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Ma l’iniziativa voleva o non voleva frenare l’immigrazione di massa?

L'obiettivo principale dell'iniziativa non era di diminuire drasticamente l'immigrazione, afferma il consigliere nazionale UDC Hans-Ueli Vogt. Keystone

Due anni e mezzo dopo l’accettazione dell’iniziativa «contro l’immigrazione di massa» non è ancora chiaro come sarà tradotta in pratica la volontà del popolo senza mettere in pericolo gli accordi con l’UE. Intanto, anche degli esponenti dell’UDC, il partito all’origine dell’iniziativa, sembrano disposti a scendere a compromessi. Il consigliere nazionale UDC Hans-Ueli Vogt afferma ad esempio che l’obiettivo principale dell’iniziativa non è di frenare l’«immigrazione di massa».

«L’eccesso nuoce! Basta all’immigrazione di massa!». È con questo slogan che l’Unione democratica di centro (UDC, destra conservatrice) ha fatto campagna per la sua iniziativa, accettata il 9 febbraio 2014. Da allora in Svizzera si sta discutendo su come attuare questa proposta.

Il nuovo articolo costituzionale non è compatibile con l’accordo di libera circolazione delle persone, che la Svizzera ha firmato con l’Unione Europea. E poiché fino ad oggi l’UE non si è mai detta disposta a rinegoziare questo accordo, il pericolo è che tutti i contratti bilaterali siglati tra Berna e Bruxelles siano rescissi. Uno scenario che le associazioni economiche, i cantoni e moltissimi politici vorrebbero ad ogni costo evitare.

Tra le tante proposte discusse in questi giorni dalla commissione parlamentare competente, prima che il dossier passi nelle mani del parlamento, ve n’è una in particolare che sembra emergere.

Essa propone di gestire la migrazione introducendo la priorità nazionale sul mercato del lavoro e applicando una clausola di salvaguardia nell’accordo di libera circolazione (vedi box). Impossibile per ora dire se la soluzione possa essere accettata dall’UE. Ed è anche difficile dire quanto questa misura possa effettivamente ridurre l’immigrazione.

Un modello federalista

Applicare il «senso e lo spirito» dell’iniziativa, ma senza attuarla alla lettera: è quanto si prefigge il modello sostenuto dai cantoni per trovare una soluzione al voto del 9 febbraio 2014.

Per non mettere in pericolo gli accordi bilaterali con l’UE, questo modello (elaborato dall’ex Segretario di Stato Michael Ambühl) non prevede l’introduzione di contingenti e tetti massimi, come contemplato nella proposta di legge trasmessa dal governo al parlamento. Delle simili misure sarebbero in aperta contraddizione con il principio della libera circolazione.

Per contro, i cantoni potrebbero attivare una clausola di salvaguardia, limitando l’immigrazione a seconda dei bisogni delle regioni e dei settori economici, nel caso in cui vengono registrate difficoltà.

Non è però ancora chiaro se Bruxelles sia disposta ad accettare una simile misura.

Secondo Hans-Ueli Vogt, consigliere nazionale UDC e professore di diritto all‘Università di Zurigo, non è del resto questo l’obiettivo principale dell’iniziativa. In altre parole: chi ha detto sì all’iniziativa perché voleva prima di tutto frenare l’«immigrazione di massa» si è sbagliato.

swissinfo.ch: Come si può frenare l’«immigrazione di massa» senza danneggiare l’economia?

Hans-Ueli Vogt: Non c’è nessuna contraddizione. Il termine ‘interessi generali dell’economia’ ingloba molto di più degli interessi a corto termine delle singole aziende. Vale a dire che bisogna promuovere uno sviluppo economico sostenibile, a lungo termine, prendendo in considerazione anche gli aspetti sociali e politici, come il Consiglio federale (governo) ha scritto una volta in merito alla legge sugli stranieri.

La priorità nazionale è compatibile con tutto ciò. La giustificazione economica di un simile provvedimento è che economicamente ha senso assumere lavoratori che già vivono in Svizzera, piuttosto che cercarli all’estero.

swissinfo.ch: Imponendo una priorità nazionale, le imprese svizzere non rischiano però di avere degli svantaggi competitivi nei confronti della concorrenza nello spazio UE?

H.-U. V.: Il principio alla base di tutto è quello delle medesime qualifiche. Per i posti vacanti, le aziende cercano persone con un determinato profilo. Se vi è solo una persona proveniente dall’estero che soddisfa i requisiti richiesti, dovrebbe essere consentito assumere lo straniero.

swissinfo.ch: La manodopera estera soddisfa spesso i requisiti poiché è meno cara…

H.-U. V.: Dipende da come viene implementata la priorità nazionale. Se ad esempio i posti vacanti sono prima annunciati agli Uffici regionali di collocamento o all’Ufficio del lavoro cantonale, è possibile sapere se il posto può essere occupato da un residente e se il datore di lavoro e la persona alla ricerca di un impiego possono raggiungere un accordo sul salario. Solo quando ciò non avviene si può far capo a manodopera estera.

Hans-Ueli Vogt, esperto di diritto economico. Keystone

swissinfo.ch: Anche se il principio della priorità nazionale potesse venire attuato, l’impatto sull’immigrazione sarebbe appena percettibile. O non è così?

H.-U.V.: È difficile valutarlo. Però intuitivamente sono della stessa opinione.

swissinfo.ch: Se si vuole rispettare completamente la volontà popolare, ci vuole un modello che diminuirebbe drasticamente l’immigrazione, poco importano i vantaggi e gli svantaggi per le aziende…

H.-U. V.: Una «diminuzione drastica» è un termine troppo forte. Non è ciò che figura nel testo dell’iniziativa. Secondo me, il punto centrale dell’articolo costituzionale è il primo capoverso, ossia che «la Svizzera gestisce autonomamente l‘immigrazione degli stranieri». Ciò significa che la Svizzera non deve sottostare a un sistema di immigrazione per il quale non ha più il controllo. Il secondo obiettivo è una limitazione quantitativa dell’immigrazione, in modo tale da poter servire gli interessi economici generali. Per questo l’articolo costituzionale parla di contingenti e di tetti massimi.

swissinfo.ch: Oggi però tutto ciò suona assai diverso rispetto a quello che si sentiva prima della votazione, quando l’UDC parlava frenare un’«immigrazione di massa» di 80’000 stranieri ogni anno.

H.-U.V.: È vero che non vi è nessuna cifra nella Costituzione. Come per ogni norma giuridica, bisogna però tener conto del contesto in cui è stata elaborata questa norma. Con l’articolo sull’immigrazione, il sovrano voleva modificare la situazione, ossia 80’000 persone in più che arrivano in Svizzera ogni anno.

Per quanto mi riguarda, interpreto l’articolo costituzionale più come la volontà di gestire autonomamente l’immigrazione e limitarla a un tetto ragionevole per l’economia. La priorità nazionale è molto utile da un punto di vista economico, perché incide anche sulla questione della manodopera anziana indigena che non trova più lavoro. Gli effetti nocivi di un sistema di libera circolazione completamente liberalizzato devono essere eliminati. Questo articolo ci fornisce l’opportunità di avere un’immigrazione economicamente razionale.

swissinfo.ch: Non ritiene che il 50,3% dei votanti abbia detto sì prima di tutto perché l’iniziativa proponeva di fermare l’«immigrazione di massa»?

H.-U.V.: Sicuramente per i cittadini l’aspetto più importante era di limitare l’immigrazione e non tanto i principi o i concetti se la Svizzera dovesse gestire autonomamente o meno e con dei tetti massimi l’immigrazione. Ciò significa però che questo strumento deve essere applicato in maniera tale da portare a una limitazione quantitativa dell’immigrazione. 

Traduzione di Daniele Mariani

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