Istituti Confucio in voga, ma non mancano i timori

Specializzati nell'insegnamento di lingua e cultura cinesi, gli Istituti Confucio spuntano come funghi in tutto il mondo. Anche in Svizzera uno ha già aperto le porte e altri lo faranno. Alcuni media sollevano dubbi sulla loro indipendenza.
“Calvino ha ufficialmente accolto Confucio”, ha scritto un giornale della Svizzera francese quando sono iniziati i corsi di mandarino all’Istituto Confucio dell’università di Ginevra, inaugurato in novembre. Analoghi “avamposti” della cultura cinese sono ora progettati a Basilea e a Zurigo.
Gli Istituti Confucio si iscrivono nel solco degli istituti Società Dante Alighieri, Alliance française, Goethe, Cervantes, Camões e British Councils, presenti in Svizzera da anni. I Confucio presentano però due caratteristiche che li distinguono dagli altri istituti che diffondono nel mondo lingua e cultura dei propri paesi.
Prima di tutto sono legati al Ministero cinese dell’istruzione, che li sostiene economicamente, diversamente dagli altri istituti di questo tipo che sono indipendenti dalle istituzioni dei loro paesi. Un vincolo che in Svizzera suscita critiche.
L’altra peculiarità è il loro inserimento, tramite partnership, nelle università dei paesi dove si insediano. Nella maggior parte dei paesi funzionano con questa forma di collaborazione, “non come per esempio l’Alliance française”, spiega a swissinfo.ch il direttore dell’Istituto Confucio dell’università di Ginevra, Basile Zimmermann.
Perché questa integrazione negli atenei? “Per i cinesi cultura e lingue fanno parte della scienza”, indica Ling Sun, incaricato della sezione formazione all’ambasciata cinese a Berna. “In quest’ottica le università offrono dei vantaggi quali partner, poiché lì è praticata la ricerca”. E gli Istituti Confucio non sono delle semplici scuole di lingua.
L’ampia diversità tematica dei programmi d’insegnamento delle centinaia di Istituti Confucio sparsi nel mondo è confermata anche da Ivana Vrbica, responsabile della divisione dell’insegnamento superiore del cantone di Ginevra. “Ciascun Istituto Confucio è qualcosa di diverso. Alcuni fungono quasi da consolati, sono praticamente delle agenzie governative. In altri, come quelli in America, si impara a cucinare cinese”.
Quello di Ginevra è un centro d’insegnamento e di ricerca sulla Cina contemporanea, che organizza simposi e conferenze e impartisce corsi. Il suo programma è allestito dall’università di Ginevra in cooperazione con l’università Renmin di Pechino.
Libertà accademica versus politburo?
L’apertura dell’Istituto Confucio nella città lemanica ha sollevato un polverone sulla stampa elvetica. Nei media è stato dato parecchio spazio alla “paura di un’eventuale censura” (Tribune de Genève). Un timore che non suscitano invece gli istituti linguistici e culturali di altri paesi.
Questa critica non è stata espressa solo dai giornali di Ginevra. Dalla Neue Zürcher Zeitung (NZZ) alla Frankfurter Allgemeine Zeitung, passando per Die Zeit, la questione della paura della censura ricorreva come un filo conduttore negli articoli che parlavano dell’inaugurazione dell’Istituto Confucio nella città lemanica. Già nei titoli s’insinuava la diffidenza: “Veicolo di propaganda della Repubblica popolare”, “Nell’alcova con la Cina”, “La Cina ante portas!”
Lin Sun ritiene che si tratti di pregiudizi. “Istituzioni analoghe di altri paesi esistono da 20 o 30 anni, eppure nessuno li ha criticati”, rileva.
Ivana Vrbica racconta che le è stato ripetutamente chiesto se l’università di Ginevra potrebbe invitare, ad esempio, oppositori del regime cinese o il Dalai Lama. E la sua risposta è decisa: “Ma certamente! Un’università svizzera funziona secondo le leggi svizzere e a Ginevra la legge è molto chiara riguardo alla libertà accademica”.
Diritto di veto per entrambi
L’alta funzionaria ginevrina non sa se i timori espressi dai giornalisti siano dovuti a brutte esperienze con altri Istituti Confucio. “Ma se l’integrazione dell’Istituto viene attuata come a Ginevra, questi timori non sono fondati”.
“Nel contratto dell’Istituto Confucio una clausola stabilisce che in caso di conflitto è la giustizia ginevrina che decide”, aggiunge Basile Zimmerman. Secondo il direttore, negli articoli di giornali sull’apertura dell’istituto ci sono stati degli equivoci, probabilmente perché si tratta di un progetto di cooperazione con un’università cinese.
“L’Istituto Confucio è un’offerta aggiuntiva a quelle già esistenti dell’unità di sinologia dell’università di Ginevra, che è assolutamente indipendente. Se uno dei partner non vuole partecipare a un progetto, è libero di rifiutare. Sia noi che i cinesi abbiamo un diritto di veto”.
Il quotidiano ginevrino Le Temps ne deduce che in determinati campi è verosimilmente esclusa una collaborazione. Ma le questioni sensibili potrebbero semplicemente essere trattate in altre unità dell’università invece che nell’Istituto Confucio.
In Europa ci sono già oltre cento Istituti Confucio, mentre nella Confederazione quello di Ginevra, aperto alla fine del 2011, è il primo. Un ritardo che Ling Sun attribuisce alla “prudenza degli svizzeri che non vogliono essere influenzati da nessuno”. Inoltre da parte elvetica si esige precisione. “Tutto deve essere in ordine al cento per cento prima di poter iniziare”, dice l’addetto dell’ambasciata cinese.
Il bilancio iniziale dell’Istituto Confucio dell’università di Ginevra è di 200mila franchi all’anno, di cui metà a carico dell’ateneo ginevrino e l’altra metà a carico dell’Ufficio nazionale per l’insegnamento del cinese come lingua straniera (Hanban) di Pechino.
L’università popolare di Pechino paga anche un professore.
Da parte elvetica, il cantone di Ginevra mette a disposizione anche la villa Rive Belle, una bella proprietà in riva al lago di un valore di stima di 20 milioni di franchi.
I corsi di cultura e di lingua cinese proposti dall’Istituto Confucio attualmente sono riservati agli studenti di master dell’università di Ginevra. In futuro l’Istituto si prefigge di estendere l’offerta a studenti di bachelor o persone esterne all’ateneo ginevrino.
I progetti di ricerca sono in fase di elaborazione.
L’Istituto organizza inoltre conferenze ed eventi pubblici.
I suoi responsabili hanno l’ambizione di far diventare l’Istituto una piattaforma di scambi accademici tra la Svizzera, la Cina e le organizzazioni internazionali.
La Cina ha inaugurato il primo Istituto Confucio all’estero nel 2004 a Seul, in Corea del sud. Oggi ve ne sono alcune centinaia presenti in tutti i continenti.
Da diversi anni, la Cina ha sviluppato i suoi media in lingue straniere. Prima con i giornali di lingua inglese per gli stranieri residenti in Cina, nel 2009 con un canale della Televisione centrale cinese (CCTV) in lingua araba.
La CCTV nel frattempo a introdotto anche canali in inglese, francese, spagnolo e russo.
Dal canto suo, Radio China International trasmette programmi in varie lingue e con CRI online diffonde notizie, articoli e web radio in diverse lingue, tra cui l’Italiano.
Anche l’agenzia stampa Nuova Cina (Xinhua) ha un servizio in diverse lingue. In italiano ha costituito l’agicina24 in partnership con l’Agi.
In tal modo la Cina vuole occupare un posto di rilievo tra i media internazionali e fornire il punto di vista cinese.
(Traduzione dal tedesco: Sonia Fenazzi)

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