La nuova generazione di designer svizzeri innova, sperimenta e collabora. Osa distanziarsi dallo stile più sobrio e funzionale che tradizionalmente caratterizza il design elvetico. Un approccio apprezzato sulla scena internazionale, al punto che la Svizzera ha recentemente ottenuto il Premio per l’Innovazione alla prima biennale del design di Londra.
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Giornalista basata a Berna, sono particolarmente interessata alle tematiche sociali, ma anche alla politica e ai temi riguardanti i social media. In precedenza, ho lavorato per dei media regionali, nella redazione del Journal du Jura e di Radio Jura Bernois.
È la ricetta che hanno utilizzato per creare “Hyper Modular”, il progetto che ha fatto parte delle sette opere dello stand svizzero premiato a Londra.
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Premio per l’innovazione a sette studi di design
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La Svizzera ha vinto il Premio per l’innovazione lo scorso settembre, in occasione della prima Biennale del design di Londra. Tra i 37 paesi in lizza, una giuria internazionale ha deciso di premiare il Padiglione svizzero. Selezionati da Pro HelvetiaCollegamento esterno e dall’ambasciata svizzera nel Regno Unito, i sette studi di designCollegamento esterno avevano il…
Nell’atelier nel centro di Bienne (canton Berna), i due artisti parlano del loro lavoro ricorrendo a molte metafore: “Hyper Modular è un’onda di luce. I suoi movimenti sono lenti, fluidi e naturali, quasi umani, un po’ come un campo di grano mosso dal vento”.
I movimenti della lampada lunga 6 metri e larga 12 millimetri, azionata da cinque piccoli argani, nascondono diverse difficoltà tecniche. Ostacoli che Dimitri Bähler e Mathieu RivierCollegamento esterno hanno superato combinando le loro competenze individuali.
Quando l’estetica e la tecnica si incontrano
All’origine dell’opera si trova il fascino che il carbonio suscita in Dimitri Bähler e la volontà del designer di realizzare un oggetto sfruttando la flessibilità di questo materiale. “Lui ha portato la parte estetica e sensibile, il rigore della riflessione su ogni angolo e su ogni colore”, spiega Mathieu Rivier, che ha invece reso possibile la concretizzazione del progetto grazie alle sue competenze tecniche.
Il due artisti hanno così trovato l’equazione che ha loro permesso di realizzare un’installazione innovatrice, luminosa e flessibile allo stesso tempo. Ma hanno anche imparato molto l’uno dall’altro. “Alla fine, mi sono messo anche io a lavorare con un saldatore fino all’ultimo minuto prima dell’apertura della Biennale, nella nostra camera a Londra”, racconta Dimitri Bähler.
Gli studi di design selezionati per rappresentare la Svizzera alla Biennale avevano anche la missione di collaborare con l’industria. I due designer hanno scelto di rivolgersi a due imprese: una si è concentrata sulla lavorazione del carbonio (NTPT, North Thin Ply Technology, a Renens, canton Vaud), l’altra ha messo a disposizione le sue competenze in materia di illuminazione (Simpex Electronic, Wetzikon, canton Zurigo).
Verso ulteriori collaborazioni
Per i giovani designer era importante lavorare con delle piccole aziende piuttosto che rivolgersi a grandi marche. “Il design permette di dare visibilità a piccole e medie imprese (PMI) molto specializzate, ma che restano spesso nell’ombra. Bisogna prendersi cura del tessuto delle PMI svizzere”, osserva Dimitri Bähler.
Quest’ultimo è convinto che rinforzare il legame tra designer e imprese può favorire l’innovazione: “Ogni tanto, bisogna forzare le collaborazioni per ottenere risultati inattesi”. Mathieu Rivier immagina combinazioni sorprendenti: “Potremmo mettere in contatto un ceramista con qualcuno che fabbrica schermi tattili”.
“Coniugare due saperi fa nascere sempre risultati estremamente arricchenti” Alexis Georgacopoulos, direttore dell’Ecal
Questo gusto per l’interdisciplinarietà si sta affermando come una nuova tendenza del design elvetico. Da qualche anno, l’Alta scuola di arti applicate di Losanna (Ecal), una delle migliori scuole di arte e design del mondo, incoraggia intensamente le collaborazioni tra designers e industria, ma anche tra creatori.
“Coniugare due saperi fa nascere sempre risultati estremamente arricchenti”, ritiene il direttore dell’Ecal, Alexis Georgacopoulos. Il suo istituto spinge gli studenti a creare una rete di conoscenze durante la formazione, facendo ad esempio lavorare su uno stesso progetto fotografi e designer.
Rompere gli schemi
Parallelamente alla svolta della collaborazione, il design svizzero è anche entrato in un’era più sperimentale. L’installazione presentata nella capitale britannica ne è la prova. “Chiunque conosce gli orologi o il famoso coltellino svizzero. Il design elvetico è estremamente legato ad archetipi che non sono per forza attuali e aggiornati”, sottolinea Georgacopoulos.
Il direttore dell’Ecal si rallegra nel constatare che la rappresentanza svizzera in Gran Bretagna non ha puntato sui classici ma piuttosto su una nuova generazione di designer “conosciuti per rompere gli schemi”.
Il design elvetico si separa dallo stile rigoroso e funzionale con il quale si è fatto conoscere nel mondo. “È un nuovo approccio che trasgredisce ai codici tradizionali”, constata Georgacopoulos. È una tendenza che esiste da molti anni, “alla Biennale di Londra è stata tuttavia la prima volta che una rappresentanza elvetica ha adottato in maniera completa questo nuovo modo di fare”, aggiunge.
Un design che fatica a superare le frontiere
Il design svizzero riesce ad ottenere un posto sulla scena internazionale ma esporta poco. “In termini di prodotti e design industriale, sembra che la Svizzera fatichi ad ottenere visibilità”, spiega Giovanna Lisignoli, curatrice del Padiglione svizzero alla biennale di Londra. Vorrebbe vedere più designer elvetici “oltrepassare il loro orizzonte piuttosto locale e mettersi in gioco maggiormente sul piano internazionale, con più sicurezza, poiché hanno certamente molto da offrire”.
Il direttore dell’Ecal Alexis Georgapoulos arriva alla stessa conclusione: “A parte qualche grande insegna, la maggior parte dei marchi si concentra sul mercato svizzero”. Spiega in particolare che questo fenomeno è dovuto alle dimensioni del paese, che deve confrontarsi con dei sistemi di produzione più piccoli e dai costi elevati.
La posizione della Svizzera all’esterno dell’Unione europea (UE) non facilita i compiti dei designer che lavorano a livello internazionale. Perlomeno questa è l’esperienza di Dimitri Bähler e Mathieu Rivier. “Spedire un oggetto all’estero dalla Svizzera crea molte complicazioni amministrative legate alle dogane. “Per noi sarebbe meglio essere parte dell’UE”, afferma Rivier.
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Svizzera, una fonte di creatività tipografica
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Con la produzione di caratteri quali Helvetica e Univers, che hanno conquistato il pianeta, la Svizzera sessanta anni fa era il centro del mondo tipografico. Le nuove tecnologie hanno rivoluzionato il settore, ma arte e design svizzeri rimangono molto richiesti.
"Le parole non possono descrivere il mio disgusto!" "È un giorno triste". "Così prevedibili, così monotoni". Queste furono alcune reazioni alla notizia shock nel 2009 che Ikea cambiava il suo carattere tipografico, passando da Futura, il classico intramontabile utilizzato da Volkswagen, Calvin Klein e molti altri, a Verdana, il carattere onnipresente sullo schermo progettato per Microsoft.
Quella "fontroversia" scoppiò lontano dalla Svizzera. Ma la culla dello stile tipografico internazionale (detto anche stile svizzero o scuola svizzera) – dove si sviluppò l'uso di layout asimmetrici, griglie e caratteri senza grazie, negli anni '50 – ebbe la sua dose di contraccolpi.
Ciò fu il caso "negli anni '80 e '90, quando Helvetica divenne fuori moda per i grafici d'avanguardia", dice a swissinfo.ch Robert Lzicar, storico del design grafico e direttore del programma di Master in design della comunicazione alla Scuola universitaria delle arti di Berna.
L'età d'oro della tipografia svizzera iniziò nel 1957, quando il design funzionale influenzato dal Bauhaus portò alla creazione di Helvetica e Univers. Questi caratteri tipografici essenziali, puliti e leggibili colsero lo spirito del tempo e catturarono l'attenzione di grafici di tutto il mondo, in particolare negli Stati Uniti.
Helvetica, il carattere di scelto da Nestlé, Lufthansa, metropolitana di New York, McDonald e tantissimi altri, è stato persino oggetto di un documentario nel 2007.
Glossary
A typeface (also known as font family) is a set of one or more fonts each composed of glyphs (characters) that share common design features. In digital typography, the font is a digital file which contains the typeface; the typeface is what you see.
Each font of a typeface has specific characteristics, including weight, style, stroke width, stroke contrast, italicisation, ornamentation (and formerly size, in metal fonts). For example, the Neue Helvetica Complete Family Pack on fonts.com comprises 51 fonts.
Fonts are either serif (rhymes with sheriff, also known as “Roman”) or sans-serif (rhymes with bans sheriff, also known as “Grotesque” or “Gothic”). A serif is a short line or finishing stroke that crosses or projects from stems or strokes in a character.
"La Svizzera è stata certamente molto creativa nell'ideazione di caratteri, ma non ha mai avuto una grande industria", rileva Robert Lzicar. "E oggi la situazione è ancora la stessa: in Svizzera ci sono molte piccole fonderie che creano caratteri innovativi, ma non c'è un grande attore, come ad esempio Monotype negli Stati Uniti, i cui marchi Linotype e FontShop International vendono e accordano licenze su caratteri a livello internazionale".
Sperimentazione
Una delle "più grandi" piccole fonderie svizzere è la Swiss Tipefaces di Losanna, il cui 38enne co-fondatore, Ian Party afferma che il settore gode di "ottima salute".
"I disegnatori di caratteri tipografici hanno avuto un periodo difficile all'inizio degli anni 2000, quando è esplosa la produzione ma non la domanda", spiega a swissinfo.ch. Questa esplosione è stata una conseguenza dell'arrivo di Internet e di software che hanno permesso a chiunque, da un giorno all'altro, di generare i propri caratteri con un computer.
"Ci siamo veramente ritrovati al crocevia quando tutti i grafici hanno avuto un PC. In precedenza, i caratteri tipografici erano qualcosa di molto complesso e molto professionale, creati da persone con specifiche competenze artistiche e tecniche", osserva Party. "Poi, improvvisamente, tutti si sono accorti che, seppur non facilmente, era possibile sviluppare rapidamente i caratteri tipografici e digitalizzare i disegni fatti da altri. C'era davvero una tendenza tra i grafici pubblicitari di creare il proprio carattere".
"Alla fine degli anni '80 e ai primi anni '90, dei progetti di design grafico hanno anche messo in dubbio la leggibilità dei caratteri!" aggiunge Lzicar, che parla di una "reazione" contro i tradizionali caratteri tipografici di stile svizzero. "C'era molta più sperimentazione rispetto ad oggi."
Successo mondiale
Ma non si può mettere in disparte un buon carattere tipografico. Così, dopo i selvaggi anni sperimentali della rivoluzione informatica, i disegnatori sono tornati ai collaudati caratteri senza grazie.
Nel 2004 Laurenz Brunner, un giovane grafico pubblicitario svizzero, ha pubblicato Akkurat, che ha procurato un enorme successo mondiale alla sua fonderia, la Lineto. Brunner ha scritto: "Nel 2006 e nel 2007, tra i designer è cresciuto l'interesse per lo stile tipografico 'oggettivo', che reinterpreta molti principi del design svizzero classico. Akkurat si è quindi trasformato in una sorta di modello per questo movimento".
Robert Lzicar concorda sul fatto che gran parte del successo di Akkurat è dovuta al fatto che "adatta i principi collaudati dei suoi predecessori alle esigenze di un'economia globale". Spiega: "Non ha limiti di caratteristiche, quindi i grafici lo possono usare per molte applicazioni diverse. Ciò ha fatto di Akkurat uno dei successi mondiali del design tipografico contemporaneo svizzero".
Piano economico
Quindi, se si vogliono fare soldi, si dovrebbe diventare un disegnatore di caratteri tipografici? "No. Affatto! Il lavoro di design di un'intera famiglia di font è enorme. Si dovrebbe piuttosto avviare una fonderia di caratteri, che è molto più redditizia perché così si amministrano le licenze", risponde Robert Lzicar.
Secondo Ian Party, i designer sanno che i sans serif si vendono bene, "quindi se si progetta un carattere simile a Helvetica, in larga misura si tratta di una decisione economica". "Ma anche in questo caso, è altamente improbabile che si riesca a produrre 'un bestseller' come Akkurat. Ci sono tantissimi tipi di caratteri [più di 150'000 solo su fonts.com]. È dunque veramente difficile avere a lungo successo sul mercato".
"Dietro ad ogni carattere c'è un business plan. Si analizza il mercato, si cerca di vedere quello che si vende bene, si decide quali sono le esigenze del mercato e come si può realizzare un profitto".
Ian Party, che insegna anche all'ECAL, la scuola universitaria di arte e design di Losanna, ha ideato Suisse, che è diventato il più grande successo dei caratteri tipografici svizzeri. Si tratta di un senza grazie come Helvetica.
"C'è chiaramente uno stretto legame tra i due", ammette. "C'è una influenza, nel senso che noi siamo impregnati di cultura elvetica e che abbiamo studiato grafica pubblicitaria in Svizzera. La cultura tipografica svizzera comprende Helvetica e Univers, che erano molto presenti nella nostra formazione".
Rivoluzione della risoluzione
In effetti, la tendenza che ha avuto il più grande impatto sulla tipografia contemporanea svizzera è il passaggio dalla carta allo schermo, con sempre più dispositivi mobili, in atto tra i consumatori in tutto il mondo.
"Questo riguarda l'intero concetto di un carattere tipografico, perché sullo schermo non si vedono linee e superfici, si vedono pixel. Ora gli schermi sono sempre più piccoli, mentre la loro risoluzione aumenta. Tuttavia, è ancora diverso leggere qualcosa sullo schermo che sulla carta. Per i testi lunghi, i caratteri con grazie stampati restano i miei preferiti", precisa Robert Lzicar.
Egli spera che con l'aumento della potenza dei pixel, ci possa essere una rinascita del serif. "Il mezzo cambia totalmente il modo in cui le cose vengono percepite".
In definitiva, secondo Lzicar, la scelta del font giusto è "come la scelta del brano giusto per un DJ": dipende dal contesto, dallo stato d'animo e dal pubblico.
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