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Un rapporto che preoccupa i kosovari in Svizzera

Un migliaio di kosovari in Svizzera hanno festeggiato l'indipendenza del loro paese sulla Piazza federale di Berna nel 2008 Keystone

Con circa 200mila persone, quella che vive in Svizzera è la più grande diaspora kosovara. Alcuni suoi membri chiedono le prove delle accuse formulate nel rapporto sul Kosovo del relatore speciale del Consiglio d'Europa Dick Marty.

In particolare, nel documento stilato al termine di due anni di investigazioni, l’attuale primo ministro del Kosovo Hashim Thaci è accusato di essere stato il capo di un’organizzazione mafiosa durante il conflitto fra l’Esercito di liberazione del Kosovo (UCK)contro la Serbia alla fine degli anni ’90. Organizzazione che avrebbe trafficato armi, assassinato oppositori e arrestato e deportato in prigioni segrete serbi utilizzati per prelevare i loro organi e venderli.

Le accuse sono state seccamente respinte da Thaci, il quale ha dichiarato che userà tutti i mezzi politici e giuridici per stabilire la verità.

“Queste accuse non sono nuove. Non posso dire se sono vere o no. Per me è importante che siano provate. Io condanno qualsiasi attività criminale, sia essa attuata da una persona del mio paese di origine o da qualsiasi altra persona”, ha detto a swissinfo.ch Ylfete Fanaj, un consigliere comunale di Lucerna, che è di origine kosovara.

Il deputato rileva la tempistica con la quale sono state rese pubbliche le accuse, ossia appena dopo le elezioni legislative di domenica scorsa, che dovrebbero confermare Thaci alla carica di primo ministro. Perché non sono state rese pubbliche prima, dal momento che già si sapevano?, si chiede.

Anche Hilmi Gashi, un altro membro della diaspora kosovara in Svizzera, chiede le prove dei fatti. Egli dice che la comunità del Kosovo è stata “un po’ infastidita” dal rapporto, che giunge proprio poco dopo un sondaggio che dimostra l’impopolarità degli albanofoni in Svizzera e poco dopo la votazione federale sull’iniziativa per l’espulsione di stranieri che commettono reati.

“Non è davvero facile per i kosovari. Sono preoccupati per la reputazione del loro paese”, spiega Gashi.

“Dicono che [nel rapporto] si sta cercando di cambiare i ruoli di vittima e carnefice. Le reazioni della Serbia e dell’ambasciatore serbo in Svizzera mostrano che sono chiaramente soddisfatti del rapporto, anche se non è provato”, aggiunge Gashi, riferendosi ai crimini commessi dall’ex uomo forte della Serbia Slobodan Milosevic contro persone di etnia albanese durante la guerra del 1998-99.

L’ombra di Belgrado?

Per alcuni, il rapporto di Dick Marty sembra avere connotazioni politiche. Bashkim Iseni, politologo all’Università di Neuchâtel e responsabile della piattaforma web indipendente albinfo.ch, afferma che è noto che Marty era contrario all’indipendenza del Kosovo dalla Serbia, avvenuta nel 2008.

Thaci sta preparando negoziati per la normalizzazione dei rapporti tra il Kosovo e la Serbia. “Con questo rapporto, Belgrado sarà in una posizione di forza nelle trattative e metterà anche pressione sulla minoranza serba che dovrebbe entrare in un governo di coalizione con Thaci”, prevede il politologo di origine kosovara.

Shemi, un altro membro della comunità kosovare che vuole mantenere l’anonimato, va oltre. “Credo che i serbi siano dietro questo rapporto. Evidentemente non ho alcuna prova, ma penso che Dick Marty sia stato fortemente influenzato dalla diplomazia serba”, commenta.

Secondo Bashkim Iseni, il rapporto tira acqua al mulino degli avversari dell’indipendenza del Kosovo nella comunità internazionale.

Le accuse contro Thaci erano dapprima state mosse dall’ex procuratrice generale del Tribunale penale internazionale per l’ex Jugoslavia Carla Del Ponte, nel suo libro autobiografico “La caccia”. Certi kosovari domandano perché la magistrata svizzera non aveva indagato su quei presunti crimini mentre era in carica.

Nella comunità kosovara c’è pure preoccupazione circa la posizione della Svizzera, in seguito alle richieste di alcuni politici, i quali vorrebbero ora che Berna revocasse il riconoscimento dell’indipendenza del Kosovo. Ciò dopo che la Svizzera era stata proprio uno dei primi paesi a riconoscerla. Diversi membri della comunità kosovara in Svizzera hanno espresso disappunto per questo tentativo di retromarcia.

Nella conferenza stampa, giovedì a Parigi, Marty ha riconosciuto la scarsità di prove fisiche, ma ha precisato che sarebbe stato il compito di investigatori giudiziari raccoglierle. Egli ha negato qualsiasi influsso politico serbo sul suo lavoro.

Anzi, il senatore liberale radicale, ha perfino detto di essere “scioccato dalla reazione del procuratore serbo che parla di vittoria. È indecente”. Il relatore speciale del Consiglio d’Europa ha puntualizzato che, “contrariamente a quanto afferma il procuratore  le informazione fornite dalla Serbia non ci sono state di grande aiuto”.

C’è anche chi tesse lodi

In difesa di Marty si è invece espresso il presidente dei Verdi svizzeri Ueli Leuenberger, che per sei anni è stato alla testa di un progetto di integrazione dell’Università popolare albanese di Ginevra.

“Dick Marty è un politico eccellente e retto, oltre ad essere un ex procuratore pubblico. Ci sono alcuni punti deboli nel rapporto e devono essere fornite prove tangibili. Tutti coloro che possono, dovrebbero impegnarsi per far venire a galla la verità”, ha detto Leuenberger a swissinfo.ch.

La comunità internazionale e la Svizzera sono in grado di svolgere un ruolo in tal senso, ha aggiunto. Secondo il deputato nazionale ecologista ginevrino, otterrebbero il sostegno della diaspora kosovara per scoprire la verità e punire gli eventuali colpevoli se fossero trovati.

Nel 1995 Hashim Thaci ha ottenuto asilo politico in Svizzera, dove ha poi studiato scienze politiche e storia del sud-est europeo all’università di Zurigo.

Sembra che proprio a quel periodo abbia costituito l’Esercito di liberazione del Kosovo (UCK).

Nel 1998 è tornato in Kosovo.

Nel 2008 era presente all’inaugurazione, da parte della ministra elvetica degli affari esteri Micheline Calmy-Rey – grande sostenitrice dell’indipendenza del Kosovo – dell’ambasciata Svizzera a Pristina. In tale occasione, Thaci ha ringraziato la Svizzera per il sostegno fornito al Kosovo. L’indipendenza dell’ex provincia serba non è stata riconosciuta da tutti gli Stati.

Le persone di etnia albanese costituicono il 92% della popolazione di 2,2 milioni del Kosovo, che è una delle zone più povere d’Europa.

Dopo la Seconda guerra mondiale: la provincia del Kosovo gode di uno statuto di autonomia, ancorato nel 1974 nella Costituzione della Federazione jugoslava.

  

1989: il presidente serbo Slobodan Milosevic annulla lo statuto di autonomia e invia l’esercito in Kosovo per sedare le proteste.

1998: decine di migliaia di kosovari abbandonano le loro case in seguito ad un’offensiva condotta da Belgrado contro l’Esercito di liberazione del Kosovo (UCK).

1999: la Nato lancia una serie di attacchi aerei contro la Serbia per porre fine al conflitto tra le forze serbe e gli indipendentisti albanesi. Dopo due mesi e mezzo di bombardamenti, 50’000 soldati della Nato vengono stazionati in Kosovo e la provincia viene posta sotto il protettorato dell’Onu.

2007: il leader separatista Hashim Thaci vince le elezioni parlamentari e preannuncia la proclamazione dell’indipendenza del Kosovo.

17 febbraio 2008: diventato primo ministro, Hashim Thaci dichiara il Kosovo uno Stato «indipendente, sovrano e democratico».

27 febbraio 2008: la Svizzera riconosce l’indipendenza del Kosovo e instaura relazioni diplomatiche e consolari con questo nuovo paese dei Balcani.

28 marzo 2008: la ministra degli esteri svizzera inaugura l’ambasciata elvetica a Pristina.

8 ottobre 2008: l’Assemblea generale dell’ONU approva la risoluzione avanzata dalla Serbia di chiedere alla Corte internazionale di giustizia dell’Aja una perizia sulla legittimità dell’indipendenza del Kosovo.

(Traduzione dall’inglese: Sonia Fenazzi)

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