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Segnali contrastanti sul fronte economico

L'evoluzione economica è stata contrassegnata da molti alti e bassi negli ultimi anni Keystone

L'economia svizzera continua a reggere relativamente bene, nonostante la debolezza di alcuni mercati di esportazione. Diversi istituti di ricerche economiche hanno rialzato le loro previsioni di crescita, ma si aspettanto tuttavia notevoli discrepanze a seconda dei settori.

Il mese scorso la Segreteria di Stato dell’economia (Seco) ha pronosticato una crescita dello 0,8% del Prodotto interno lordo (PIL) per l’anno in corso. L’economia non girerà quindi a pieno gas, ma il quadro è migliore rispetto alle previsioni del dicembre scorso (+0,5%). La Svizzera dovrebbe sfuggire alla recessione che sta colpendo diversi paesi europei.

Anche l’Istituto di ricerche economiche del Politecnico di Zurigo (KOF) ha espresso in marzo un maggiore ottimismo, annunciando una crescita dello 0,8%, contro lo 0,2% previsto in dicembre. Stessa tendenza presso il Centro di ricerche economiche dell’Università di Basilea (BAK), che ha aggiornato le sue previsioni, passando dallo 0,3 allo 0,7%.

Crescenti discrepanze

“In dicembre ci aspettavamo una stagnazione o addirittura una crescita negativa per i primi due trimestri di quest’anno. Ma ora sembra che il punto più basso sia già stato toccato durante l’inverno “, dichiara Jan-Egbert Sturm, direttore del KOF.

“Una crescita modesta dello 0,8% non può essere vista con grande ottimismo, ma siamo stati comunque sorpresi dalla resistenza dell’economia svizzera”.

L’adeguamento verso l’alto delle previsioni ha fatto in parte seguito ai miglioramenti intervenuti a livello europeo sul fronte della crisi del debito. In quest’ambito, la situazioni appariva molto peggiore alla fine dello scorso anno.

Dal quadro attuale dell’economia svizzera emergono però grandi divari, a seconda dei settori. Le esportazioni di prodotti farmaceutici e di orologi hanno registrato una nuova impennata negli ultimi mesi e il settore delle costruzioni continua ad approfittare di un mercato immobiliare fiorente.

Per altri rami la situazione è meno rosea: l’industria delle macchine, i tessili e il turismo hanno subito i contraccolpi delle difficoltà economiche in Europa e dell’alto valore del franco rispetto alle principali valute.  

Anche il settore finanziario ha sofferto per gli effetti combinat di diversi fattori: i bassi tassi d’interesse, la maggiore cautela della clientela, le modifiche imminenti delle regolamentazioni bancarie e gli attacchi globali contro l’evasione fiscale.

“Le discrepanze tra i vari settori sono molto più grandi che non in passato”, rileva Jan-Egbert Sturm.

Utili e perdite

Tenendo conto dei risultati presentati dalle aziende in questi ultimi mesi, si denota che vi sono grandi disparità anche all’interno di ogni settore.

L’impresa tessile Swiss Tex di Winterthur sta attraversando una fase estremamente difficile: 80 dei suoi 91 dipendenti sono stati minacciati di licenziamento. Sempre a Winterthur, l’industria tessile Rieter sembra essere invece rimbalzata dalla stasi che l’aveva portata ad una vasta ristrutturazione e ad una riduzione degli effettivi.

Dopo aver dislocato parte della produzione in Asia e separato la divisione componenti per autoveicoli dal resto delle attività, Rieter ha registrato un grande balzo delle vendite e dei profitti l’anno scorso. Anche questi risultati sono però offuscati da una riduzione di un terzo delle nuove commesse negli ultimi mesi.

Molti esportatori hanno registrato una riduzione significante delle ordinazioni verso la fine del 2011, ciò che lascia prevedere un calo delle esportazioni per l’anno in corso. La disoccupazione rischia così di salire a quota 3,1% nel 2012 e di raggiungere il 3,7% alla fine del 2013.

Choc petrolifero?

Anche tra le piccole imprese si riscontrano grandi differenze, come risulta da diversi sondaggi condotti recentemente.

Il 79 % delle piccole e medie imprese (Pmi) ha registrato una riduzione dei margini di profitto a causa del franco forte, indica un sondaggio realizzato dall’Osec, l’agenzia incaricata dal governo di promuovere le attività all’estero delle aziende elvetiche.

Alla fine del 2010 questa quota non superava il 58%. Resta ora da vedere quale effetto avrà per le imprese il tasso di cambio minimo di un 1,20 franchi per euro, stabilito nel settembre scorso dalla Banca nazionale svizzera. Diversi gruppi di pressione hanno criticato questa misura, considerata ai loro occhi insufficiente.

Da un sondaggio dell’Associazione svizzera delle PMI emergono risultati contrastanti per quanto riguarda le prospettive per i prossimi mesi. Un quarto delle aziende intervistate prevedono un fatturato in crescita per quest’anno, mentre una percentuale analoga si aspetta un rallentamento. Solo il 10% pronostica però anche un aumento degli utili.

Molte aziende si preoccupano in particolare per la volatilità dei prezzi delle materie prime, a cominciare dal petrolio. Ma anche in quest’ambito non vi saranno solo perdenti, ritiene il KOF. La crescita delle aziende attive in questo settore potrebbe compensare le conseguente negative che risulteranno per diversi altri rami.

“Le nostre simulazioni mostrano che se i prezzi del petrolio dovessero salire a 150 dollari al barile, non ci sarebbero effetti negativi a breve termine per l’insieme dell’economia svizzera”, afferma Jan Egbert Sturm. “Ma non favorirebbero certamente il mercato del lavoro”.

KOF (marzo 2012)

Crescita del PIL: 0.8% 2012, 1.9% 2013

Tasso di disoccupazione: 3.2% 2012, 3.2% 2013

Inflazione: -0.4% 2012, +0.8% 2012

Esportazioni: 0.8% 2012, 4.7% 2012

Importazioni: 3.7% 2012, 7.9% 2013

Consumi interni: 1.7% 2012, 1.8% 2013

Seco (marzo 2012)

Crescita del PIL: 0.8% 2012, 1.8% 2013

Tasso di disoccupazione: 3.4% 2012, 3.7% 2013

Inflazione: -0.4% 2012, +0.4% 2013

Esportazioni: 1.3% 2012, 4.5% 2013

Importazioni: 1.7% 2012, 4.5% 2013

Consumi interni: 1.2% 2012, 1.6% 2013

Traduzione Armando Mombelli

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