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Non è solo l’UBS a frodare il fisco americano

Per Lawrence Horn, sarebbe ingenuo pensare che l'UBS è l'unica banca ad aver agito così Keystone

La banca svizzera ha tempo fino al 30 aprile per presentare gli argomenti in sua difesa nella vertenza che l'oppone al fisco americano. Per l'avvocato Lawrence Horn, che difende gli interessi dei clienti dell'UBS, l'istituto non è probabilmente il solo a frodare l'erario.

Specialista delle questioni fiscali, Lawrence Horn lavora per lo studio d’avvocati Sills, Gummis & Gross di Newark, nel New Jersey. Lo studio ha uffici anche a Princeton e a New York.

Tra il 1971 e il 1978, Horn è stato viceprocuratore federale nello Stato di New York. Durante questo periodo si è specializzato nei casi di frode fiscale.

swissinfo: In qualità di intermediario tra i clienti dell’UBS e il fisco americano, qual è la sua opinione su questa vicenda di frode fiscale?

Lawrence Horn: Ci occupiamo del caso da più di un anno, ossia da quando Bradley Birkenfeld, ex dipendente dell’UBS, ha iniziato a collaborare con le autorità statunitensi. Sapevamo che la vicenda avrebbe assunto dimensioni notevoli.

Alla luce dei recenti avvenimenti, sarebbe saggio per i clienti non solo dell’UBS, ma anche di altre banche con sede in Israele, alle Isole Cayman o in Estremo Oriente, rivolgersi ad avvocati come me per contattare il fisco americano, prima che sia lui a farlo. Per questi clienti esiste un intervallo di tempo che permetterà loro di presentarsi di propria spontanea volontà. Entro la fine dell’anno, però, questo intervallo si chiuderà.

Le persone prudenti che non figurano sulla lista dei 250 nomi consegnata dall’UBS alle autorità americane farebbero bene a mettersi a disposizione dell’Internal Revenue Service (IRS, il fisco americano), non solo per verificare la loro situazione, ma anche per facilitare il rimpatrio dei loro soldi.

Ciò che mi sorprende, tuttavia, è che l’accordo raggiunto tra l’UBS e l’IRS la scorsa settimana concerneva solo 250 persone.

Si sarebbe potuto pensare che in cambio dell’impegno del governo americano a non perseguire l’UBS, nell’accordo le due parti avrebbero abbordato il caso nella sua globalità. Perché l’UBS non divulga subito i nomi di tutti i titolari (il fisco USA reclama oggi i dati relativi a circa 52’000 conti, ndr), piuttosto di rischiare di essere trascinata davanti ai tribunali e di dover comunque pubblicare i nomi nei prossimi mesi?

swissinfo: Lo scorso anno ha dichiarato all’agenzia stampa Bloomberg che tra i titolari dei conti UBS vi erano probabilmente “dei responsabili pubblici, delle star del mondo dello spettacolo e dello sport”. Chi sono i suoi clienti?

L.H.: Non posso rilasciare nessun commento. Quello che posso dire è che il caso UBS rappresenta una parte considerevole del lavoro del nostro studio e ciò ancor prima degli eventi di metà febbraio.

Dall’anno scorso abbiamo trattato un certo numero di dossier nello Stato di New York, nel New Jersey e nello Utah. Solo questa settimana, ho incontrato un titolare di conti lunedì, altri due martedì e ho diversi appuntamenti già fissati. Alcuni miei clienti sono estremamente ricchi.

Ho avuto in mano un dossier per una somma di 18 milioni di dollari, ma anche altri per 600’000 dollari. Per alcuni titolari si tratta di denaro ereditato e depositato su un conto da molto tempo. Ci sono dei conti che sono stati aperti prima che il titolare emigrasse negli Stati Uniti, ad esempio averi di vittime dell’Olocausto…

Non ci sono barriere per quanto concerne l’etnia e il paese d’origine. Ci sono conti aperti dall’Iran, dall’Iraq, dall’India. È un vero ‘melting pot’.

swissinfo: Ci sono anche delle ditte tra i titolari dei conti?

L.H.: Personalmente non rappresento delle imprese. La maggior parte dei conti sono intestati a privati o a diversi membri della stessa famiglia.

swissinfo: Le manovre alle quali si è prestata l’UBS affinché questi conti sfuggissero al fisco americano – manovre dettagliate nel rapporto dell’IRS – sono inabituali?

L.H.: L’UBS incarna ormai questo genere di comportamenti. Non sarei però sorpreso di apprendere che altre banche, basate in Liechtenstein, nelle Isole Cayman o altrove, hanno agito nello stesso modo.

Credere che sia solo l’UBS ad aver operato così è estremamente ingenuo. In Svizzera, ad esempio, sarebbe interessante vedere come si è comportato il Credit Suisse.

Penso che il numero dei conti potrebbe salire se si analizzassero anche gli altri istituti. Presso l’UBS, il numero dei conti in questione è passato da 19’000 a 52’000 nello spazio di una settimana. Ogni giorno si viene a conoscenza di qualcosa di nuovo e il governo americano non rimane di certo con le mani in mano.

swissinfo: Le banche americane agiscono nello stesso modo dell’UBS?

L.H.: Non vi ho ancora riflettutto. Credo comunque di no. Il settore bancario statunitense è talmente regolamentato che sarebbe idiota da parte loro agire così.

swissinfo: Cosa pensa che succederà ora?

L.H.: Credo che prima della fine dell’anno i giochi saranno fatti. Ho l’impressione che entro 9-12 mesi il governo americano avrà tutti i nomi dei titolari dei conti.

swissinfo: I titolari di questi conti possono far valere nei confronti dell’IRS il principio del segreto bancario che finora è prevalso in Svizzera?

L.H.: Quello che pensano o hanno pensato non è più pertinente. Segreto bancario o meno, per loro è troppo tardi. Ciò che conta è il presente. Devono essere realisti e la realtà è che l’interesse di questi conti stava nel fatto di poter sfuggire al fisco. Ma ormai non è più così.

swissinfo, Marie-Christine Bonzom, Washington
(traduzione di Daniele Mariani)

Gli avvocati dell’UBS hanno tempo fino al 30 aprile per presentare i loro argomenti nella vertenza che oppone la banca al fisco americano. Il termine è stato comunicato il 23 febbraio dal giudice Alan Gold, del tribunale di Miami.

Se le parti non troveranno un compromesso, dovranno comparire per la prima volta in tribunale il 13 luglio.

Il Dipartimento di giustizia americano esige che la banca svizzera fornisca agli Stati Uniti le informazioni su 52’000 conti di persone residenti negli USA. Questi sono sospettati di aver frodato il fisco, in parte con l’aiuto della banca stessa.

La vicenda verrà abbordata anche dalla ministra di giustizia e polizia Eveline Widmer-Schlumpf, che si recherà lunedì prossimo a Washington per incontrare il suo omologo americano Eric Holder. Durante il colloquio si parlerà pure della sorte dei detenuti di Guantanamo.

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