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La Svizzera capitola, ma non poteva fare altrimenti

swissinfo.ch

Le scuse elvetiche presentate alla Libia per risolvere la crisi che durava da un anno sono viste come un'umiliazione da parte di molti giornali svizzeri. Secondo la stampa, la Confederazione paga anche un certo isolamento internazionale.

«Svizzera in ginocchio di fronte a Gheddafi», «Povero Signor Merz!» o ancora «La Svizzera ha deciso di inchinarsi davanti alla volontà della guida libica». L’atteggiamento della Confederazione e dei suoi rappresentanti è deplorato soprattutto dai giornali romandi, che considerano le scuse alla Libia un’umiliante sconfitta.

L’importante era di non vendere la nostra anima, di non rinnegare i nostri valori e di non presentare delle scuse per un errore che nessun svizzero aveva commesso, scrive Le Matin. «E invece, a gran sorpresa, Merz ha deciso di prendere un’altra strada». La Svizzera – commenta – si è fatta umiliare e ha dovuto piegarsi su tutta la linea.

Il 24 Heures sottolinea il «bilancio catastrofico dell’operazione Hannibal», rammentando tra l’altro che, dopo l’arresto del figlio di Gheddafi e della moglie lo scorso anno a Ginevra, la denuncia sporta dalle due vittime è stata ritirata in cambio di nulla, due altri perfetti innocenti sono stati privati di libertà (in riferimento ai due svizzeri arrestati in Libia), le imprese svizzere hanno perso dei contratti e lo Stato di diritto è stato sbeffeggiato.

Per Le Temps, la Svizzera paga il prezzo più alto per ristabilire le relazioni economiche con il paese delle dune. Dodici mesi dopo aver respinto la richiesta di scuse di Gheddafi, allora giudicata «scioccante e inaccettabile», scrive il giornale, la Svizzera è capitolata.

Quali alternative?

Non solo la Svizzera è stata forzata a dar ragione alla Libia, prosegue Le Temps, ma ha pure dovuto accettare che un tribunale indipendente giudichi la vicenda, una prospettiva che i diplomatici svizzeri hanno a lungo combattuto.

Il ritorno dei due svizzeri bloccati a Tripoli non è inoltre affatto certo, rileva Le Temps, segnalando che nell’accordo firmato giovedì non vi sono garanzie esplicite in questo senso.

La Regione Ticino è particolarmente critica nei confronti di Merz, per essersi recato «alla corte di un capo di stato straniero col cappello in mano» ed aver sentenziato che quell’arresto è stato sproporzionato e inutile. «Ma non sta a lui dirlo. Non sta al potere esecutivo federale giudicare l’operato di un potere giudiziario cantonale».

La Liberté solleva un interrogativo posto anche da altri giornali: di fronte all’irrazionalità libica, Merz poteva agire altrimenti?

Gesto inevitabile

Non bisogna prendersela con Merz, ritiene la Neue Zürcher Zeitung, secondo cui le scuse elvetiche non violano alcun principio dello Stato di diritto. La Svizzera, scrive l’editorialista, ha parlato per troppo tempo in una lingua che un freddo ricattatore – per il quale l’onore è più importante del ricatto – non poteva capire.

Per la NZZ, le scuse elvetiche sono quindi «una pillola amara, ma necessaria» per liberare i due svizzeri e per ristabilire le relazioni bilaterali.

Le autorità svizzere, si legge sulla Luzerner Zeitung, hanno il dovere di proteggere i cittadini e in questo caso si trattava di due svizzeri innocenti che lavoravano in Libia. Alle autorità ginevrine non sarà piaciuto, rileva, ma il gesto di Merz era «inevitabile».

La situazione poteva forse essere risolta con una posizione ferma da parte elvetica, ritiene 24 Heures. Per questo ci voleva però una certa preparazione con l’accordo delle istanze federali più alte, osserva il quotidiano. Ciò non è stato fatto e «la Svizzera ha pagato il suo dilettantismo» con un’umiliazione.

Svizzera isolata

In questa crisi, rileva Le Temps, la Svizzera ha perso più del proprio onore: è stata seccamente rispedita al suo «spettacolare isolamento». «Nessun paese amico è venuto in suo aiuto».

Sulla scena internazionale, gli fa eco Le Matin, la Confederazione è talmente debole che «anche quando ha ragione è costretta ad inchinarsi». La Svizzera, sostiene la Basler Zeitung, paga probabilmente il «prezzo dell’Alleingang» [la via solitaria, ndr]. Se fosse stata membro dell’Unione europea, si chiede il foglio renano, il colonello libico si sarebbe mostrato così brutale?

Se un paese depositario di determinate convenzioni internazionali non riesce nemmeno più a far rispettare il proprio diritto, conclude La Regione, «non bisogna pretendere di andare all’estero a calar lezioni».

Luigi Jorio, swissinfo.ch

15 luglio 2008: Hannibal Gheddafi e la moglie Aline sono arrestati a Ginevra in seguito a una denuncia per maltrattamenti di due loro domestici. Incriminati per lesioni semplici, minacce e coazione, due giorni dopo vengono rimessi in libertà provvisoria contro il versamento di una cauzione di 500mila franchi.

19 luglio 2008: Due cittadini svizzeri sono arrestati in Libia. Alcune società svizzere in Libia sono costrette a chiudere. La compagnia aerea Swiss è obbligata a ridurre il numero di collegamenti con Tripoli.

23 luglio 2008: La Libia minaccia di bloccare le forniture di greggio alla Svizzera. Berna istituisce una cellula di crisi e invia in Libia una delegazione diplomatica.

29 luglio 2008: I due svizzeri incarcerati in Libia sono liberati su cauzione, ma non possono lasciare il paese.

2 settembre 2008: La procedura penale contro la coppia Gheddafi è classata in seguito al ritiro della denuncia da parte dei due domestici. Il procuratore generale del canton Ginevra Daniel Zappelli annuncia l’archiviazione del caso.

9 aprile 2009: La Libia denuncia le autorità ginevrine. Tripoli giudica l’arresto contrario alla Convenzione di Vienna sulle relazioni diplomatiche e la cauzione “astronomica”. Al canton Ginevra viene chiesto un risarcimento per danni materiali di oltre 474’000 franchi, nonché un indennizzo per torto morale di 20’000 per ognuno dei coniugi e di 10’000 franchi per il figlio, nato poco tempo dopo l’episodio.

20 agosto 2009: In visita a sorpresa a Tripoli, Hans-Rudolf Merz presenta le scuse alla Libia per l’arresto di Hannibal Gheddafi. In cambio riceve una promessa di rilascio dei due cittadini elvetici e la garanzia di un ripristino delle relazioni consolari ed economiche.

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