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Svizzera vieta export Imsi-catcher a Bangladesh e Vietnam

(Keystone-ATS) Basandosi su una nuova ordinanza Berna ha vietato per la prima volta l’esportazione di apparecchi di spionaggio elettronico: autorità statali di Vietnam e Bangladesh volevano acquistare da ditte svizzere cosiddetti Imsi-catcher.

La Segreteria di stato dell’economia (SECO) ha confermato oggi informazioni di stampa al riguardo.

Gli Imsi-catcher, chiamati anche in italiano “cacciatori di Imsi (International Mobile Subscriber Identity)” sono dispositivi che, simulando una normale antenna telefonica, consentono di intercettare il traffico dei telefoni cellulari e di pedinare i movimenti dei loro possessori.

Secondo quanto scrivono oggi la “Neue Luzerner Zeitung” e il “St. Galler Tagblatt”, la SECO, d’accordo con i dipartimenti federali degli Affari esteri (DFAE) e della Difesa (DDPS), ha respinto le richieste di esportazione presentate dalle ditte svizzere, temendo un abuso degli apparecchi in questione nei due paesi asiatici.

“C’è motivo di pensare che i destinatari possano usare gli apparecchi a fini di repressione”, secondo Jürgen Böhler, responsabile alla SECO per i controlli dell’export.

Il divieto di simili esportazioni è possibile soltanto dal 13 maggio scorso, quando il Consiglio federale ha imposto per via di ordinanza norme più severe per il trasferimento all’estero di beni destinati alla sorveglianza di internet e della telefonia mobile.

Con gli Imsi-catcher si può per esempio sapere chi si trova in un dato momento in un posto determinato. Regimi repressivi possono così appurare chi ha partecipato a una manifestazione.

Mentre sono state vietate le esportazioni di Imsi-catcher verso Bangladesh e Vietnam, hanno invece avuto via libera quelle per altri paesi. Secondo la SECO, sono state autorizzate quelle verso Filippine, Kuwait e Libano.

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