CSt: meno restrizioni per export di materiale bellico
Dopo lunghi dibattiti, il Parlamento ha deciso infine di allentare le regole per la vendita di armi all'estero. Lo scopo? Rafforzare la sicurezza e rispondere alle esigenze di un settore industriale in difficoltà.
(Keystone-ATS) Oggi il Consiglio degli Stati ha eliminato tutte le differenze rimanenti col Nazionale. Il dossier è pronto per le votazioni finali. Molto probabilmente il popolo sarà chiamato ad esprimersi: gli ambienti contrari al progetto hanno già minacciato il referendum.
Secondo la nuova impostazione della legge sul materiale bellico, un gruppo di 25 Paesi occidentali potrà acquistare armamenti svizzeri con maggiore libertà rispetto a oggi: anche qualora fossero coinvolti in una guerra, la Svizzera potrà fornire loro materiale bellico. Rimangono escluse solo le nazioni che violano i diritti umani in modo grave e sistematico. Il Consiglio federale, inoltre, avrà un diritto di veto, ad esempio se ritenesse che tali esportazioni possano mettere in pericolo la neutralità.
Regole meno severe si applicherebbero anche alla riesportazione: in linea di principio, tutti i Paesi potranno in futuro trasferire liberamente a terzi gli armamenti acquistati in Svizzera. Il Consiglio federale potrà però imporre una garanzia che il materiale resti nel Paese acquirente, qualora nutrisse dubbi in relazione alla neutralità o agli interessi di politica estera e di sicurezza della Svizzera.
I sostenitori della revisione hanno invocato soprattutto ragioni di sicurezza, sostenendo che la legge rafforzerà l’esercito svizzero, che necessita di un’industria degli armamenti efficiente. Nel corso dei vari dibattiti tenutisi alle Camere, diversi oratori hanno fatto notare che, a causa della sua prassi giudicata attualmente troppo rigida in fatto di export di armi, diversi Paesi hanno chiaramente fatto sapere di non volersi più rifornire da noi. Ciò è accaduto in particolare in relazione alla guerra in Ucraina e alle richieste, negate dalla Confederazione, di riesportazione provenienti da alcuni Stati europei, come la Germania.
Per i sostenitori della riforma, un’industria nazionale degli armamenti può sopravvivere solo se autorizzata a esportare, in particolare verso i Paesi vicini e gli Stati amici con regimi di controllo simili.
Oggi il campo rosso-verde, per bocca di Daniel Jositsch (PS/ZH) e Mathias Zopfi (Verdi/GL), ha criticato un progetto che violerebbe il diritto della neutralità, danneggiando gravemente la credibilità internazionale del Paese. Il rischio infatti che armamenti elvetici vengano dirottati verso teatri di guerra o finiscano in mano a gruppi terroristi è troppo elevato, ha affermato Franziska Roth (PS/SO). Tra l’altro, di un simile allentamento delle condizioni non potrebbe approfittare l’Ucraina, tenuto conto del principio di non retroattività.
Ma per Andrea Gmür-Schönenberger (Centro/LU), le regole elvetiche in materia di armi sono troppo rigide e, quindi, controproducenti: la Svizzera rispetta già in tutto e per tutto le Convenzioni dell’Aja sugli Stati neutrali (1907).