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Bruxelles boccia le proposte svizzere, ma non tutto è perso

Il nuovo Segretario di Stato del Dipartimento federale degli affari esteri Yves Rossier si ritrova in prima linea. Reuters

La Commissione europea ha proposto agli Stati membri dell’Unione europea di adottare, in campo istituzionale, una «linea di condotta» ferma nei confronti della Svizzera. La porta dei negoziati rimane ciononostante aperta.

I membri dell’esecutivo comunitario hanno approvato il 26 settembre una «scheda» che analizza le proposte elvetiche «sulle relazioni interistituzionali tra l’Ue e la Svizzera», che la presidente della Confederazione Eveline Widmer-Schlumpf aveva trasmesso il 15 settembre a José Manuel Barroso, il presidente della Commissione.

Secondo il quotidiano romando Le Temps, che ha preso conoscenza di una versione (senza dubbio non definitiva) del documento inviato ai Ventisette, le proposte svizzere sarebbero state quasi tutte respinte.

Parlare di un fallimento è comunque prematuro. Stando ad ambienti ben informati, i rappresentanti dei paesi dell’Ue riuniti martedì a Bruxelles non si sarebbero mostrati così negativi, scrive l’Agenzia telegrafica svizzera. Le proposte di Berna per uno sviluppo degli accordi bilaterali non corrisponderebbero alle attese di Bruxelles, ma sarebbero comunque ritenute una buona base di partenza per le trattative.

Si tratta soltanto dell’inizio di un processo decisionale, sottolinea l’Ufficio dell’integrazione a Berna. «Al momento non c’è alcuna posizione dell’Ue (…). È quindi inopportuno esprimerci sulla questione», si è limitato a commentare il servizio federale per il coordinamento della politica europea svizzera.

Modernizzare il bilateralismo

Le nuove conclusioni sulle relazioni tra l’Unione e i paesi dell’Associazione europea di libero scambio (AELS, di cui fa parte anche la Svizzera) saranno adottate dai ministri europei degli affari esteri il prossimo 10 dicembre.

A fine 2010, i ministri europei avevano chiesto con insistenza una modernizzazione del bilateralismo visto che, a loro parere, il sistema attuale di accordi settoriali ha «manifestamente raggiunto i suoi limiti».

Nelle prossime settimane, e probabilmente entro la fine di ottobre, il Segretario generale del Servizio europeo per l’azione esterna, David O’Sullivan, si recherà a Berna per esporre il proprio punto di vista al Segretario di Stato del Dipartimento federale degli affari esteri Yves Rossier.

L’avviso della Commissione è assai negativo, o perlomeno molto critico, siccome la Svizzera non soddisfa né le aspettative della Commissione né quelle di alcuni deputati europei. Lo scorso 12 settembre, sei democristiani (due tedeschi, un austriaco, un francese, un italiano e un polacco) si sono lamentati presso la Commissione delle «considerevoli lacune» delle proposte svizzere, le quali lascerebbero «in sospeso alcune questioni chiave».

Un accordo «modello»

Le richieste svizzere si focalizzano sull’«obiettivo cardinale di assicurare l’omogeneità (dell’applicazione e dell’interpretazione) delle regoli comuni create dagli accordi tra la Svizzera e l’Ue». Tra i punti principali vi sono: l’adattamento degli accordi agli sviluppi della regolamentazione e della giurisprudenza dell’Ue, la sorveglianza e l’interpretazione degli accordi e la risoluzione delle vertenze.

A Bruxelles, tutti accolgono positivamente l’obiettivo di omogeneità auspicato da Berna, così come la sua volontà di adattare in modo dinamico gli accordi alle evoluzioni del diritto comunitario. La Commissione trova al contrario inaccettabili i mezzi previsti per raggiungere tale scopo.

La Svizzera suggerisce innanzitutto di trovare una soluzione nel quadro dell’accordo sull’elettricità, attualmente in trattativa, che potrebbe in seguito servire da «modello» per futuri accordi legati all’accesso al mercato europeo. L’Ue auspica invece una «soluzione orizzontale» che possa essere applicata a tutti gli accordi in vigore e futuri.

La Svizzera non può auto sorvegliarsi

Secondo Le Temps, la Commissione deplora inoltre il fatto che la Confederazione non chiarifica le circostanze in cui una ripresa dell’acquis comunitario dell’Ue risulterebbe impossibile.

Anche le proposte elvetiche relative alla sorveglianza della (corretta) applicazione degli accordi lasciano a desiderare, ritiene la Commissione. La Svizzera intende affidare tale compito a un’«autorità nazionale indipendente» sul suo territorio, le cui competenze «sarebbero paragonabili a quelle della Commissione» in seno all’Ue.

Bruxelles esige dal canto suo che la Svizzera si sottometta all’autorità di un organo di controllo sovranazionale. Questo era già successo nel quadro dell’accordo sul trasporto aereo concluso nel 1999, quando Berna ha riconosciuto le competenze in materia della Commissione e della Corte di giustizia dell’Ue. Per la Commissione, è infatti inaccettabile che la Svizzera possa auto sorvegliarsi.

«L’attitudine della Svizzera innervosisce sempre più Bruxelles. Fanno fatica a sopportare il fatto che noi vogliamo tutti i vantaggi degli accordi senza partecipare allo sforzo europeo», commenta sulla Tribune de Genève il deputato popolare democratico Jacques Neirynck.

Meno pessimista il collega di partito Jean-René Fournier, membro della camera alta del parlamento. «Si poteva evidentemente sperare in un inizio migliore dei negoziati, ma si tratta soltanto dell’avviso della Commissione», afferma al giornale ginevrino. Ogni paese europeo, aggiunge, è suscettibile di avere la propria opinione sulla Svizzera. «È questo che alla fine sarà determinante».

Dati i suoi attuali problemi, l’Ue «non vuole trovarsi in piena crisi con la Confederazione», scrive Le Temps, riportando l’opinione di un alto responsabile della Commissione.

Come risolvere le vertenze?

A risultare problematico agli occhi di Bruxelles è pure il meccanismo di risoluzione delle vertenze voluto dalla Svizzera.

Berna vorrebbe che le divergenze di vedute siano discusse e risolte a livello politico, ed in particolare in seno a comitati misti incaricati di gestire gli accordi. Nel caso in cui ciò si rivelasse impossibile, la parte lesa potrebbe adottare «misure di compensazione appropriate e proporzionali» (delle sanzioni, per essere chiari). La valutazione della correttezza di tali misure spetterebbe a un’«istanza arbitrale».

La Commissione è sfavorevole all’istituzione di questa procedura arbitrale, che potrebbe interferire con le competenze della Corte di giustizia dell’Ue. L’esecutivo comunitario ha già evocato la possibilità di creare una camera speciale in seno alla Corte di giustizia dell’AELS (creata nel contesto dello Spazio economico europeo). Una proposta che, in materia di risoluzione delle vertenze, è per Berna inimmaginabile.

Dicembre 2010: i ministri degli affari esteri dei Ventisette decretano che la via degli accordi bilaterali settoriali «ha manifestamente raggiunto i suoi limiti».

Il presidente della Commissione europea, José Manuel Barroso, ribadisce tale posizione ai diversi presidenti della Confederazione in visita a Bruxelles: Doris Leuthard nel 2010, Micheline Calmy-Rey nel 2011 ed Eveline Widmer-Schlumpf nel 2012.

Barroso prevede di venire in Svizzera all’inizio del 2013, quando l’Ue avrà consolidato la sua posizione. Il prossimo 10 dicembre, i ministri degli affari esteri dei Ventisette adotteranno in effetti le conclusioni sulle relazioni tra l’Ue e la Svizzera.

Nell’attesa, e più precisamente l’11 ottobre, gli esperti dei Ventisette proseguiranno l’analisi delle proposte svizzere iniziata il 1. ottobre.

David O’Sullivan, Segretario generale del Servizio europeo per l’azione esterna, incontrerà entro fine ottobre il Segretario di Stato del Dipartimento federale degli affari esteri Yves Rossier.

Il Segretario di Stato per le questioni finanziarie (e fiscali) internazionali Michael Ambühl si recherà dal canto suo a Bruxelles a metà ottobre.

Le questioni istituzionali e fiscali sono legate: più l’Ue si mostrerà ferma sulle prime e meno la Svizzera sarà disposta a fare concessioni sulle seconde (fiscalità delle imprese e del risparmio).

Traduzione e adattamento dal francese di Luigi Jorio

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