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Elettrochoc al cuore

Ci si può esercitare nell'impiego del defibrillatore anche su un manichino. www.usuhs.mil

Dopo un infarto, il battito cardiaco può essere ripristinato con una scossa elettrica controllata. Un medico ticinese propone di distribuire capillarmente sul territorio le apparecchiature necessarie.

Le malattie cardiovascolari figurano tra le principali cause di mortalità nel mondo. E la Svizzera non fa eccezione: con oltre 25’000 morti all’anno, le defezioni cardiache e circolatorie sono all’origine di più del 40 percento di tutti i decessi. Una percentuale che sembra destinata ad aumentare.

Parallelamente, però, aumentano pure le probabilità di sopravvivere a un infarto. Non da ultimo, grazie a misure di pronto soccorso come l’elettrochoc: se praticata entro pochi minuti dalla crisi, la scarica elettrica può infatti ricondurre il battito cardiaco al suo ritmo normale.

Caos elettrico nel cuore

Un infarto provoca il caos nei segnali elettrici naturali che regolano l’attività del cuore. Ne consegue una fibrillazione ventricolare, vale a dire un battito rapidissimo e scoordinato, che ha l’effetto di un arresto cardiaco: il cuore non riesce più a pompare il sangue.

“Con una scarica elettrica controllata si riesce a interrompere la fibrillazione”, spiega il dottor Alessandro Del Bufalo, del Cardiocentro Ticino, “ripristinando i segnali elettrici naturali che sincronizzano alternativamente le contrazioni dell’atrio, che riceve il sangue dalla periferia, e del ventricolo, che lo pompa nel sistema vascolare”.

Defibrillatori per tutto il Cantone

Il dottor Del Bufalo ha quindi lanciato una mozione parlamentare per far distribuire capillarmente in tutto il Ticino gli apparecchi necessari per questo tipo di intervento: i cosiddetti Defibrillatori Automatici Esterni (DAE). Si tratta di apparecchi portatili che costano suppergiù quanto gli impianti airbag delle automobili e che funzionano in modo del tutto sicuro: la scarica elettrica salvatrice può essere emessa soltanto se il DAE rileva uno stato cardiaco di fibrillazione.

Un gruppo di lavoro, istituito dal governo ticinese, dovrà ora stabilire dove dovranno essere dislocati tali apparecchi, affinché siano accessibili in caso di necessità. “Naturalmente, non basterà distribuire i defibrillatori”, aggiunge il dottor Del Bufalo, “ma bisognerà pure istruire la popolazione su come e quando utilizzarli”.

Il progetto del medico ticinese si basa su iniziative analoghe in altre parti del mondo, come negli Stati Uniti, dove sono stati distribuiti apparecchi DAE nei casinò. Le sale da gioco sono infatti frequentate per lo più da persone in età avanzata e sotto stress emotivo, quindi particolarmente soggetta al pericolo di infarto. E proprio negli Stati Uniti, gli interventi di rianimazione cardiovascolare con i DAE hanno permesso di salvare oltre la metà delle persone colpite da arresto cardiaco.

Minuti preziosi per il cervello

Secondo il dottor Del Bufalo, sarebbe pure opportuno dotare di defribrillatori anche i corpi di polizia, dei pompieri e le pattuglie del Touring Club. “E inoltre, ce ne dovrebbero essere nei posti affollati come i centri commerciali, gli aeroporti, gli stadi e via dicendo. E anche in punti strategici lontani dai centri, dove le ambulanze ci mettono di più ad arrivare”.

In tal modo, infatti, si potrebbero soccorrere con tempestività le vittime di arresti cardiaci, “perché ogni minuto perso corrisponde grosso modo al dieci percento di cellule cerebrali che muoiono”. Con tutte le conseguenze che si possono immaginare.

Telefonare comunque al 144

L’idea che la popolazione possa disporre, in caso di bisogno, di apparecchi defibrillatori, non dispiace nemmeno al dottor Giuseppe Savary, responsabile del servizio ambulanze della Croce vedere di Lugano. “Tuttavia, non bisogna dimenticare le altre misure di base del pronto soccorso, ” dice lo specialista, “come il massaggio cardiaco, che permette far giungere il sangue ancora ossigenato fino al cervello”. Una misura, questa, che permette di guadagnare qualche minuto, il tempo perché giunga sul posto il personale sanitario.

“Ma per questo bisognerà ancora migliorare la formazione del pubblico. In particolare, si dovrebbero rinfrescare le nozioni di base imparate alla scuola reclute o a scuola di guida”, sostiene il dottor Savary. Per il quale bisognerebbe pure ripetere periodicamente le campagne di sensibilizzazione per allarmare tempestivamente i soccorsi: “Prima si telefona al 144, meglio è”.

E questa è una misura necessaria anche in caso di intervento con il defibrillatore automatico, perché i pazienti colpiti da arresto cardiaco devono comunque essere ricoverati in ospedale per le analisi del caso.

Fabio Mariani

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