e spera che in futuro altre questioni di politica digitale vengano gestite nello stesso modo.
Il ruolo della società civile in Svizzera
Dass der Zivilgesellschaft eine solche Il fatto che la società civile abbia un tale ruolo è probabilmente una peculiarità svizzera. Nella recente pubblicazioneCollegamento esterno della Global State of Democracy Initiative, la Svizzera ha ottenuto il terzo posto nella categoria “Partecipazione”, anche se l’affluenza media alle urne è bassa. Il motivo del buon risultato è, oltre alla partecipazione dell’elettorato, un punteggio molto alto nel campo della società civile.
Schönenberger ritiene che la società civile svolga un ruolo importante nel sistema politico svizzero grazie alla concordanza e al principio di milizia. Organizzazioni simili, come la “Società digitale” nell’Unione europea (UE), avrebbero avuto più difficoltà a far sentire le loro preoccupazioni sulla questione dell’identità elettronica.
Ma la Svizzera è lenta. L’UE, ad esempio, ha adottato da tempo un quadro giuridico per la regolamentazione dell’IA. “Il Consiglio federale annuncerà un progetto preliminare tra un anno e mezzo”, afferma Schönenberger seccato. La lentezza è “esasperante”. A quel punto, la società sarà già in una posizione diversa.

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Schönenberger è anche preoccupato per lo Stato di sorveglianza, “che abbiamo anche in Svizzera con la conservazione dei dati e l’intercettazione delle comunicazioni via cavo”. I prossimi “inasprimenti” porterebbero “alla trasformazione della sorveglianza giustificata in sorveglianza di massa”. Schönenberger afferma: “Noi della Società digitale vogliamo fermare tutto questo”.
E lo conferma anche il risultato della votazione di domenica. Sebbene la maggioranza abbia votato a favore, il 49,6% si è espresso contro. “Molte persone si sentono impotenti di fronte alla digitalizzazione. Ecco perché il risultato dovrebbe farci riflettere”, afferma. La lezione che se ne potrebbe trarre è che il coinvolgimento della società civile critica, da parte del Governo, è indispensabile.
Di conseguenza, il suo elogio per il processo di partecipazione “esemplare” nella progettazione dell’e-ID elvetica è anche un avvertimento al Governo: “Senza la partecipazione e l’inclusione delle parti critiche, le future leggi sulla politica digitale probabilmente non riusciranno a convincere la maggioranza”.
Per quanto riguarda la regolamentazione dell’IA e delle grandi piattaforme tecnologiche, Schönenberger non vede attualmente “alcun segno di un analogo livello di coinvolgimento della società civile”.
Tuttavia, l’attuazione dell’e-ID non sarà influenzata solo da quelle parti della società civile che erano a favore. Il campo contrario alla legge ha già annunciato che le sue preoccupazioni si concentreranno soprattutto sulla volontarietà della misura e sulla protezione dei dati.
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A cura di Samuel Jaberg
Traduzione di Sara Ibrahim

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