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Le imprese svizzere alla conquista del mercato iracheno

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Veduta aerea di un centro commerciale di Kirkuk, nel nord dell’Iraq Afp Or Licensors

Dopo decenni di guerra, l’Iraq torna ad attirare finanziatori stranieri: in meno di due anni sono stati investiti 64 miliardi di dollari. Questo rinnovato interesse si inserisce in una strategia di diversificazione economica, benché il Paese dipenda ancora per il 95% dai proventi del petrolio. A un anno dall’apertura dell’ambasciata svizzera a Baghdad, le aziende elvetiche iniziano a esplorare le opportunità offerte dal mercato iracheno.

Almeno 25 società svizzere sono attive in Iraq. Si tratta principalmente di multinazionali o grandi imprese che operano nei settori farmaceutico, delle infrastrutture elettriche, dell’agroalimentare e dei beni di consumo.

Questa dinamica ha vissuto un’accelerazione dopo la riapertura dell’ambasciata svizzera a Baghdad, avvenuta un anno fa dopo 33 anni di assenza. Dalla sua nomina, l’ambasciatore Daniel Hunn si impegna a rafforzare le relazioni economiche tra i due Paesi. “L’Iraq è diventato molto più stabile rispetto al passato. L’iniziativa di diversificazione economica rappresenta un’ottima opportunità per le imprese svizzere interessate a entrare nel mercato”, spiega alla RTS.

Il “made in Switzerland” conquista gli iracheni

In Iraq, il fabbisogno di investimenti ammonta a circa 450 miliardi di dollari. Un potenziale che Rasha Oudeh, imprenditrice di origine giordana residente a Zurigo, intende sfruttare. Attiva da 18 anni nel settore farmaceutico iracheno, ha appena fondato la Swiss Iraqi Business Association, una piattaforma pensata per facilitare gli scambi tra imprese svizzere e irachene.

Il servizio di RTS (in francese):

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“Creare connessioni tra Iraq e Svizzera, non solo con i grandi gruppi ma anche con le PMI, è fondamentale”, sottolinea. “Ogni anno l’Iraq dispone di circa 150 miliardi di entrate petrolifere. Le risorse ci sono, ma il Paese ha bisogno di partner per ricostruirsi e modernizzare il proprio settore privato”, aggiunge.

Secondo lei, la Confederazione gode di un’immagine molto positiva tra gli iracheni: “Per loro, la Svizzera è sinonimo di qualità, equità, tranquillità. Tutto ciò che proviene dalla Svizzera è rispettato”.

Appello alle banche svizzere per modernizzare l’Iraq

Mohammed al Najar, direttore generale del Fondo iracheno per lo sviluppo e consigliere del Primo ministro in materia di investimenti, insiste sull’importanza della qualità e del trasferimento di competenze nei partenariati economici. A suo avviso, la legislazione irachena favorisce le offerte che garantiscono le migliori condizioni al Paese — e non semplicemente i prezzi più bassi. “Per esempio: formazione, trasferimento di know-how, garanzie, tutto questo… e gli svizzeri sono i migliori in questi ambiti”, afferma.

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Intende inoltre rafforzare la cooperazione bancaria: “Parlerò con diverse banche per cercare di convincere gli istituti svizzeri a venire qui, affinché ci aiutino a creare un sistema bancario iracheno basato sul know-how svizzero”.

Un mercato promettente, ma fragile

Nonostante la relativa stabilità dell’Iraq, l’ambasciatore svizzero Daniel Hunn sottolinea che le tensioni regionali, come il conflitto tra Israele e Iran, frenano la volontà delle imprese straniere di insediarsi nel Paese. “Questa instabilità nell’area è molto negativa per uno Stato che sta cercando di svilupparsi economicamente e di costruire un quadro economico interessante per gli investitori stranieri”, spiega.

A queste incertezze geopolitiche si aggiungono le ingerenze esterne, l’instabilità politica, la corruzione e le difficili riforme istituzionali. Tutti fattori che ostacolano la fiducia degli investitori, fondamentale per la ricostruzione dell’Iraq.

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