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CSt: “revenge porn” andrà punito in futuro

La revisione del Codice penale di prefigge in particolare di proteggere i bambini dai pericoli insiti in Internet. KEYSTONE/EPA/ANDY RAIN sda-ats

(Keystone-ATS) Il diritto penale in materia sessuale va adeguato all’evoluzione della società, sempre meno tollerante nei confronti di reati contro l’integrità sessuale, specie su donne e bambini, e allo sviluppo tecnologico.

Con questo spirito, il Consiglio degli Stati ha approvato oggi all’unanimità la revisione in materia, il cui esame è cominciato la settimana scorsa, punendo anche il “revenge porn”.

La settimana scorsa il plenum aveva già deciso, sviscerando uno degli aspetti centrali della revisione, che in futuro – formula “No significa no” – sarà possibile punire per violenza carnale anche chi, per commettere il reato, non esercita coazione sulla vittima usando violenza, minacce o pressioni psicologiche.

Il plenum ha approvato l’estensione della fattispecie della violenza carnale contemplata dal Codice penale (CP) che ora comprende tutti i casi in cui l’autore del reato agisce ignorando intenzionalmente la volontà espressa dalla vittima (soluzione del veto o “no significa no”).

Il campo rosso-verde si era battuto invece per la formulazione “Sì significa sì”, asserendo che la soluzione del veto non terrebbe conto di quel particolare stato in cui può trovarsi una donna in frangenti delicati in compagnia di una persona dell’altro sesso, ossia pietrificata a causa della paura che le impedisce di parlare, incapace insomma di opporsi a un atto sessuale non voluto.

Ma, a parere della maggioranza, un “no” esplicito o un gesto di rifiuto difficilmente lasciano un grande margine all’interpretazione di un giudice, mentre non è detto che un “sì” rispecchi veramente la volontà della donna.

Revenge porn

Se la settimana scorsa per giungere a questa conclusione erano state necessarie oltre tre ore di discussioni, oggi il dibattito in aula è andato più spedito. Tra gli elementi da ritenere figura senz’altro un aspetto importante del progetto, ossia la punibilità del “revenge porn” adottata per 37 voti a 6.

In pratica, come recita il nuovo articolo del CP (197a), chiunque trasmetta a terzi contenuti sessuali non pubblici sotto forma di scritti, registrazioni sonore o visive, immagini, oggetti o rappresentazioni senza il consenso della persona che vi è riconoscibile, è punito, su querela di parte, con una pena detentiva sino a un anno o una pena pecuniari. Se l’autore ha reso pubblici i contenuti, la sanzione è una pena detentiva sino a tre anni o una pena pecuniaria.

Una minoranza, invero sparuta ma col sostegno della consigliera federale Karin Keller-Sutter, ha sostenuto in aula che tale articolo non doveva figurare nel progetto, trattandosi tutt’al più di reati che ledevano l’onore della persona, ma non la sfera sessuale.

Di tutt’altro avviso la maggioranza. Céline Vara (Verdi/NE), appoggiata da Daniel Jositsch (PS/ZH), ha reso attenti sul fatto che la diffusione di immagini compromettenti nel web, in un’epoca dove tutti amano fotografarsi e farsi fotografare, può avere conseguenze gravi per la vittima, con epiloghi anche drammatici come dimostrano i suicidi di giovani oggetto di “revenge porn”. Intere esistenze rischiano di essere distrutte.

Pensare che basti agire per via civile, ossia chiedere a piattaforme come Facebook o Instagram di cancellare tali contenuti non è realistico, poiché simili immagini fanno il giro del web in men che non si dica, quando non vengono copiate, ha spiegato Céline Vara. Insomma, per la “senatrice” ecologista bisogna agire a monte punendo simili comportamenti quale forma di deterrenza. Simili “vendette” ledono il senso del pudore sessuale della persona, un bene prezioso.

Secondo Jositsch è necessario in questo caso adattare il Codice penale all’evoluzione tecnologica, come fatto per le truffe su Internet. A detta di Stefan Engler (Centro/GR), bisogna fare qualcosa per proteggere i giovani da simili pratiche tenendo fede allo spirito di questa revisione. Qui non si tratta di reati contro l’onore, ma si azioni ben più gravi, ha spiegato.

Adescamento sul web

Meno fortunata è stata la proposta di minoranza, anche se respinta di poco (21 voti a 18), presentata da Isabelle Chassot (Centro/FR), che avrebbe voluto un articolo ad hoc (197 b) per contrastare la pedocriminalità sul web (grooming). Tale articolo si occupa in particolare dei pedofili che adescano i bambini e giovani in vista di commettere atti a sfondo sessuale.

Stando alla “senatrice” friburghese, le autorità sono sovente frustrate dal momento che gli autori possono essere puniti se colti in un certo senso in flagrante, quando si presentano per esempio all’appuntamento con un minore, mentre il semplice fatto di contattare un ragazzo non basta per avviare una procedura. Insomma, per lottare contro questo fenomeno bisognerebbe agire a monte.

Carlo Sommaruga (PS/GE) a nome della commissione e Daniel Jositsch, entrambi giuristi, hanno rammentato le difficoltà insite nell’applicare un simile articolo giacché verrebbe punito non più il tentativo di commettere certe azioni, ma il tentativo del tentativo.

Per i giudici, a loro avviso, sarebbe difficile provare l’esistenza di atti preparatori in assenza di un piano o di un’intenzione precisa di commettere un reato. Non è un caso che la repressione degli atti preparatori, un’eccezione nella legislazione penale, sia prevista per gravi infrazioni, come l’omicidio, il sequestro di persona, la rapina o, addirittura il genocidio, ha sostenuto Sommaruga.

Gli altri aspetti della revisione

Oltre agli aspetti centrali della revisione appena illustrati, i “senatori” hanno adottato altre novità. Per esempio, la definizione di violenza carnale è modificata introducendo il concetto più generico di “penetrazione corporale” che tiene conto anche delle vittime di sesso maschile.

Per quanto riguarda le pene minime, è stato deciso di mantenerla a un anno per la violenza carnale. I “senatori” hanno poi approvato una pena detentiva minima di un anno se la vittima ha meno di dodici anni.

Gli Stati hanno anche deciso di introdurre un articolo specifico per gli atti sessuali commessi da persone che esercitano un’attività nel settore sanitario. Questo prevede una pena detentiva fino a cinque anni o una pena pecuniaria per chiunque fa subire un atto sessuale adducendo un’indicazione medica.

Nell’ambito della pornografia si è voluto evitare che i minori si rendano punibili penalmente senza esserne coscienti. In particolare, si vuole evitare di punire minori che, di comune accordo, fabbricano, possiedono o consumano immagini o film che li raffigurano.

Il dossier passa ora al Nazionale.

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