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“Affari eticamente riprovevoli rendono di meno in meno”

Antoinette Hunziker-Ebneter
"Nessuno vuole investire in un'azienda che ha una cattiva reputazione", ritiene Antoinette Hunziker-Ebneter, ex direttrice della borsa svizzera. © Keystone / Gaetan Bally

Antoinette Hunziker-Ebneter ha fatto carriera nel settore finanziario, è stata responsabile della borsa svizzera ed è presidente della Banca cantonale di Berna. È una delle voci più influenti del Paese sui temi della gestione sostenibile e degli investimenti.

Swissinfo.ch: L’iniziativa “Per imprese responsabili” e quella “Per il divieto di finanziare i produttori di materiale bellico” godono di molti consensi, come mostrano i sondaggi. I valori etici sono attualmente in voga?

Antoinette Hunziker-Ebneter: In generale, ho notato che c’è un aumento della sensibilizzazione sulle questioni veramente importanti e vitali. Il movimento per il clima ha dato una spinta in questo senso. C’è un passaggio dal quantitativo al qualitativo, dal pensiero a breve termine a un operato sostenibile. È facile capire perché le preoccupazioni di carattere etico siano così popolari in questo contesto.

Dopo aver studiato economia all’Università di San Gallo, Antoinette Hunziker-Ebneter ha iniziato la sua carriera professionale nel mondo finanziario presso la Citiybank. In seguito, si è trasferita alla Bank Leu, dove è stata promossa a responsabile delle vendite e del commercio di titoli.

Nel 1995 è diventata responsabile della Borsa svizzera, oggi SIX. Il suo percorso professionale è proseguito presso la Borsa europea Virt-x e la direzione della Banca Julius Baer. Nel 2006 Antoinette Hunziker-Ebneter si è messa in proprio e ha fondato Forma Futura Invest AG, una società specializzata in investimenti sostenibili.

Ha attirato l’attenzione nel 2015, decidendo di dimezzare il suo stipendio di presidente del Consiglio d’amministrazione della Banca cantonale di Berna.

Lei ha menzionato il movimento per il clima, che negli ultimi tempi ha avuto un enorme impatto sul dibattito della sostenibilità. Altri aspetti della sostenibilità, come la responsabilità sociale, vengono invece trascurati?

In genere si tratta di valori morali. Oggi, per esempio, non è più accettabile che qualcuno riceva una paga troppo alta. La gente non vuole più vedere un tale comportamento, che viola i valori morali di molti, e vuole cambiarlo. Ho notato che molte persone nel mondo degli affari si stanno già orientando verso tali valori.

La pandemia ci ha portato a consumare in modo diverso: Al momento sono richiesti prodotti biologici e locali. La crisi ha rafforzato in modo permanente la tendenza alla sostenibilità?

Suppongo di sì. C’è stata una spinta, ma non ancora un salto di qualità. Ma sono fermamente convinta che, in tutti i settori della vita, la sostenibilità sarà molto più importante nelle prossime generazioni di quanto non lo sia oggi.

Perché ne è convinta?

Vedo che la generazione più giovane, quella di mio figlio e dei nostri collaboratori più giovani, vive e consuma in modo molto consapevole. E vedo sempre più spesso che i clienti e gli investitori delle banche chiedono esplicitamente investimenti sostenibili. Inoltre, durante discussioni con il pubblico ho sentito dire da persone che in passato non pensavano molto alla sostenibilità, “non si può andare avanti così, dobbiamo cambiare qualcosa”.

L’impulso proviene da una convinzione interiore? O è solo di moda pensare in modo sostenibile?

“Molte persone hanno capito che la sostenibilità non è una tendenza, ma una necessità”.

Sono sicura che ci sono entrambe le cose. Naturalmente ci sono persone che lo fanno solo perché è alla moda. Ma vedo anche sempre più persone che agiscono per convinzione. In particolare, i più giovani si stanno rendendo conto che le cose si fanno più difficili per loro – che si tratti del clima, dell’aria, dell’acqua o del debito pubblico. Quando tengo conferenze, noto che molte persone hanno capito che la sostenibilità non è una tendenza, ma una necessità. È necessario un vero cambiamento, non basta dipingere qualcosa di verde.

Grazie ai social media, oggi i cittadini hanno più potere informale che mai. Individui e organizzazioni vengono condannati, se non si comportano secondo determinati valori morali. Affari sporchi sono ancora redditizi?

Affari riprovevoli dal punto di vista etico rendono effettivamente di meno in meno. Le persone che agiscono in questo modo ragionano a corto termine e, quindi, il profitto immediato è per loro più importante della sopravvivenza a lungo termine dell’azienda. Per queste pecore nere, un’efficace regolamentazione governativa è purtroppo necessaria ancora oggi.

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Perché il potere dei soli consumatori non basta per cambiare il sistema?

I comportamenti scorretti devono essere puniti. Ciò richiede sanzioni pecuniarie; il fatto che in futuro ci possa essere una minore richiesta di un prodotto non è sufficiente come punizione. Ma alla fine, entrambi sono necessari. Ogni regola può essere aggirata, lo so da quando ho diretto la borsa svizzera. Ecco perché è fondamentale che anche i consumatori esercitino il loro potere. Per non dimenticare i media. Hanno l’importante compito di mettere alla gogna le aziende canaglia.

Non è un po’ facile chiamare in causa lo Stato, invece di agire in prima persona?

Come consumatori, con il nostro comportamento d’acquisto possiamo contribuire a fare in modo che scompaiano dagli scaffali dei prodotti che sono stati fabbricati in condizioni discutibili. D’altra parte, ci sono numerose aziende che non sono direttamente sul mercato con i loro prodotti e servizi ed eludono così questa possibilità di sanzioni. Siamo nel bel mezzo di un periodo di trasformazione verso un’economia pienamente sostenibile. Per il momento, ritengo che sia necessaria una regolamentazione statale temporanea e che anch’essa debba essere in grado di resistere a una prova di sostenibilità.

Nel dibattito sulla sostenibilità, ho notato che in Europa ci si chiede cosa possa fare ogni singolo individuo. Negli Stati Uniti, invece, si chiama in aiuto lo Stato. Perché questa differenza?

Una delle ragioni potrebbe essere che, rispetto agli Stati Uniti, negli paesi europei esiste ancora un’ampia classe media, che può affrontare questioni che vanno al di là di una strategia di sussistenza a breve termine. Le conquiste sociali del nostro Stato ci offrono, soprattutto a noi svizzeri, le migliori condizioni per riflettere più profondamente sullo sviluppo sostenibile. Ma un lavoratore negli USA, che deve temere di essere licenziato ad ogni crisi, è disposto a dare un contributo come individuo per rendere migliore il mondo?

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Quindi è un privilegio potersi comportare in modo moralmente corretto?

Penso che lo sia. D’altra parte, l’offerta di cibo prodotto in modo sostenibile è in costante aumento. Questo porta a prezzi più bassi in questo segmento. Al giorno d’oggi si possono fare acquisti ragionevoli anche con pochi soldi, per esempio optando per prodotti stagionali che non hanno fatto mezzo giro del mondo. Ma se qualcuno è povero, probabilmente non gli importa quanto il coltivatore di cacao ottenga per le materie prime del cioccolato.

Non c’è il pericolo che il movimento per la sostenibilità stia diventando qualcosa di elitario?

A mio parere, un comportamento sostenibile non è possibile solo tra i ceti alti e medi, ma anche tra i meno abbienti – ad esempio, rinunciando a certi prodotti o acquistando cibo locale e stagionale. Conosco anche persone che hanno pochi soldi e si pongono domande sulla sostenibilità. Ma questo non è semplicemente possibile da parte dei più poveri – anche se spesso hanno una comprensione e un bisogno di sostenibilità.

Credo che ci sia un’altra dicotomia nella società: da un lato, chi mette la sostenibilità e le questioni sociali al di sopra di tutto. Dall’altro, chi se la prende contro tali benefattori e moralisti. Cosa ne pensa?

Condivido la sua valutazione. Al tempo stesso, però, presumo che questo problema si attenuerà col tempo, perché sempre più persone si rendono conto che lo sviluppo sostenibile è necessario. Questa tendenza diventerà ancora più forte con l’arrivo delle prossime generazioni. Questo include l’allontanamento da un ordine economico unidimensionale, orientato esclusivamente alla massimizzazione dei profitti, verso un’economia che tenga conto non solo delle preoccupazioni economiche, ma anche di quelle ecologiche e sociali.

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Ci vuole un ripensamento anche nell’economia per convincere gli scettici? Per mostrare che la sostenibilità non è una questione che riguarda solo la sinistra e i Verdi, ma tutti noi?

Sì, credo che gli esempi di uomini d’affari che pensano in modo sostenibile, e allo stesso tempo gestiscono con successo un’azienda, possano aiutare a convincere gli altri. Prendiamo l’esempio del dirigente di Phillips, Frans van Houten. Ha invitato i dipendenti a considerare l’intero ciclo di vita dei nuovi prodotti: da dove provengono le materie prime, il prodotto può essere riparato e come viene smaltito alla fine? Questa visione di una produzione circolare ha ispirato i dipendenti e ha portato Phillips ad espandere notevolmente il suo business dei servizi. Questo a sua volta ha entusiasmato il mercato finanziario, perché questo business ha margini più elevati rispetto al business tradizionale.

“Una condotta eticamente corretta è sempre più imprescindibile, sia attraverso regolamentazioni e direttive, che attraverso le pressioni del pubblico”.

Lei conosce il mondo delle élite degli affari. Come valuta lo spirito etico dei dirigenti aziendali?

Ci sono numerosi dirigenti molto bravi, ma se ne parla raramente. I riflettori sono puntati sulla minoranza che non si comporta così bene. Tutto sommato, si sta andando nella giusta direzione. Una condotta eticamente corretta è sempre più imprescindibile, sia attraverso regolamentazioni e direttive, che attraverso le pressioni del pubblico. Ad esempio, il “Swiss Code of Best Practice for Corporate Governance” di Economiesuisse ha spinto la maggior parte delle grandi aziende svizzere a stabilire regole interne per una buona gestione e a riferire annualmente sul rispetto di tali regole. In un confronto internazionale, la Svizzera si trova sicuramente in una buona posizione.

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Sono sempre più numerose le aziende che si impegnano a favore della sostenibilità. Si tratta di immagine o di convinzione?

Noi di Forma Futura chiediamo sempre maggiori informazioni quando un’azienda dichiara di essere sostenibile. Chiediamo esempi concreti. Non basta un bel rapporto di sostenibilità. Alcuni fattori possono essere facilmente misurati e vogliamo vedere i risultati. I progressi in molti settori sono enormi, ad esempio nel riciclaggio, nel consumo di acqua o nelle emissioni di CO₂. Questo si può vedere anche nell’ambiente. Oggi, ad esempio, la qualità dell’acqua dei laghi svizzeri è molto migliore rispetto a quando ero giovane.

Ciononostante, sui giornali si legge sempre più spesso di danni ambientali e scandali. I media guardano oggi più da vicino?

Sicuramente. Sono nel mondo degli affari da oltre 30 anni. In passato, ci volevano forse 10 anni per accertare che un’azienda danneggiava l’ambiente. Oggi ciò è molto più rapido. Penso che sia fantastico.

È per questo motivo che gli investitori sono diventati più attenti quando investono soldi in una società?

Sì, chiaramente. Il rischio reputazionale è uno dei maggiori rischi. Ci sono studi negli Stati Uniti che dimostrano che l’80% della performance del titolo dipende dalla sua reputazione. Nessuno vuole investire in un’azienda che ha una cattiva reputazione. In Forma Futura, ad esempio, confrontiamo i casi legali di un’azienda con quelli dei suoi concorrenti.

Traduzione di Armando Mombelli

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